giovedì 12 marzo 2015
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Caro direttore,
l’impianto complessivo del Jobs Act risponde bene alla necessità di un mercato del lavoro che è profondamente mutato in questi anni e che continua a rinnovarsi, come emerge quotidianamente dalle interazioni che le Agenzie per il lavoro hanno con imprese, lavoratori, persone in cerca di una (nuova) occupazione. Vi sono, tuttavia, alcuni miglioramenti che sarebbe opportuno valutare per raggiungere prima e meglio gli obiettivi complessivi della riforma: creare un mercato del lavoro che sia più efficiente e inclusivo, favorire investimenti e competitività sul piano nazionale e internazionale.
 
Aver centrato l’attenzione sulla ricollocazione è lodevole, vi sono due rischi però da scongiurare. Da una parte si profila una frammentazione delle regole e delle modalità operative, regione per regione: uno spezzatino, lo stesso che è stato tra le cause dei risultati non soddisfacenti di Garanzia Giovani.
 
Da qui dovrebbe partire, invero, una riflessione più larga sulla necessità di armonizzare di più alcune norme su base nazionale, per evitare che ci siano venti differenti mercati del lavoro, con effetti negativi per le imprese presenti in più aree del Paese e per le stesse Agenzie per il Lavoro che, per legge, operano in più regioni. Dall’altra si profila il rischio di un "effetto creaming". La norma, infatti, prevedendo esclusivamente premialità legate al risultato, potrebbe indirizzare i servizi finalizzati alla ricollocazione più che verso tutti, con i vari gradi di difficoltà immaginabili, verso quei candidati che più facilmente possono esser reinseriti nel mercato del lavoro. Invece, come il Presidente del Consiglio ha indicato e come le Agenzie per il lavoro puntano a fare da anni, l’obiettivo deve essere quello di non lasciare nessuno solo se perde il lavoro.
 
Un altro istituto su cui, superato finalmente qualsiasi approccio ideologizzato, pure si è intervenuti introducendo una opportuna semplificazione è lo staff leasing, cioè la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato a imprese private; vi è tuttavia l’opportunità di valorizzarlo ulteriormente, in linea con la ratio della riforma. Il Governo, infatti, ha restituito nuova centralità ai contratti a tempo indeterminato. Obiettivo che le Agenzie per il lavoro condividono e che porterà a un ulteriore incremento dei lavoratori assunti stabilmente nel settore, con buona pace di certi falsi miti.
 
Le Agenzie per il lavoro, infatti, oltre alle diecimila persone assunte stabilmente nelle 2.500 filiali presenti sul territorio, oltre a essere la porta di ingresso migliore verso un lavoro stabile nelle aziende utilizzatrici, assumono sempre più anche lavoratori in somministrazione a tempo indeterminato tanto che a dicembre 2014 la cifra complessiva ha superato quota 16mila.
 
Lo staff leasing presuppone un contratto a tempo indeterminato e il limite di utilizzo entro il 10% dei lavoratori complessivi dell’azienda potrà essere magari allargato, tenuto conto che per il contratto a termine è consentito fino al 20%.
 
Infine, una segnalazione al legislatore: come detto, ai lavoratori in somministrazione va garantita la stessa retribuzione del lavoratore alle dirette dipendenze dell’impresa presso cui è impiegato. L’eliminazione dell’obbligo in capo all’azienda utilizzatrice di comunicare all’Agenzia per il lavoro il trattamento economico da applicare, pertanto, è di certo una disattenzione, a cui varrà la pena porre rimedio. La riforma del mercato del lavoro, come è stato ampiamente detto, da sola non determina un aumento sensibile dell’occupazione. Avere un quadro di regole chiare, eliminare alcune storture (come le finte collaborazioni) e valorizzare know how e capillarità di operatori specializzati come le Agenzie di certo rappresentano un buon viatico per favorire la competitività delle imprese e del sistema Paese. Le premesse ci sono tutte, ora si tratterà di proseguire lungo il percorso tracciato.
 
*Presidente di Assolavoro, Associazione nazionale delle Agenzie per il lavoro
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