venerdì 12 agosto 2022
Intanto i contatti informali tra i comandanti sul terreno dei due schieramenti potrebbero far ottenere agli ucraini una concessione per fare uscire i civili dalla città di Kherson
Dal satellite. La base aerera russa di Saki a Novofedorivka, in Crimea, colpita dagli ucraini

Dal satellite. La base aerera russa di Saki a Novofedorivka, in Crimea, colpita dagli ucraini - Ansa

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Da tempo non si vedevano colonne d’auto cariche di bagagli e fagotti, nervosamente in coda nell’attesa di poter lasciare le zone più a rischio. Hanno una targa che finisce per “82”, il codice viabilistico della Crimea imposto da Mosca. Scappano a migliaia i russi della penisola ucraina annessa otto anni fa. La guerra è tracimata fin dove la propaganda del Cremlino assicurava che non sarebbe mai arrivata.

I missili di Kiev sono piovuti due giorni fa sulla base aereonautica da cui decollano i bombardieri di Mosca. Il giorno prima altri razzi forniti dagli Usa hanno tranciato le campate dei ponti verso Kherson lasciando la Crimea con una sola via di fuga dalle ore contate: il ponte verso la terraferma russa inaugurato da Putin nel 2019.

Ad accelerare l’evacuazione che i militari russi faticano a controllare c’è stato un altro chiaro messaggio di Kiev. Alcuni tralicci dell’alta tensione sono precipitati al suolo dopo un’azione di sabotaggio. Non solo l’elettricità è stata interrotta, ma le tonnellate di ferraglia precipitata al suolo hanno bloccato la già isterica viabilità. Si tratta della rete elettrica a cui Mosca vorrebbe collegare la centrale nucleare di Zaporizhzhia per fornire energia alla Crimea.

Con i missili alle porte, le vie di uscita a rischio e la prospettiva di lunghi blackout elettrici, centinaia di persone si lasciano alle spalle la penisola. L'ufficio del governatore installato da Mosca minimizza. I canali ufficiali negano che vi sia una evacuazione. Preferiscono parlare di "reinsediamento". In gran parte sono proprio famiglie di militari, oltre a lavoratori fatti arrivare dal Donbass e dalle regioni russe più vicine a partire dal 2014. Molti abitano in case che furono abbandonate dagli ucraini. Le immagini che circolano attraverso i canali Telegram mostrano gli sfollati in preda al panico. Donne arrivate dopo l'annessione che piangono perché temono che andandosene perderanno tutto, anche se non tutto era davvero loro. Tra di essi molti vacanzieri russi costretti a riprendere la strada di casa. Un ristoratore di Odessa guarda i filmati e si domanda se un giorno la Crimea tornerà sotto Kiev. Lui aveva casa lì e anche il suo primo bistrò.

Gli Himars di fabbricazione statunitense possono raggiungere un obiettivo a 200 chilometri di distanza. Dalla regione di Odessa e da quella di Mykolayv, così come dalla riconquistata Isola dei Serpenti, ne servono la metà per mettere in crisi l’apparato militare moscovita. Le immagini satellitari mostrano 3 crateri, un’ampia zona incendiata e 8 aerei distrutti nella base aerea russa di Saki.

La Russia ha negato che i velivoli siano stati danneggiati e ha detto che le esplosioni nella base di martedì sono state accidentali mentre da Kiev non confermano di aver sparato. Esperti militari occidentali concordano nell’indicare che l’entità dei danni e l’apparente precisione dell’attacco suggeriscono che si sia trattata di un’azione di tipo militare. Il generale di brigata ucraino Oleksiy Hromov ha dichiarato che «la Russia ha raddoppiato gli attacchi aerei negli ultimi giorni». Parole che sembrano spiegare il perché si sia voluto colpire un aeroporto militare.

La reazione di Mosca è data per scontata. Ma gli analisti militari ucraini e diversi “consiglieri” tattici europei oramai stabilmente assorbiti nella linea di comando ucraina, spiegano che in realtà la rappresaglia potrebbe essere meno dura. A Kherson, occupata dai russi e nella quale i “guastatori” ucraini agiscono con attentati e sabotaggi, Mosca aveva ammassato 35mila uomini. Lo stato maggiore russo confidava in uno dei punti deboli di Kiev. Oramai senza un vero stormo di caccia, le forze ucraine non avrebbero potuto bersagliare i due ponti sulla Crimea, adoperati per far affluire rinforzi e protetti a vista per tenersi aperta una via di fuga. I reggimenti russi sono adesso bloccati in una sacca urbana da cui potranno uscire solo tentando di tornare ad avanzare su Mykolaiv, oppure negoziando un rientro a rilento verso la Crimea a bordo di navi e ponti di barche.

I contatti informali tra i comandanti sul terreno dei due schieramenti potrebbero far ottenere a Kiev una concessione per i civili di Kherson. Dalla città occupata, infatti, i profughi vengono fatti uscire con il contagocce. Fonti ucraine del distretto hanno confermato ad Avvenire che dall’unico varco verso le aree controllate da Kiev, le forze russe lasciano andare via poche decine di automezzi al giorno. Alle volte non più di 20. Questa settimana almeno 5 persone sono morte a causa del caldo e della mancata assistenza sanitaria. L’attesa può prolungarsi per giorni, da trascorrere chiusi in auto e senza neanche un rubinetto né servizi igienici nei paraggi.

L’esercito russo, spiega il comando militare di stanza a Odessa, dispone in questo momento di 16 missili Kalibr a bordo di navi nel Mar Nero. «E puntano tutti – chiarisce una nota – nella nostra direzione».

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