Che calcio è se le mani ora contano più dei piedi?
martedì 13 luglio 2021

Ho una proposta per evitare la carenza di gol e l’epidemia di calci di rigore per sbloccare la parità che – malgrado la spensierata euforia di oggi per noi italiani trionfatori – hanno segnato i recenti campionati europei: fare tornare il calcio quello che era. Uno sport nato nella terra di Shakespeare, per gentiluomini come Meazza e Rivera e per artisti come Pelè e Maradona. Certo, tempi passati.

Negli ultimi decenni, infatti, abbiamo visto cedere le barriere immunitarie che separavano il calcio dal rugby. Le mani sono ormai decisive nel cosiddetto calcio del terzo millennio. 'Cosiddetto', perché i calci, per definizione, si darebbero con i piedi. Non solo i vecchi sgambetti, ma anche l’uso delle mani (una, a volte due insieme) e dei gomiti sono ora determinanti, non per vincere, ma per non perdere. E per evitare qualunque gol, condannandoci allo sbadiglio per lunghi centoventi minuti. Metà dei guizzi di genio che una volta ci allietavano con dozzine di gol indimenticabili sono oggi stroncati dall’abbattimento brutale di chiunque galoppi verso la porta avversaria. Wrestling, altro che dribbling. Sì, questo è un calcio manesco.

Sempre più destini fatali sono infatti nelle mani dei portieri che parano o no i rigori finali. E ancor più destini di di passioni e di investimenti sono nelle mani dei ventidue 'guerrieri' in campo. È con le mani, oltre che con i piedi sleali, che l’avversario viene stroncato. Una o più mani o gomiti dello stesso atleta percuotono l’avversario in fuga per buttarlo per terra. Oppure lo trattengono, a volte con placcaggi da rugby o con abbracci da amanti disperati. 'Buttalo giù', è l’imperativo. 'Whatever it takes', 'a qualunque costo'.

Una o più mani rapaci dello stesso giocatore artigliano le magliette, facendo dibattere chi le porta come tonno nella rete. Presto vedremo i calciatori indossare indumenti attillati di sdrucciolevole lycra come i campioni di sci (in effetti, il Napoli, tra gli altri, ci ha provato). Il passo successivo sarà il grasso di balena. Tra il rugbista e l’anguilla non c’è partita. Quando la licenza dilaga, però, la responsabilità non è dei licenziosi, ma di chi deve imporre ordine e disciplina. Perché gli arbitri non fanno più il loro mestiere? Perché spaccano il capello in quattro davanti alla moviola elettronica, ma fanno finta di non vedere 'l’elefante nella stanza' – anzi, gli elefanti in campo? Quando il calcio era il calcio, bastava la metà della metà delle attuali prepotenze con le mani per essere espulsi sui due piedi.

Ora invece il cartellino rosso è un proforma cucito dentro la tasca degli arbitri. Al suo posto sventolano timidi cartellini gialli, come tante bandiere bianche. Come per dire: Per bacco! Anche io conto qualcosa! Come se gli arbitri, ormai tori senza corna, contassero davvero qualcosa. Esibiscono mascelle volitive, gesti perentori, ma solo per dissimulare quel 'vorrei ma non posso'. Un popolo sempre più gabbato da milionari in campo senza scrupoli, in un quadro di regole disattese, con imbelli guardiani del bene comune. È vero, il calcio è proprio lo specchio della società in cui viviamo.

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