Come una madre che d’improvviso crolla quando la natura indifferente stermina
martedì 7 febbraio 2023

S’è formato un crepo sulla superficie della Terra largo tre metri e lungo più di cento chilometri: l’intera Anatolia s’è spostata. Pare la creazione del mondo. È il terremoto. Noi siamo quel che sappiamo, e se si scatena un terremoto non sappiamo niente: siamo abituati a credere che la terra sta ferma sotto i nostri piedi, se si sposta diventiamo pazzi. Adesso è la Terra che trema e noi vorremmo sapere cosa fa: cento morti? O trecento? Ieri mattina all’alba la prima notizia che ci ha scosso diceva che in Turchia i morti erano settecento. Un minuto dopo erano ottocentotrenta.

Ma le previsioni andavano già sui diecimila. La Terra ballava e con la Terra il nostro cervello. Io non so come sia fatto il nostro cervello e cosa succeda quando si scuote, ho una vaga idea del labirinto, che è un complicato sistema di assi che s’incrociano in tutte le direzioni, verticali e orizzontali, ma so che dentro questi assi c’è del liquido che alzandosi e abbassandosi, spingendosi a destra o a sinistra, ci comunica se siamo dritti o curvi, e quando un terremoto ci scuote in tutte le direzioni non siamo più capaci di capire se siamo eretti o se stiamo cadendo, e questa incapacità ci fa dubitare di tutto: le case ci cadono addosso? È la fine del mondo? Ho vissuto un terremoto in Friuli, ero in bagno, mi stavo facendo la barba.

Sentii un pugno alla pancia, e sbalordito mi chiesi: “Perché il lavandino mi dà un pugno sulla pancia?”. In quel momento il lavandino si tira indietro per prendere la rincorsa, poi scatta in avanti e mi dà un secondo pugno. Io, che ho studiato Filosofia e so che ogni evento ha una causa, dico a me stesso: “Calma. Il lavandino mi ha dato due pugni. Perché?”. In quel momento sento un trepestio per le scale, capisco che tutti gli inquilini stanno scappando, e poiché so che nessuno di loro ha studiato Filosofia capisco che scappano senza porsi domande filosofiche. Col terremoto nessuno capisce niente ma tutti scappano a più non posso. Anche qui in Turchia e Siria, dove tanti sono da anni in disperata fuga dalla guerra. Il terremoto è il moto della Terra, che è tua madre, tu sei un bambino in braccio a tua madre, ti senti al sicuro, ma se tua madre crolla, crolla l’unica certezza che hai. Questi milioni di turchi e siriani son precipitati nella fine del mondo.

La fine del mondo è questa, un crepo sulla superficie della Terra largo tre metri e lungo chilometri e chilometri. Fin dall’origine dei tempi la fine del mondo avviene tra lampi e tuoni. Anche questa. Non ci sono nuvole in cielo, ma scoppiano lampi. Il terremoto è una bestia e non capisce né rispetta la bellezza: c’era il castello di Gaziantep in zona, patrimonio Unesco dell’umanità, costruito dai romani, ma non c’è più, adesso è macerie. Ci sono decine di video in internet, ma non sono video da guardare, sono video da ascoltare perché sono urlati, la gente scappa a bocca spalancata e va in tutte le direzioni, come formiche impazzite quando brucia un formicaio. Fu un poeta francese, Alfred De Vigny, a dire che la Natura stermina con la stessa indifferenza uomini e formiche. Ecco, ne abbiamo la prova. Siamo formiche. La Natura ci dà la stessa importanza. Non di più. E noi?

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