Pioggia di missili russi sulle centrali elettriche. Ucraina al buio

di Giacomo Gambassi, inviato a Kiev
Sette le regioni colpite massicciamente dagli ordigni lanciati dall'esercito di Putin. A rischio anche l'impianto nucleare di Zaporizhzhia. Il presidente ucraino Zelensky: si velocizzi l'invio di
March 21, 2024
Pioggia di missili russi sulle centrali elettriche. Ucraina al buio
Reuters | L'incendio provocato da un attacco russo alla periferia di Kharkiv
Non c’è la scuola online per Olena, 8 anni, alle prese con le lezioni di seconda elementare. La didattica a distanza è la sola consentita a Kharkiv, la seconda città dell’Ucraina che ha la sciagura di essere troppo vicina alla frontiera russa. «Dobbiamo risparmiare la batteria del cellulare e del tablet», le ha spiegato mamma Tetyana Kazak. Hanno passato la notte nel corridoio, fra le mura portanti del loro condominio che non ha un rifugio, mentre gli allarmi suonavano e diciotto missili si abbattevano sulle centrali o sugli snodi elettrici della metropoli. È più prezioso dell’oro un telefonico carico o un accumulatore di corrente nel capoluogo. Perché dall’alba di ieri un milione e 300mila abitanti, ossia tutti quelli che hanno scelto di restare o di tornare qui dopo la grande fuga all’inizio della guerra, sono senza elettricità. Kharkiv è la città più colpita dal «maggiore attacco massiccio russo alle infrastrutture energetiche», come lo ha definito il ministro dell’Energia, German Galushchenko.
Milioni gli ucraini al buio. E sette le regioni finite sotto la pioggia di 151 ordigni lanciati dall’esercito di Putin su tutto il Paese: secondo l'Aeronautica militare, 92 quelli abbattuti, di cui 55 droni e 37 missili. Ma oltre un terzo è andato a bersaglio: da Leopoli a Odessa; da Kryvyi Rih, città natale del presidente Zelensky, a Khmelnytskyi, nell’Ucraina orientale, dove i razzi sono piombati su alcune case uccidendo due persone. Nel mirino anche Zaporizhzhia, snodo cruciale del sistema energetico nazionale: oltre a condomini e abitazioni, è stata attaccata una delle linee di collegamento alla centrale nucleare che garantiscono il funzionamento delle protezioni; ed è stata bombardata la diga sul fiume Dnepr dove si trova la più grande centrale idroelettrica dell’Ucraina che ha avuto «gravi danni». L’esplosione ha investito un bus di operai che transitava nella strada sopra le paratie e i morti sono tre.
Fuoco contro la grande diga sul fiume Dnipro - Reuters
Fuoco contro la grande diga sul fiume Dnipro - Reuters
L’invaso non è a rischio crollo, fa sapere la società elettrica, quasi a voler scongiurare un nuovo Vajont ucraino come quello che era accaduto nel giugno scorso quando era stata distrutta la diga di Kakhovka e 80 villaggi erano stati travolti dalle acque.
Se la piccola Olena scherza con le amiche sul marciapiede di fronte a casa, l’esasperazione si tocca con mano nella lunga fila alla “casa dell’acqua” poco distante. Sono i punti dove a Kharkiv si distribuiscono taniche e bottiglioni in caso d’emergenza. E restare senza corrente significa non avere acqua potabile e riscaldamento. «Basta. Non ne possiamo più», urla un anziano mentre attende il suo turno. Gli effetti si fanno sentire anche lungo i binari. Le Ferrovie dello Stato annunciano la paralisi elettrica ma non lo stop dei treni che «continueranno a viaggiare grazie alle locomotive diesel».
È stato un inverno con la luce e il calore quello ormai agli sgoccioli, risparmiato dalle bombe a raffica sulle reti elettriche che avevano messo in ginocchio il Paese un anno fa. Ieri, però, la rappresaglia, come l’ha chiamata il Cremlino, per i blitz delle legioni anti-Putin che hanno “disturbato” con attentati ed esplosioni le elezioni presidenziali nelle oblast russe al confine con l’Ucraina e per i raid alle raffinerie. Una ritorsione che, a detta di Mosca, non ha riguardato solo i poli energetici ma anche i raccordi ferroviari, gli arsenali, i centri militari.
Dietro il black-out senza precedenti e i 49 raid targati Russia dell’ultima settimana, c’è quella strategia della tensione che il Cremlino utilizza per destabilizzare il Paese aggredito e preparare la strada a nuove offensive. Quelle che Kiev teme lungo i mille chilometri di fronte che separano l’Ucraina libera da quella occupata e lungo i confini con la Russia. A cominciare proprio da Kharkiv. Il ministero della Difesa russo fa filtrare il progetto di reclutare 300mila uomini per lanciare un attacco sulla metropoli che l’esercito di Putin aveva stretto d’assedio nei primi tre mesi di guerra. Con l’intenzione, comunque, di «non trasformarla nella prossima Mariupol», lascia trapelare il Cremlino. Vale a dire: non raderla al suolo per impossessarsene. Come, invece, accade negli ultimi villaggi che, secondo Mosca, sono caduti in mano russa o nei terreni di battaglia: da Kupiansk nella regione di Kharkiv, a Lyman e Chasiv Yar nel Donbass. «Territori russi da proteggere e liberare», fa sapere il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. E sono le stesse forze armate ucraine a rivelare che la Russia sta creando «gruppi di oltre centomila uomini» per ulteriori incursioni entro l’estate. Non è un caso che, dopo il maxi attacco di ieri, Zelensky abbia chiesto all’Occidente di velocizzare l’invio di armi e finanziamenti: «I missili russi non hanno ritardi, come i pacchetti di aiuti al nostro Paese».

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