Prostituìte non prostitute: marchiato è chi compra
mercoledì 20 settembre 2017

«In Italia ci sono arrivata a 16 anni, venduta dai miei familiari». Difficile dimenticare lo sguardo ferito di Nadia, romena, incontrata in una residenza protetta dopo la sua liberazione. «Venduta». Lo diceva con apparente noncuranza, ma quante lacrime poi nel raccontare il suo passato di merce umana: «Mi avevano promesso un lavoro vero, ma la prima sera in Italia mi hanno messo una minigonna e portata su una strada buia. Il primo uomo della mia vita è stato un anziano, padre di due figlie».

Chi ancora pensa che una donna possa liberamente scegliere di vivere così dovrebbe incontrarle una per una, queste ragazze, ascoltare nei più atroci dettagli tutto ciò che avviene e semplicemente pensare: se fossi io? Proviamo a essere Nadia: «Tutte le notti il tormento durava fino all’alba, a casa non potevo tornare con meno di mille euro, pena un massacro», e allora la conta dei clienti è presto fatta, «un quarto d’ora per 35 euro», uno dopo l’altro venti, trenta uomini.

«Dopo tre anni così supplicavo Dio di ammazzarmi». Invece le mandò don Benzi, che la portò via e la restituì alla vita. Annabelle invece l’abbiamo incontrata a maggio scorso a Firenze nei saloni sontuosi di Palazzo Vecchio, dove le istituzioni cittadine e le associazioni impegnate contro la tratta umana chiedevano al capoluogo toscano uno scatto di coraggio e civiltà: un’ordinanza che consentisse di multare il cliente per rovinare i trafficanti. È il cosiddetto “modello nordico”, che in parte d’Europa (in Svezia già dal 1999) ha dato ottimi risultati contro lo sfruttamento sessuale. «Sono arrivata dalla Nigeria credendo di lavorare in sartoria – testimoniava quel giorno Annabelle – invece mi hanno fatta schiava. Arrivi al punto di non credere più che possano esistere persone buone. Vi prego, non pensate mai che sia una scelta, chi di voi la farebbe?”.

Rispetto all’Europa, in Italia siamo indietro anni luce, ma Firenze si è dimostrata apripista: l’ordinanza firmata la settimana scorsa dal sindaco dem Nardella è già in vigore e chi sulle strade di Firenze proverà a comprare il corpo delle donne pagherà una multa e rischierà l’arresto fino a tre mesi. Altre città seguiranno l’esempio? E l’Italia? La proposta di legge Bini per la sanzione al cliente giace da anni in Parlamento... Accanto ad Annabelle c’era Nicola Rizzello, oggi volontario antitratta, un tempo cliente-sfruttatore di ragazze: «Non si tratta di punire qualcuno, ma di aiutarlo a capire che ciò che fa, che anch’io facevo, non è un diritto. Ognuna di quelle vittime è carne profanata». Nessuna donna nasce prostituta – ripeteva don Oreste Benzi, che ne ha liberate settemila –, «c’è sempre qualcuno che la fa diventare tale».

Chi ha l’umiltà di ascoltare queste ragazze, vendute e comprate al mercato delle anime, costrette con sevizie a obbedire, stuprate nel corpo e nella psiche, non le chiamerà più prostitute perché sa che non lo sono: si può imputare alla vittima il marchio dell’infamia altrui? Bene ha fatto il sindaco Nardella a chiarirlo: «Prima di preoccuparci della privacy di una persona che va con una ragazzina di 15 anni, io mi preoccuperei di quella ragazzina». Perché è così che le preferisce il fruitore italiano, ragazzine, e il mercato è ben attento alla domanda: il 37% delle prostituìte (non prostitute!) ha tra i 13 e i 17 anni, e se sono incinte è meglio ancora, costrette fino al sesto mese a battere la strada (è la nuova tendenza nel catalogo delle perversioni), e dal settimo ad abortire. Eppure se le vedi sorridono sfrontate, esibiscono gambe e scollature, ammiccano persino (alibi perfetto per decidere che sono “volontarie”, sfrecciare via giudicandole dal finestrino o, nel peggiore dei casi, fermarsi a comprarle).

«Ci costringono a sembrare volgari e alla fine impari. Se no, non porti a casa i soldi», ci ha spiegato Benedetta, 13 anni, partita da Benin City per fare la lavapiatti e finita a Torino nei parcheggi dei camionisti (un anno fa liberata dai volontari della “Papa Giovanni XXIII”). È questione di prospettive, proviamo a capovolgere il mondo e scopriremo come ci vedono dall’altra parte, se nelle strade di Benin City grandi cartelli avvertono le ragazze nigeriane, «Non andate in Europa, pericolo!». I trafficanti da soli non andrebbero da nessuna parte, l’andamento del mercato lo decidono sempre i clienti, in questo caso ultimo anello di una catena identica a quella di antiche schiavitù.

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