Il coprifuoco per i ragazzi nel paese di don Diana è una sconfitta

Sotto i 14 anni proibito uscire di notte. Eppure proprio lì il sacerdote ucciso dai clan aveva scommesso sui giovani
August 28, 2025
Il coprifuoco per i ragazzi nel paese di don Diana è una sconfitta
Ansa | Manifestazione studentesca nell'anniversario della morte di don Diana
Coprifuoco per i minori di 14 anni a Casal di Principe. Lo stabilisce un’ordinanza del sindaco Ottavio Corvino che invita «i genitori, tutori legali o altri adulti responsabili ad evitare che i minori di anni 14 circolino, sostino o frequentino spazi pubblici e luoghi aperti al pubblico all’interno del territorio comunale senza essere accompagnati dalle ore 24 alle 6». E questo per evitare «incidenti stradali e possibili aggressioni fisiche», ma anche «atti di vandalismo, consumo di sostanze stupefacenti e alcooliche, rischi connessi alla criminalità minorile e, più in generale, comportamenti devianti che minano la sicurezza pubblica». Una decisione drastica che arriva dopo una serie di episodi che hanno visto protagonisti ragazzi giovanissimi, ma uguali a quello che accade purtroppo in tante periferie cittadine o anche paesoni come Casal di Principe.
Una decisione che, però, ha il sapore della resa, della sconfitta, per un territorio che è stato esempio di resistenza al potere camorrista e di rinascita con tante iniziative che hanno visto protagonisti proprio i giovani. Più di trenta anni fa il “coprifuoco” lo dettavano i camorristi del potentissimo clan dei “casalesi”. Di notte nessuno osava girare, mentre le bande armate del clan scorrazzavano in auto sparando raffiche di mitra e perfino assediando la caserma dei carabinieri. Poi i camorristi sbagliarono mossa, arrivando ad uccidere il 19 marzo 1994 don Peppe Diana, il parroco tanto amato dai giovani perché dava tanto a loro. Dava fiducia ma anche chiedeva impegno con l’invito, sono le sue parole, «a farsi avanti, a far sentire la propria voce e partecipare al dialogo culturale, politico e civile della vita comunale, nello sforzo di costruire la città del futuro a dimensione umana».
E proprio quei giovani dopo la morte di don Peppe diventarono protagonisti della resistenza alla camorra e della rinascita di Casal di Principe ma già erano molto attivi accanto al loro parroco, provocando il malcontento dei camorristi. Giovani che sono cresciuti, dando vita al Comitato don Peppe Diana e a varie cooperative che gestiscono tanti beni confiscati. Davvero un esempio positivo come aveva sottolineato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 21 marzo 2023, parlando ai giovani casalesi nel corso della sua visita.
«Sono venuto a portarvi l’apprezzamento e l’incoraggiamento della Repubblica. L’Italia guarda a voi con attenzione, solidarietà, simpatia, fiducia». Da “terra di Gomorra” a “terra di don Peppe Diana”, questa è stata la bella storia di riscatto di Casal di Principe. Ne sono concreto e solido esempio le cinque scuole realizzate in edifici confiscati ai clan e piene di iniziative che hanno coinvolto migliaia di studenti.
Fa dunque molto male leggere del “coprifuoco” destinato proprio a loro. Certo, lo ripetiamo, anche a Casal di Principe non sono mancati episodi preoccupanti di violenza giovanile o anche solo di eccessiva esuberanza. Ma la risposta deve essere per forza solo punitiva, securitaria? Troppo facile. Punire invece di educare. Tocca alle forze dell’ordine garantire sicurezza e tranquillità, magari con un sforzo di presenza in più. Al Comune, assieme a scuole, famiglie e Chiesa, tocca il ben più importante compito preventivo educante. Non servono nuove leggi con mano pesante sui minori, i vari decreti Caivano o decreti sicurezza, ma ancor più iniziative formative. Come faceva don Peppe. Serve che la rete che ha raccolto il suo testimone riprenda forza, si allarghi, si rinnovi. Altrimenti c’è già qualcuno che rimpiange l’ordine camorrista, quello fatto di violenza e paura. Svuotare le notti invece di riempire le giornate è solo un regalo ai clan.

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