giovedì 19 luglio 2012
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Gentile direttore,
come è noto, il picco di fortuna normativa della sussidiarietà è stato raggiunto nel 2001 con il suo ingresso in Costituzione, articolo 118 comma 4: «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà». Questo significa che servizi essenziali per i cittadini, soprattutto nel settore del sociale e dell’educazione, non devono essere forniti per forza direttamente dallo Stato nelle sue varie articolazioni, ma possono essere svolti direttamente da singoli, famiglie e associazioni con il sostegno, se necessario, dello Stato. In realtà, questa promozione della sussidiarietà a principio costituzionale ha prodotto ben poco, e per di più quel poco è soggetto a una vera e propria strategia di distruzione, in atto da diversi anni, a opera di uno schieramento politico trasversale, e tramite strumenti volutamente poco appariscenti, ossia tramite circolari interpretative e atti amministrativi.
L’esempio delle onlus è eloquente. La legge che le ha istituite, nel 1997, prevedeva per queste associazioni senza fine di lucro una serie di facilitazioni fiscali esclusive (detrazioni e deduzioni per le erogazioni liberali, esenzioni da varie imposte, fra cui quelle sulle successioni e donazioni, erogazione del 5 per mille…), il cui scopo era favorire la nascita di un sistema di servizi, soprattutto nel sociale, più efficienti e meno costosi di quelli statali, perché non burocratizzati, affidati a persone con forti motivazioni ideali e in buona parte volontarie. Gli enti pubblici e le imprese non potevano essere considerate né costituire delle onlus, appunto perché il legislatore intendeva promuovere solo le associazioni nate dall’iniziativa libera della società. Ben presto, però, le risorse private destinate dalla legge alle onlus hanno cominciato a far gola. E così è arrivata un’interpretazione della normativa che ne ha rovesciato il significato: una prima circolare dell’Agenzia delle Entrate (59/E del 2007) ha esteso la qualifica di onlus «a organizzazioni partecipate da enti pubblici e/o società commerciali qualora questi non esercitino un’influenza dominante nelle determinazioni della onlus»; e una seconda (n. 38/E del 2011) consente che «gli enti pubblici e le società commerciali possono costituire (o partecipare ad) onlus, ancorché nella compagine sociale (...) siano numericamente prevalenti o assumano un ruolo determinante nella definizione degli atti di indirizzo e di gestione dell’ente onlus». Una circolare, insomma, contraddice con spregiudicatezza una norma di legge. E la situazione è quella denunciata – già due anni fa – dall’allora rettore della Cattolica, oggi ministro dei Beni Culturali, Lorenzo Ornaghi, in un convegno delle Acli: si sta realizzando «il moltiplicarsi di enti non profit strumentali nati per iniziativa di pubbliche amministrazioni e da queste controllati», mentre le imprese hanno generato «un settore non profit di loro diretta emanazione che, nel tempo, potendo contare su maggiori risorse, potrebbe prevalere e nel lungo periodo persino sostituire il Terzo Settore nato dal basso su iniziativa di semplici cittadini». In queste condizioni, il vero volontariato si scontrerà con crescenti difficoltà a finanziarsi, perché schiacciato dalla maggiore capacità persuasiva degli enti locali nel "sollecitare" le donazioni dei privati alle onlus comunali, e perché alle imprese conviene costituire onlus in proprio.
Vorrei perciò appellarmi ai ministri Lorenzo Ornaghi e Andrea Riccardi, che so sensibili alla questione, perché vengano annullate le interpretazioni che hanno stravolto la legislazione sulle onlus.
Andrea Poli, Antella (Fi)
 
 
Le preoccupazioni che lei esprime, gentile professor Poli, sono condivise da tutti coloro che hanno in grande stima quella straordinaria forza del nostro Paese che è il Terzo Settore. Credo che non ci siano battaglie da ingaggiare contro chicchessia, ma penso anch’io che ci sia da ridare a ciascuno il suo, secondo la legge. Sono sicuro che l’appello che lei rivolge ai ministri Ornaghi e Riccardi verrà preso in seria considerazione, e spero che sia ben compreso non solo dai due attenti e sensibili ministri che lei chiama in causa, ma anche da Palazzo Chigi e dai ministeri direttamente competenti.
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