Perché la condanna di Jimmy Lai a Hong Kong è un messaggio contro la democrazia
di Luca Miele
Il magnate dei media asiatico, storico oppositore di Pechino, è stato giudicato colpevole di collusione e di sedizione. Ora rischia l'ergastolo. La sentenza potrebbe essere una pietra tombale sull'intero movimento libertario

«Sono nato ribelle», ha detto di sé in un’intervista rilasciata alla Bbc, poco prima che iniziasse il suo calvario giudiziario. E sulla testa del “ribelle” Jimmy Lai si è abbattuta la scure della “giustizia” di Hong Kong. Colpevole, hanno sentenziato i giudici Alex Lee, Esther Toh e Susana D'Almada Remedios del tribunale di West Kowloon. Colpevole di collusione e di sedizione. Per il 78enne magnate dei media pro-democrazia, che ha già trascorso più di 1.800 giorni in un carcere di massima sicurezza gran parte dei quali in isolamento, la condanna in arrivo col nuovo anno potrebbe tradursi in una sentenza di ergastolo. In pratica, come hanno denunciato i suoi figli, una condanna a morte per l'attivista le cui condizioni di salute sarebbero precarie. Con il pugno di ferro si inabissa non solo l’esperienza umana e politica del magnate. Ma con lui, sprofonda l’intero movimento pro-democrazia, spezzato e spazzato via dalla Legge sulla sicurezza imposta alla città semi-autonoma nel 2020, dopo mesi di affollate (e talvolta violente) proteste. Non a caso, i membri del Partito Democratico, di fatto il principale partito di opposizione di Hong Kong sin dalla sua fondazione, hanno votato domenica per sciogliere il partito e avviarne la liquidazione. "Aver viaggiato per questi tre decenni, fianco a fianco con il popolo di Hong Kong, è stato il nostro più grande onore. In tutti questi anni, abbiamo sempre considerato il benessere di Hong Kong e della sua gente come il nostro obiettivo principale", ha dichiarato il presidente Lo Kin-hei. Una pietra tombale sull'attivismo democratico, una vittoria per la Cina. Sono nato ribelle”, ha detto di sé in un’intervista rilasciata alla Bbc
«Siamo convinti che Lai sia stato la mente delle cospirazioni», hanno scritto i giudici di Hong Kong. Le prove sarebbero inoppugnabili, il piano di Lai trasparente: «il suo intento era quello di cercare la caduta del Partito comunista cinese». «Non c'è dubbio che Lai abbia nutrito risentimento e odio nei confronti della Repubblica popolare cinese per gran parte della sua età adulta, e questo è evidente nei suoi articoli - ha dichiarato alla corte la giudice Esther Toh -. È anche chiaro per noi che il primo imputato, fin dall'inizio, molto prima della legge sulla Sicurezza nazionale, ha riflettuto su quale leva gli Stati Uniti avrebbero potuto usare contro la Cina». L'Ufficio per gli Affari di Hong Kong e Macao ha fatto sapere di «sostenere fermamente» il governo cittadino nell'adempimento della sua «responsabilità di salvaguardare la sicurezza nazionale, nonché nella condanna legale dei "caporioni" di attività anti-cinesi volte a destabilizzare Hong Kong e a mettere in pericolo la sicurezza nazionale».
Come riporta la Cnn, a finire nel mirino dei giudici sono state “le attività di lobbying di Lai sui politici statunitensi durante il primo mandato di Trump – in gran parte prima dell'entrata in vigore della legge sulla sicurezza – come prova di sedizione e collusione con forze straniere, inclusi i suoi incontri con l'allora vicepresidente Mike Pence, l'allora Segretario di Stato Mike Pompeo e i tentativi di incontrare lo stesso Trump”. Il suo invito ai funzionari statunitensi a intraprendere azioni contro la Cina in nome dell'aiuto alla popolazione di Hong Kong "sarebbe analogo alla situazione in cui un cittadino americano chiede aiuto alla Russia per far cadere il governo degli Stati Uniti con il pretesto di aiutare lo Stato della California", hanno scritto ancora i giudici nella loro sentenza.
Non si può dire che nella biografia del “ribelle” Lai non manchino elementi rocamboleschi. E romanzeschi. Un cammino tortuoso che lo ha portato dalla condizione di operaio a quello di miliardario. Nato a Guangzhou, nella Cina meridionale, in una famiglia benestante. L’ascesa al potere dei comunisti nel 1949 significò per la famiglia un crollo. A 12 anni la fuga su un peschereccio. Direzione Hong Kong. Fu l’inizio di un’incredibile ascesa: da sarto a fondatore di un impero multimilionario, che includeva il marchio di abbigliamento internazionale Giordano. Nel 1995 creò il quotidiano Apple Daily, due anni prima che Hong Kong fosse ceduta alla Cina, posizionandosi in prima linea nel movimento pro-democrazia. Fervente sostenitore di Trump, Lai si recò a Washington al culmine delle proteste del 2019. "Signor Presidente, lei è l'unico che può salvarci", ha dichiarato Lai in un'intervista alla CNN nel 2020, poche settimane prima del suo arresto, rivolgendosi a Trump. "Se ci salva, può fermare le aggressioni della Cina. Può anche salvare il mondo". Per Lai fu l’inizio della fine.
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