Cina-Russia, l'ineguaglianza che pesa e che peserà di più
domenica 10 aprile 2022

«Bupingdeng tiaoyue», tradotto Trattati ineguali. Oltre cinquanta Trattati imposti alla Cina dalle potenze coloniali europee e dalla Russia zarista nella seconda metà dell’800. Solo a menzionarne alcuni: dopo la vittoria delle due 'guerre dell’oppio', la Gran Bretagna si appropriò di Hong Kong, oltre che del diritto di spacciare oppio in Cina. Per non esser da meno dei cugini inglesi con i Trattati di Aigun (1858) e Pechino (1860) gli Zar riuscirono a occupare un milione e mezzo di Kmq nella Siberia meridionale.

La denuncia dei Trattati ineguali dell’800 ha costituto un elemento importante nella costruzione dell’identità nazionale cinese postimperiale. Il Kuomintang e il Partito Comunista si sono sempre contesi il merito di aver posto fine al «secolo di ignominia nazionale» di fine Impero.

Nel ’900, Cina e Russia si sono poi ritrovate alleate nel campo comunista e visto che il nome 'Aigun' era diventato una parola d’ordine antirussa e antisovietica, per migliorare i rapporti la Cina nel 1956 cambiò il nome alla municipalità rinominata Aihui. Non bastò a evitare una guerra guerreggiata tra nel 1969, ma la situazione migliorò con il declino sovietico. Nel 1991 furono firmati una serie di accordi volti a definire pacificamente i confini tra Cina e Urss, che però, sei mesi dopo la firma dei Trattati, cessò di esistere. Con gli accordi di confine del 2004 e 2005 (per Mosca, a trattare fu Lavrov) la Russia di Putin è riuscita ad aprire un capitolo di cooperazione tra i due Paesi molto cambiati. La Russia ha oggi circa 140 milioni di abitanti. La Cina dieci volte tanto. La Russia vive e sopravvive grazie alla vendita di materie prime. La Cina è la prima o seconda economia del pianeta. E non dimentica le umiliazioni. Nel 2015 – era di maggio – Pechino ha cancellato Aihui e ripristinato il nome di Aigun. Operazione di toponomastica dal significato inequivocabile: una Cina amica incondizionata della Russia non esiste. Le parole contano, e i fatti pesano.

Jonathan Haslam, emerito studioso dell’Università di Cambridge, ha ben spiegato ('Financial Times', 5 aprile 2022) che dopo i crimini di guerra putiniani in Siria (distruzione completa e deliberata di scuole e ospedali, distruzione di Aleppo, uccisione in massa e deliberata di civili) la Cina ha preferito non accettare un’alleanza formale. Le relazioni commerciali Cina-Occidente valgono almeno dieci volte quelle con la Russia, e il rapporto Cina-Ucraina è strategico per la Cina anche nell’ ambito delle tecnologie militari. Fatto sta che la tv cinese Cgtn riporta ampiamente i crimini russi contro i civili ucraini. E il gigante energetico Sinopec ha appena interrotto gli investimenti in Russia. Strano che la Russia abbia dimenticato la posizione a suo tempo ben espressa da Mao: «La Russia ci è in debito di un milione e mezzo di kmq». Posizione mai messa in discussione a Pechino.

Ancora. Ritornando alla situazione anteriore ai Trattati ineguali di Aigun 1858 e alla sovranità sulla Siberia meridionale, la Cina farebbe un altro passo verso il Far East russo. Una regione di 6 milioni di kmq (3 milioni di kmq solo la Jakuzia) abitata da neppure 10 milioni di persone, di cui circa 500mila ucraini.

Un miliardo e mezzo di cinesi non possono rinunciare alle risorse offerte dall’enorme parte orientale dell’impero russo e Mosca avrà sempre più bisogno della Cina per sostituire l’Europa nell’acquisto di materie prime. Una Russia isolata e indebolita dalla guerra in Ucraina potrebbe rifiutare la richiesta cinese di cancellare i Trattati ineguali, di rivedere i Trattati del 1991 e del 2004-2005, di restituire il milione e mezzo di kmq dovuti? Forse. Ma non ci sono invece dubbi su come per almeno la prossima generazione saranno da definirsi i rapporti tra Cina Russia: ineguali.

Giurista, già professore nell’Università di Trieste

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