mercoledì 26 febbraio 2014
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Otto a otto. Il governo Renzi mette la palla al centro. Parità assoluta tra uomini e donne. La presenza femminile rispetta e perfino surclassa il politicamente corretto delle "quote rosa", sgradevoli in ogni settore, però necessarie in questa fase tutta italiana di consolidamento dell’accesso alle professioni e delle successive carriere delle donne. Ma la composizione del nuovo esecutivo non sembra affatto uno specchietto per le allodole. Oltre all’evidenza numerica, ci sono due dati sostanziali. Il primo è che alle otto donne sono stati assegnati ministeri di primissimo piano, cruciali persino, e non certo "di consolazione" come altre volte era accaduto: l’Istruzione, lo Sviluppo Economico, le Riforme, gli Esteri... E poi la Difesa (novità assoluta per l’Italia), seguendo forse un’"onda rosa" europea che ha già lambito Germania, Norvegia, Spagna, Svezia, Olanda... Il secondo dato è che le competenze di ciascun ministro-donna (chi più, chi meno, ma lo stesso vale per i colleghi maschi) sono chiare e accertate, le esperienze (più o meno mature, ma questo si valuterà) anche.A causa di questi due aspetti, infastidiscono al massimo grado i commenti che – a essere buoni – si possono definire goliardici di alcuni giornalisti (ahimé, purtroppo anche colleghe donne, e dispiace di più) sul look delle signore: il tailleur blu elettrico dell’una, le calze troppo scure dell’altra, la pettinatura eccessivamente casual, il completo anni ’80... Viene da dire: basta! Gli uomini, beati loro, si vestono tutti uguali (resterebbero le cravatte, ma danno poca soddisfazione) e questo li mette al riparo da valutazioni non pertinenti. Come quelle riguardanti l’età e lo stato di famiglia: alle donne si rimproverano i pochi anni e – è accaduto – anche il fatto di avere figli piccoli e magari di essere in procinto di partorire, come se questo limitasse (anziché impreziosire) scelte, valutazioni, intelligenze, impegno... Basta, dunque. Giudichiamoli tutti, ministri uomini e donne, dai progetti e dalle priorità sulle quali si impegnano, dalle decisioni che prendono. Non saranno "femminili" o "maschili", ma semplicemente giuste o sbagliate.Tuttavia le donne, questo sì, portano con sé uno stile, un tratto distintivo nelle situazioni in cui vivono e lavorano, e riescono a farlo tanto più incisivamente quanto più "crescono" professionalmente. Se restano se stesse, beninteso, e non pretendono di scimmiottare gli uomini nelle abitudini di comando, nelle attitudini e nei comportamenti. Salvaguardando le relazioni affettive e il proprio ruolo nella famiglia da una certa invadenza totalizzante del lavoro alla quale non tutti gli uomini (o non sempre) sanno rispondere.C’è anche chi paventa un "vuoto antropologico" frutto di iper-mascolinizzazione dell’identità femminile collegata all’accesso delle donne in tutte le professioni. Ma perché un ministro della Difesa donna dovrebbe di per sé "mascolinizzare" se stessa o l’intero genere femminile? La "specificità del maschile e del femminile" non appartiene, non più almeno, al mestiere che si esercita, bensì al modo in cui lo si fa, a come ci si mette in gioco interamente. Uomini e donne.
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