venerdì 11 maggio 2012
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Le coppie dello stesso sesso devono avere la possibilità di sposarsi. Se penso ai nostri soldati, ai nostri aviatori, ai nostri marinai che hanno dovuto lottare tanto per i loro diritti, concludo che per me personalmente è importante andare avanti e affermare che le coppie dello stesso sesso hanno il diritto di sposarsi». Non è un leader della comunità gay a dirlo, ma il presidente americano Barack Obama nel corso di un’intervista televisiva, in curiosa concomitanza l’esito del referendum nel North Carolina che ha appena respinto le "nozze gay", portando così a 31 gli Stati contrari contro i 7 favorevoli. Don’t ask, don’t tell, non domandare, non dire.Era questa la sottile linea rossa che separava la sussiegosa ipocrisia dei liberal americani dal puritanesimo dei Padri Pellegrini sbarcati quattro secoli prima nel Massachusetts e che aveva raggiunto il suo culmine nella legge che porta questo nome (poi abrogata dallo stesso Obama nel settembre del 2011), una legge che pretendeva di regolarizzare lo spinoso problema dell’orientamento sessuale di chi presta servizio militare: in mancanza di un’esplicita dichiarazione di omosessualità e in presenza del divieto di farne indagini in proposito (don’t harass, don’t persure, non molestare, non perseguitare), anche i gay si erano guadagnati il diritto di andare sotto le armi. Un edulcorato escamotage per non vedere e non sapere, molto apprezzato anche dalla middle class.Ma da ieri Obama ha saltato lo steccato, le sue sono parole politicamente rivoluzionarie, dietro le quali, assicura il presidente americano, vi è stato un lungo ed elaborato travaglio personale nel quale ha coinvolto anche la moglie Michelle e le figlie Sasha e Malia. Sarà. Anche se è difficile non notare come la presa di posizione della Casa Bianca (salutata da un nutrito coro di applausi da parte di svariate cancellerie europee) non sia che l’ultimo atto di una studiata marcia di avvicinamento nei confronti dell’elettorato gay, culminata con il recentissimo endorsement del vicepresidente Biden, che sostanzialmente gli ha aperto la via del riconoscimento ufficiale. Dal quale peraltro Obama per primo scaltramente si discosta, specificando che il problema riguarderà i singoli Stati e non il governo federale: un colpo alla botte e uno al cerchio, con occhio di riguardo soprattutto ai sondaggi.Già, perché se la scelta della Casa Bianca mira a recuperare una parte dell’elettorato progressista e radical delusa da quattro anni di discutibili compromessi, dall’altra allontanerà fatalmente quella porzione di elettori moderati – cattolici ed evangelici – decisivi nel far pendere il voto nei cosiddetti swinging states, gli Stati in bilico, come, appunto, il North Carolina, la Pennsylvania, l’Ohio, la Virginia, il Colorado. E i sondaggi, ancorché da prendere con le molle, indicano che l’elettorato americano favorevole ai matrimoni gay sarebbe leggermente in vantaggio – un 2 per cento, per dire – rispetto a quello contrario, che peraltro si riversa in massima parte nel partito repubblicano. Non a caso lo sfidante Mitt Romney, che ha fiuto politico da vendere, ha immediatamente reso pubblica la sua contrarietà, impegnandosi a favorire un emendamento costituzionale che vieti le unioni tra gli omosessuali.Forse così si è trovato il bandolo della sfida di novembre: il progressismo di Obama contro il social conservatism dei repubblicani. Ma chissà se la memoria soccorre gli strateghi del presidente: nel 2004 lo sfidante democratico John Kerry scivolò sulla buccia di banana dei matrimoni gay, risultando ambiguo e insieme ammiccante esattamente come Obama. Venne sconfitto, come si ricorderà, nonostante all’ultimo il suo maggior supporter, Bill Clinton, lo invitasse a fare marcia indietro. Troppo tardi: Kerry era caduto nella trappola architettata da Karl Rove, lo stratega di George W.Bush, che fece indire una raffica di referendum sul gay marriage. Risultato: bocciato in 11 Stati su 11 con maggioranze schiaccianti, compresa la California di Arnold Schwarzenegger.Ma Obama, si sa, ama rischiare. Con il vento dei sondaggi a favore, naturalmente.
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