Sicurezza e banda larga: l'Estonia s'è liberata dalla Russia

Il Paese baltico ha cancellato qualsiasi traccia dell’occupazione di Mosca. Oggi è una delle nazioni più informatizzate al mondo e uno dei donatori più generosi di Kiev. «Siamo pronti a difenderci»
August 23, 2025
Sicurezza e banda larga: l'Estonia s'è liberata dalla Russia
Ansa | Un’esercitazione invernale delle truppe dell’Alleanza Atlantica a Tapa, nella regione nordorientale dell'Estonia
«Non ci piace essere definiti repubbliche ex sovietiche. Non è corretto nemmeno chiamarci Paesi Baltici, come se fossimo un tutt’uno. Certo, c’è molta solidarietà fra di noi, condividiamo un passato doloroso. Ma siamo tre nazioni diverse». Illimar Lepik von Wirén, ex diplomatico e ora all’inizio di una carriera politica, ha il tono calmo di chi sa di vivere in un Paese che ce l’ha fatta. Fuori, un vento gelido per i turisti, ma ancora primaverile per gli estoni, batte le strade del centro medievale di Tallinn. Il cielo plumbeo riesce a fare risaltare i colori pastello delle facciate dei palazzi più di un raggio di sole. Poco lontano, in Viru väljak, è situato il museo del Kgb, dove è possibile farsi un’idea di quello che il popolo estone abbia subito e perché, a partire dal 1991, abbia cancellato qualsiasi traccia dell’occupazione russa.
Si calcola che solo dal 1941 al 1952 siano state 46mila le persone deportate. Fra morti nei campi di lavoro in Siberia, giustiziati e vittime della repressione, si calcola che le persone venute a mancare siano state fra le 60mila e le 75mila. Donne, adolescenti, uomini, preti, spesso perseguiti a causa dell’articolo 58 del vecchio codice penale sovietico, che puniva i “reati controrivoluzionari” e che era lasciato volutamente generico per incriminare chiunque non fosse perfettamente allineato. Un popolo martoriato, ma che non ha mai perso né la sua identità, né la sua voglia di riscatto. «Quando i russi se ne sono andati – racconta Illimar – hanno lasciato un Paese a pezzi. Avevamo un’economia praticamente ferma, l’inflazione alle stelle. Le persone non avevano nulla, ma proprio in quel momento abbiamo investito su una delle industrie che sembrava la più promettente, ossia le telecomunicazioni. Questo ha cambiato il nostro destino». Oggi l’Estonia è uno dei Paesi più informatizzati del mondo. Da anni, il 100% della popolazione possiede una carta di identità elettronica, tutto il territorio nazionale è attraversato da una banda larga e l’87% delle famiglie hanno una connessione in casa. Perché qui, con una connessione, fai tutto. Anche una proposta di matrimonio. Ogni cittadino ha una sua identità digitale data dallo Stato e nella sua sezione può trovare tutto quello che gli serve per gestire la sua vita: dall’anagrafe, alle tasse, passando per la salute. La dichiarazione dei redditi si compila in tre minuti, il 98% delle ricette mediche è inviato via mail, il 51% vota online.
E tutto nel rispetto della privacy. «C’è una parola alla base dello Stato estone – spiega Illimar – ed è trasparenza. Se qualcuno entra nella tua casella personale per avviare un’indagine nei tuoi confronti, vieni immediatamente avvisato». Segno che 50 anni di occupazione sovietica hanno portato gli estoni a dare vita a un Paese che fosse l’esatto contrario di chi gli ha portato via tutto. L’aver puntato sull’informatizzazione ha avuto un effetto positivo anche sull’economia.
A differenza della Lettonia, il 68% del Pil deriva dal settore dei servizi. La ricchezza è distribuita in modo molto più equo. Con un debito pubblico contenuto, appena l’8% del Pil e la libertà di stampa fra le più alte del mondo, l’Estonia dà di sé l’immagine di un Paese sereno, come il fiabesco centro di Tallinn che, anche in periferia, è stata molto meno intaccata rispetto ad altre città dagli scempi architettonici e urbanistici di epoca sovietica. Cinquant’anni messi fra parentesi. Anche nei mercatini di antiquariato i cimeli dell’epoca sono pochissimi. «Agli estoni non interessano di sicuro e anche i turisti sono attratti da altro», spiega Irina, che lavora in uno dei negozi di articoli vintage ed è di madrelingua russa, come il 25% della popolazione. A differenza della Lettonia, qui non ci sono imposizioni. Tutta la popolazione parla estone, anche a Narva, sul confine con la Russia e dove il 90% della popolazione è russofono. Sereni, dunque, ma all’erta. La percentuale del Pil riservata alla difesa è del 5%, concentrata soprattutto su investimenti massicci, puntando su innovazione tecnologica, sovranità industriale, e fortificazioni strategiche.
L’Estonia è stata uno dei donatori più generosi all’Ucraina. La sede dell’ambasciata russa è protetta da barricate dove sventolano bandiere gialloblù, foto di Navalny e di molti altri attivisti vittime del regime. Un popolo compatto, fiero, che ha scelto di essere libero e sta facendo di tutto per rimanerlo. Anche a scuola, dove si seguono corsi di educazione digitale per imparare a riconoscere le fake news e non cadere vittime della propaganda. «Sono anni che i russi cercano di boicottarci – conclude Illimar–. Hanno cercato di stoppare il nostro ingresso nella Ue e nella Nato. Molti in Europa non hanno ancora compreso con chi hanno a che fare e di che cosa possano essere capaci. Capiscono solo l’uso della forza, non quello della diplomazia. Io non credo ci faranno mai del male, ma se dovesse succedere, siamo pronti ad accoglierli». Perché quei 50 anni saranno pure una parentesi, ma hanno fatto male.

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