Ritorno a Kiev, che adesso teme davvero l'offensiva di terra
di Nello Scavo
I 50 giorni concessi ancora una volta da Trump a Putin confermano i soliti sospetti sul gioco delle parti tra il Cremlino e la Casa Bianca. L'avanzata delle truppe russe preoccupa Zelensky

I preparativi sono agli sgoccioli, e dopo che Donald Trump ha concesso 50 giorni a Vladimir Putin, dal Cremlino mostrano di essersi preparati per tempo. Mancano solo gli ultimi incendi per togliere di torno pannocchie, sterpaglie e girasoli che nascondono la nuova temutissima arma della fanteria ucraina: i piccoli droni campestri radiocomandati.
I media del Paese hanno atteso per tutto il giorno le dichiarazioni di Trump, senza aspettarsi molto. In mattinata il presidente Volodymyr Zelensky aveva incontrato a Kiev l’inviato speciale degli Stati Uniti, il generale, Keith Kellogg e ha discusso della cooperazione in materia di difesa e delle sanzioni contro la Russia durante un colloquio definito “produttivo” dal leader ucraino. «Abbiamo discusso del percorso verso la pace e di cosa possiamo fare concretamente insieme per avvicinarla. Questo - ha aggiunto - include il rafforzamento della difesa aerea ucraina, la produzione congiunta e l’approvvigionamento di armi di difesa in collaborazione con l’Europa». I tempi sono stretti e potrebbero non bastare. Nelle ultime settimane la Russia ha intensificato gli attacchi aerei sulle città ucraine, dopo aver ripetutamente respinto le richieste di cessate il fuoco avanzate da Kiev e dai suoi partner occidentali. Ma stabilire un ultimatum per la fine di agosto, quando le giornate calde e senza pioggia favoriscono le operazioni militari sul terreno, a molti non è sembrata una mossa che possa spaventare il Cremlino.
Dalle regioni del sudest che affaccia sulla Crimea fino a Kiev, cambia il paesaggio e cambia la guerra. A Kherson temono una nuova invasione attraverso il fiume, dove i russi sono appostati a migliaia dopo che nel novembre 2022 furono respinti, liberando metà regione. A meno di un’ora d’auto più a Nord, nella martoriata Mykolaiv, si costruiscono fortificazioni “dual use”: trincea nel caso i battaglioni russi si facessero sotto come nel 2022, oppure fossati da infarcire di esplosivo e carburante se Kiev dovesse indietreggiare, rallentando il passo di un’eventuale nuova ondata via terra.
E’ qui che vengono messi alla prova i “ground drone”. Dovendo risparmiare le braccia, Kiev punta sui robot. A distanza sembrano dei grossi modellini di fuoristrada radiocomandati. Sono in grado di trasportare ordigni e piccole bocche da fuoco con cui falciano il terreno sbucando di sorpresa a pochi metri dai soldati di Mosca. Negli ultimi mesi avevamo osservato più volte sulla linea del fuoco orientale improvvise e rapide conquiste russe grazie a incursori che si muovono a piccoli gruppi, sfuggendo alle linee di difesa ucraine a bordo di moto da cross e perfino gli “Atv” elettrici, i quadricicli veloci e silenziosi che scorazzano tra le prime linee.
Se i piani di Mosca trovassero conferma nella cronaca delle prossime settimane, la guerra cambierebbe ancora, per tornare alla arcaica brutalità che l’alta tecnologia apparentemente cerca di sterilizzare. Le radure e la boscaglia servirebbero a camuffare gli incursori, a cominciare da quelli russi, ma l’esercito di Putin non si è mai distinto per le tecniche conservative. Quanti siano i morti poco importa. Conta solo andare avanti e usare i corpi dei malcapitati mandati a morire per primi allo scopo di stanare gli ucraini, individuando le postazioni da cui partono i colpi contro le avanguardie russe, e poi far partire gli assalti con le ondate successive. La sproporzione è ancora alta: «In alcuni punti dietro li dietro ai terrapieni - ci racconta un capitano dell’artiglieria ucraina che da tre anni tiene a bada gli assalti da dietro al fiume Dnepr - per ogni nostro soldato ce ne sono dieci russi, altrove ne contiamo mediamente cinque per ognuno dei nostri». Le perdite ucraine sono un segreto, non meno di quanto siano tenute nascoste in Russia. «Ci sono soldati che sono con me da tre anni - insiste il capitano - abbiamo avuto feriti e morti, ma noi ne eliminiamo più del quadruplo, e loro spuntano di nuovo, come niente fosse, come se non gli importasse dei loro stessi uomini».
A fine giornata ciascuno rivendica qualche vittoria. Lunedì la Russia ha dichiarato di avere catturato due villaggi: Mayak, nella regione orientale di Donetsk; e Malynivka, situato nell’oblast meridionale di Zaporizhzhia. Un mucchio di rovine più utili da mostrare ai notiziari della sera che per reale utilità tattica. Mentre almeno tre civili sono stati uccisi sempre nelle regioni nordorientali di Kharkiv e Sumy, entrambe al confine con la Russia.
Le notizie da Zaporizhzhia sembrano non meritare più le prime pagine, eppure la centrale nucleare occupata dai russi non è al sicuro e i rischi di un incidente non sono solo una eventualità. Il direttore generale dell’agenzia Onu per il nucleare (Aiea) ha rivolto accuse senza fare nomi. Ma nelle sue parole c’è già il colpevole. Rafael Grossi ha riferito che nei pressi dello stabilimento il 12 luglio è stata sparata una grande quantità di colpi per circa un’ora a partire dalle 22. La mattina dopo il personale dell’agenzia, sempre presente nell’impianto ,durante il sopralluogo ha scopertonessun foro di proiettile, nessun danno a finestre o alle pareti, ma numerosi bossoli di piccolo calibro sparsi vicino alle unità dei reattori 5 e 6. «Come ho ripetutamente affermato, qualsiasi attacco militare a un impianto nucleare, con o senza droni, mette a repentaglio la sicurezza nucleare» ha ribadito Grossi che parlando di “bossoli” e non di “proiettili”, ha chiaramente lasciato intendere che si trattava di colpi in uscita, in una zona presidiata esclusivamente dalle forze russe.
I media del Paese hanno atteso per tutto il giorno le dichiarazioni di Trump, senza aspettarsi molto. In mattinata il presidente Volodymyr Zelensky aveva incontrato a Kiev l’inviato speciale degli Stati Uniti, il generale, Keith Kellogg e ha discusso della cooperazione in materia di difesa e delle sanzioni contro la Russia durante un colloquio definito “produttivo” dal leader ucraino. «Abbiamo discusso del percorso verso la pace e di cosa possiamo fare concretamente insieme per avvicinarla. Questo - ha aggiunto - include il rafforzamento della difesa aerea ucraina, la produzione congiunta e l’approvvigionamento di armi di difesa in collaborazione con l’Europa». I tempi sono stretti e potrebbero non bastare. Nelle ultime settimane la Russia ha intensificato gli attacchi aerei sulle città ucraine, dopo aver ripetutamente respinto le richieste di cessate il fuoco avanzate da Kiev e dai suoi partner occidentali. Ma stabilire un ultimatum per la fine di agosto, quando le giornate calde e senza pioggia favoriscono le operazioni militari sul terreno, a molti non è sembrata una mossa che possa spaventare il Cremlino.
Dalle regioni del sudest che affaccia sulla Crimea fino a Kiev, cambia il paesaggio e cambia la guerra. A Kherson temono una nuova invasione attraverso il fiume, dove i russi sono appostati a migliaia dopo che nel novembre 2022 furono respinti, liberando metà regione. A meno di un’ora d’auto più a Nord, nella martoriata Mykolaiv, si costruiscono fortificazioni “dual use”: trincea nel caso i battaglioni russi si facessero sotto come nel 2022, oppure fossati da infarcire di esplosivo e carburante se Kiev dovesse indietreggiare, rallentando il passo di un’eventuale nuova ondata via terra.
E’ qui che vengono messi alla prova i “ground drone”. Dovendo risparmiare le braccia, Kiev punta sui robot. A distanza sembrano dei grossi modellini di fuoristrada radiocomandati. Sono in grado di trasportare ordigni e piccole bocche da fuoco con cui falciano il terreno sbucando di sorpresa a pochi metri dai soldati di Mosca. Negli ultimi mesi avevamo osservato più volte sulla linea del fuoco orientale improvvise e rapide conquiste russe grazie a incursori che si muovono a piccoli gruppi, sfuggendo alle linee di difesa ucraine a bordo di moto da cross e perfino gli “Atv” elettrici, i quadricicli veloci e silenziosi che scorazzano tra le prime linee.
Se i piani di Mosca trovassero conferma nella cronaca delle prossime settimane, la guerra cambierebbe ancora, per tornare alla arcaica brutalità che l’alta tecnologia apparentemente cerca di sterilizzare. Le radure e la boscaglia servirebbero a camuffare gli incursori, a cominciare da quelli russi, ma l’esercito di Putin non si è mai distinto per le tecniche conservative. Quanti siano i morti poco importa. Conta solo andare avanti e usare i corpi dei malcapitati mandati a morire per primi allo scopo di stanare gli ucraini, individuando le postazioni da cui partono i colpi contro le avanguardie russe, e poi far partire gli assalti con le ondate successive. La sproporzione è ancora alta: «In alcuni punti dietro li dietro ai terrapieni - ci racconta un capitano dell’artiglieria ucraina che da tre anni tiene a bada gli assalti da dietro al fiume Dnepr - per ogni nostro soldato ce ne sono dieci russi, altrove ne contiamo mediamente cinque per ognuno dei nostri». Le perdite ucraine sono un segreto, non meno di quanto siano tenute nascoste in Russia. «Ci sono soldati che sono con me da tre anni - insiste il capitano - abbiamo avuto feriti e morti, ma noi ne eliminiamo più del quadruplo, e loro spuntano di nuovo, come niente fosse, come se non gli importasse dei loro stessi uomini».
A fine giornata ciascuno rivendica qualche vittoria. Lunedì la Russia ha dichiarato di avere catturato due villaggi: Mayak, nella regione orientale di Donetsk; e Malynivka, situato nell’oblast meridionale di Zaporizhzhia. Un mucchio di rovine più utili da mostrare ai notiziari della sera che per reale utilità tattica. Mentre almeno tre civili sono stati uccisi sempre nelle regioni nordorientali di Kharkiv e Sumy, entrambe al confine con la Russia.
Le notizie da Zaporizhzhia sembrano non meritare più le prime pagine, eppure la centrale nucleare occupata dai russi non è al sicuro e i rischi di un incidente non sono solo una eventualità. Il direttore generale dell’agenzia Onu per il nucleare (Aiea) ha rivolto accuse senza fare nomi. Ma nelle sue parole c’è già il colpevole. Rafael Grossi ha riferito che nei pressi dello stabilimento il 12 luglio è stata sparata una grande quantità di colpi per circa un’ora a partire dalle 22. La mattina dopo il personale dell’agenzia, sempre presente nell’impianto ,durante il sopralluogo ha scopertonessun foro di proiettile, nessun danno a finestre o alle pareti, ma numerosi bossoli di piccolo calibro sparsi vicino alle unità dei reattori 5 e 6. «Come ho ripetutamente affermato, qualsiasi attacco militare a un impianto nucleare, con o senza droni, mette a repentaglio la sicurezza nucleare» ha ribadito Grossi che parlando di “bossoli” e non di “proiettili”, ha chiaramente lasciato intendere che si trattava di colpi in uscita, in una zona presidiata esclusivamente dalle forze russe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






