sabato 19 gennaio 2019
Ciò che unisce due grandi del cattolicesimo democratico e parla alla società di oggi
Giorgio La Pira (Foto d'archivio)

Giorgio La Pira (Foto d'archivio)

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Caro direttore, per celebrare il centesimo anniversario dell’«Appello ai Liberi e Forti» il Collegamento sociale cristiano – Amici di Supplemento d’Anima ha promosso a Firenze un incontro nazionale su 'Don Luigi Sturzo e Giorgio La Pira: ciò che li divise, ciò che li unisce': una scelta certo non convenzionale che, senza ignorare gli scontri tra i due, consenta una lettura dei loro rapporti , quanto al pensiero e all'azione, più serena e compiuta, e magari capace di reagire sulla formazione di una cultura e di una responsabilità politica adeguata del cristiano oggi pubblicamente impegnato. In un mondo dominato dalla finanza, attraverso colossali processi di concentrazione di potere economico e ricchezza, dove la diseguaglianza viene elevata a modello di sviluppo, la disoccupazione è tornata drammatica e beni comuni come l’acqua vengono implacabilmente privatizzati, al centro delle scelte non sta più la produzione e magari nemmeno il profitto come corretta remunerazione di fattori produttivi organizzati dall'imprenditore, ma l’utile di capitale, nel disegno imposto dalle grandi banche d’affari, dalle multinazionali dei servizi finanziari, dalle grandi aziende che offrono servizi on line e controllano il servizio di rete sociale: al centro non è certo l’Uomo, il valore autentico della persona umana è, anzi, messo in discussione dai nuovi totalitarismi del pensiero unico dominante e del 'politicamente corretto'. Su questo un anticonformismo cristiano, alfiere di un nuovo umanesimo condivisibile anche da chi, pur non credente, si richiama ai fondamentali valori umanistici (senza essere un fattore identitario politicamente chiuso, ma anzi fecondo), può aver modo di esprimersi.

E, magari, proprio richiamando la lezione di quanti hanno inquadrato il proprio pensiero e la propria testimonianza di vita pubblica nell’ambito della Dottrina sociale della Chiesa, pur con diverso stile e differenti sensibilità su temi quali, ad esempio, l’intervento pubblico nell’economia. La lezione di Sturzo e quella di La Pira sulla centralità della persona può essere determinante per contrastare un modello economico diretto, anche attraverso un uso poco meno che devastante delle nuove tecnologie, ad asservire gli uomini e le donne a pochi potenti: è la questione democratica di oggi, che investe di petto le nostre città e i nostri Stati ma, più in generale la vita pubblica delle nostre comunità. Così, una riflessione che metta a tema quanto unisce Sturzo e La Pira, oltreché quanto storicamente li divise, può portare a mettere in luce profili di condivisione oltre a quelli di divisione – su cui decisamente si insiste per il solito di più – e, magari, a una lettura del loro apporto alla cultura politica per l’oggi più in termini di complementarietà che di conflittualità.

Un «Appello ai Liberi e Forti» oggi non potrebbe certo prescindere dalla fondamentale lezione pubblica lapiriana. L’ispirazione dell’umanesimo economico cristiano, che ha guidato in differenti declinazioni storicamente date Sturzo e La Pira, stimola il credente a mettere a valore nella temperie storica di oggi la riflessione e l’esempio dell’uno e dell’altro, per traguardare, in una società sempre più disperata, ma sempre più animata dal desiderio di sperare, il lapiriano ' Spes contra spem'. Allo stesso tempo, continuare a limitarsi a parlare del cattolicesimo come 'lievito' aggiunto all’impasto della storia alla luce dell’esperienza che i cattolici impegnati in politica hanno testimoniato in Italia negli ultimi decenni e che hanno fatto impiegare espressioni decise ed infuocate a papa Benedetto XVI e a papa Francesco sarebbe abdicare a un compito di rigenerazione della politica e delle istituzioni per piegarlo a interessi gretti e particolaristici: quel 'lievito' ha finito per fare andare a male il pane. In questo senso, l’auspicio è, invece, di contribuire all’elaborazione, nella vita pubblica, di quanto scritto da Francesco nella IV parte dell’Evangelii Gaudium (il tempo è superiore allo spazio, la realtà è superiore all’idea, l’unità è superiore al conflitto), estraendo dalla dialettica lezione di Sturzo e La Pira un contributo alla promozione, all’attuazione e alla manutenzione della nostra Costituzione, in senso formale e anche in senso materiale (Mortati), cioè come la risultante delle concezioni sociali e istituzionali condivise e dei fini e dei valori fondamentali su cui convergono, in un certo momento storico, le forze politiche dominanti, di maggioranza come di opposizione: un’idea che consolida l’idea stessa di Costituzione come legge fondamentale, stabilmente condivisa da una certa comunità. Ma il quid pluris che la dialettica lezione di Sturzo e La Pira ci propone oggi sta anche in un valore essenzialmente spirituale che sorregga il concetto di Costituzione e il valore stesso della legalità, in modo da affermare il riconoscimento di una concezione del diritto non come un comando che si impone su di una platea di destinatari passivi, ma piuttosto come ordinamento di una civiltà.

*Giurista, Università di Firenze

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