Ascoltare il disagio
domenica 9 ottobre 2022

Un anno fa l’assalto alla sede della Cgil da parte di esponenti dell’estrema destra venne letto dalle istituzioni e dal mondo politico come un attacco alla democrazia e al mondo del lavoro. I partiti politici non reagirono allo stesso modo, ma la visita immediata di Mario Draghi a Maurizio Landini manifestò subito con chiarezza la scelta di campo del governo, e con essa, di buona parte del Parlamento dell’epoca. Sullo sfondo, a preoccupare dopo i lunghi mesi della pandemia era il risvegliarsi della rabbia sociale, agitata dal mondo 'no vax' e da estremisti di diverso stampo (neofascista, ma non solo). In realtà, l’esplosione improvvisa delle tensioni a Roma era stata preceduta da altri segnali premonitori.

È importante ricordarlo, alla vigilia della settimana che segnerà l’inizio della nuova legislatura, con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. La manifestazione che ieri a piazza del Popolo ha ricordato quei fatti è stata preceduta infatti da un duello verbale a distanza proprio tra la leader in pectore del governo Giorgia Meloni ed esponenti del Pd, sulla mobilitazione delle «piazze della sinistra contro un governo che ancora non c’è». Il riferimento, ha poi precisato Fratelli d’Italia, non era in realtà all’iniziativa del sindacato di corso d’Italia, quanto piuttosto a sit-in e proteste preventive accadute dopo il voto del 25 settembre.

Proteste sbagliate proprio perché pregiudiziali: in democrazia il reciproco riconoscersi di vincitori e vinti è una regola aurea. Detto questo, non si vede il motivo di eccitare gli animi adesso, da entrambe le parti, con proclami contrapposti e roboanti slogan vittimisti.

È la situazione stessa del Paese, a chiedere un di più di responsabilità: la rabbia sociale va affrontata senza esitazioni e senza sottovalutazioni, dando risposte concrete ed evitando pericolose scorciatoie e mosse avventate. In questi giorni, sia pur sottotraccia, abbiamo visto bruciare nel corso di sit-in improvvisati le bollette della luce e del gas per protesta contro la crisi energetica, così come i poster con i volti dei leader politici: atti simbolici di mondi spesso distanti, dalle categorie economiche agli studenti. Ma è la potenza simbolica di questi gesti a pesare e a preoccupare. La rabbia sociale del resto è una delle ragioni alla base del consenso ottenuto dal primo partito italiano: quello dell’astensione. Nessuno lo dimentichi a urne chiuse.

Il Paese che sarà presto guidato da una larga maggioranza parlamentare di centrodestra, che rappresenta la minoranza politica più votata dagli elettori, è a un bivio. Da un lato c’è la via lungo la quale si garantiscono risposte alle attese di uno Stato più efficiente, giusto e amico dei cittadini ma anche meglio capace di dare protezione ai soggetti più fragili e poveri, evitando di bruciare in un falò di vanità provvedimenti, sicuramente migliorabili come il Rdc, che hanno dato certezze a chi è in maggiore difficoltà. Dall’altro lato, può invece assecondare e radicalizzare sentimenti di parte e cavalcarli all’insegna di una continua campagna elettorale, che finirebbe però per diventare una maledizione per tutti.

È facile immaginare quale soluzione farebbe bene all’Italia e quale no, ma c’è un altro elemento da tenere in considerazione. Ed è elemento decisivo. Troppi fingono di dimenticare il peso del 'fattore guerra', come se una soluzione non bellica e non disastrosa del conflitto ancora in corso in Ucraina non fosse la chiave di volta necessaria e urgente. Per il mondo, per il continente, per l’Europa e per l’ Italia. Anche perché la vicenda bellica, che opinione pubblica e rappresentanti eletti continuano a vivere con distanza grave e crescente, ha sempre più a che fare con la vita delle persone, delle famiglie e delle aziende, con i nostri progetti e con i conti di fine del mese.

Fare la pace è giusto e conviene, anche se il percorso resta durissimo e in salita. Far tacere le armi, come invoca papa Francesco, è indispensabile in sé ma è anche la pre-condizione per attenuare il sentimento di indifferenza e di rabbia sociale presenti nel nostro Paese. Le piazze che già ribollono e quelle che, con allarme, stanno prendendo pacifica forma dentro la società civile, lo stanno rendendo chiaro. È tempo di aprire gli occhi e ascoltare il vero disagio della gente.

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