venerdì 11 dicembre 2015
Il «caso Griffo» 35 anni dopo l’assassinio di Marcello Torre.  (Antonio Maria Mira)
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Da ieri mattina, 10 dicembre, il sindaco di Trentola Ducenta, Michele Griffo, è un ricercato in fuga, sotto il peso dell’accusa di concorso esterno con la camorra. L’11 dicembre 1980, proprio oggi, trentacinque anni fa, alle 8,15 veniva ucciso dalla camorra il sindaco di Pagani, Marcello Torre, che si era opposto agli affari del clan. Il sindaco Torre è morto di buona amministrazione, mentre oggi si viene inquisiti e si continua a finire in carcere con l’accusa di amministrazione collusa. Nel 1980 opporsi al potere camorrista era quasi un atto di eroismo, oggi richiede coraggio, ma è più facile, perché c’è più civile attenzione, e le forze dell’ordine e la magistratura stanno svolgendo una preziosa e penetrante azione di 'pulizia'. Eppure c’e chi continua a imboccare la strada della malamministrazione, fatta di corruzione e collusione. Nel 1980 Marcello Torre, una formazione in Azione cattolica e Fuci e poi la scelta politica nella Dc, disse 'no' a un boss del calibro di Raffaele Cutolo. Michele Griffo, invece, secondo l’accusa avrebbe aperto le porte del Comune agli affari del boss Michele Zagaria, l’ultimo dei grandi ricercati del clan dei 'casalesi', arrestato il 7 dicembre 2011 dopo 16 anni di latitanza. Zagaria così riusciva ad ottenere ricchi appalti e licenze, dai centri commerciali alle sale gioco, «grazie alla propria capacità di comando sulle pubbliche amministrazioni». Un Comune al servizio del clan. E non sembra un’esagerazione visto che nell’operazione di ieri della Dda di Napoli, che ha coordinato Polizia e Carabinieri (uniti è meglio...), sono finiti anche un ex sindaco, due ex assessori, il responsabile dell’ufficio tecnico comunale e vari impiegati. Oltre a imprenditori di riferimento del clan. «È l’ennesima triangolazione tra politica, affari e camorra», ci spiega il procuratore di Napoli, Giovanni Colangelo. Tipica della camorra casertana e, in particolare, del clan dei 'casalesi'. Lo denunciava con chiarezza don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe ucciso dai killer camorristi il 19 marzo 1994. «È oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi». Era così anche quando Marcello Torre scelse il servizio per la sua gente, come scrisse in una commovente lettera alla famiglia: «Temo per la mia vita, ma sogno una Pagani civile e libera». Era un «Sindaco gentile», come recita il titolo della bella biografia, la prima, scritta da Marcello Ravveduto, presentata appena ieri nel suo paese. Gentile ma fermo. «Non voleva essere un eroe, ma un uomo giusto», lo ricorda la figlia Annamaria che per prima accorse sul luogo dell’omicidio. Non è corretto dire, seguendo l’onda dell’antipolitica, che tutti sono sporchi e corrotti.  C’è chi ha resistito, pagando duramente come Angelo Vassallo e Piersanti Mattarella. Chi ha resistito, e si batte ancora a viso aperto, come l’attuale sindaco di Casal di Principe, Renato Natale. C’è chi, invece, sembra aver scelto strade opposte. Non anticipiamo alcun giudizio. Ma ricordiamo bene il sindaco Griffo mentre difendeva la scuola che aveva detto 'no' alla piccola Francesca, la bimba malata di Aids di cui abbiamo scritto a fine ottobre per aiutarla a tornare in classe. Lo ricordiamo accusare 'Avvenire' e i vescovi della sua terra, insultando pesantemente anche il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. Lo ricordiamo bene mentre alcuni anni prima voleva sfrattare la casa famiglia 'Compagnia dei felicioni' da una villa confiscata al boss Dario De Simone, col quale, secondo le accuse di ieri, sarebbe in affari.  O ancora mentre tollerava che un cavalcavia fosse trasformato in folle 'inceneritore' di rifiuti. Tutte storie che il nostro giornale ha documentato. In questi fatti non c’era e non c’è camorra, ma 'solo' pessima e prepotente amministrazione. Una condizione infelice che, però, palanca le porte ai clan. Eppure, il sindaco, forte della sua permanenza in Comune per 15 anni, sosteneva che Trentola Ducenta fosse un’isola felice. Rivendicava ordine e pulizia. Dietro, nascosto, secondo gli inquirenti, dell’altro. Molto altro. Quello che Marcello Torre aveva scelto di combattere. Ricordarlo è necessario. Soprattutto in giornate come queste. Per dire ancora una volta che la buona politica è possibile.
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