venerdì 23 dicembre 2011
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Nell’intervento in cui ha chiesto, e poi ottenuto, la fiducia del Senato che prelude all’emanazione definitiva dei decreti di emergenza, Mario Monti ha sottolineato che ora, avendo messo a posto i conti, l’Italia puà partecipare «a testa alta» al confronto europeo. Non ha mancato di accennare all’insufficienza delle politiche continentali, tutte volte, sotto l’usbergo tedesco, a imporre rigore, ma ancora largamente carenti sul tema della crescita, dello sviluppo, dell’occupazione. L’Italia da sola, ha spiegato, non può modificare questi orientamenti, e quindi si ripromette un’azione complessa che, di fatto consiste in una sorta di accerchiamento che alla fine incrini la strategia di Angela Merkel. In effetti varie economie europee stanno entrando in recessione e nessun confine nazionale può evitare la diffusione di questa tendenza. Se il rallentamento resterà nelle dimensioni attuali, fortunatamente modeste, si potranno mettere in atto iniziative anticicliche che permettano di rivedere segnali di crescita alla fine della prossima primavera. Se invece si insisterà su una visione puramente rigorista, si rischia di incancrenire ed estendere la recessione (ovviamente anche alla stessa Germania) fino a trasformarla in depressione, cioè in una distruzione strutturale delle basi produttive. Si tratta di un pericolo reale, ma tutt’altro che inevitabile, a patto che le cancellerie europee lo considerino per quello che è: il principale problema dell’Europa e degli europei. Questo non significa che si debbano trascurare le scelte oculate di bilancio, senza le quali la credibilità finanziaria è destinata a crollare. Il debito deve essere controllato e ridotto, ma su questo l’Europa è attentissima e con l’ultima decisione adottata da 26 Paesi, esclusa (anzi auto-esclusa) la Gran Bretagna, ha rafforzato gli strumenti per garantire l’attendibilità dei bilanci pubblici. Ancora largamente sguarnito è purtroppo l’altro fronte, quello della difesa dei redditi delle famiglie, che rappresenta la forza del mercato interno, quello della promozione della produzione e dell’elevamento delle capacità competitive. La situazione di relativo vantaggio in cui la Germania è entrata nella fase di crisi finanziaria internazionale ha rafforzato la sua convinzione che basta tenere i conti in ordine, e il resto verrà da sé. Invece, come ha ribadito il presidente del Consiglio italiano, quanto fatto o impostato è necessario ma non è affatto sufficiente. Se si diffonde la sfiducia, cala la domanda, non si investe, manca il credito e così si finisce in recessione – com’è già accaduto – e si rischia, appunto, di cadere nella depressione. Aspettare che i peggiori timori si concretizzino, prima di assumere misure a quel punto tardive costose e difficilmente efficaci, è una prospettiva nefasta. Oggi tutti sanno che se si fosse accompagnata la giusta pressione sul risanamento del debito greco con una garanzia efficace, si sarebbe evitato con un costo irrisorio conseguenze che sono oggi assai più onerose per tutti. Se è vero che il medico pietoso fa la piaga purulenta, come dice il vecchio adagio, è altrettanto vero che la cura non deve uccidere il paziente. Monti ha una preparazione culturale e una attendibilità personale che gli permettono di essere ascoltato in Europa, a maggior ragione se continuerà a contare sul sostegno parlamentare di forze politiche consapevoli e responsabili.
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