venerdì 28 febbraio 2020
Durissima la reazione di Ankara dopo l'uccisione di 33 soldati turchi a Idlib: "Abbiamo colpito oltre 300 soldati siriani". Riaperti i confini con l'Unione Europea ai migranti, già partito l'esodo
Rifugiati afghani attraversano il confine tra Turchia e Grecia

Rifugiati afghani attraversano il confine tra Turchia e Grecia - Ansa

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Nuovi venti di guerra a Idlib, nel Nordovest della Siria al confine con la Turchia, dove da settimane si fronteggiano le forze turche con l'esercito di Damasco, sostenuto dalla Russia. A innescare il rischio concreto di una escalation fatale è stato l'attacco aereo di Damasco contro i turchi nella regione, che ha ucciso almeno 33 soldati di Ankara. Il presidente Recep Tayyip Erdogan - che ha sentito telefonicamente il collega russo Vladimir Putin - ha subito convocato un Consiglio di sicurezza straordinario per decidere la controffensiva. E in questa riunione, con i vertici militari del Paese, è stato deciso anche di aprire i confini dell'Ue ai migranti e non trattenerli più nel Paese.

La risposta turca è stata durissima. Nella rappresaglia condotta dopo il raid aereo l'esercito turco ha "neutralizzato" (cioè ucciso o ferito) 329 soldati siriani e colpito oltre 200 obiettivi nemici. Lo ha riferito il ministro della Difesa di Ankara Hulusi Akar, aggiungendo che tra gli obiettivi distrutti ci sono 5 elicotteri, 23 tank, 10 mezzi armati e numerosi depositi e armi delle forze governative. Nel frattempo, Mosca tenta di riprendere il dialogo e spiega che "i soldati turchi uccisi da Damasco si trovavano i mezzo a terroristi siriani" e che si è subita mossa per stabilire il cessate il fuoco da parte degli alleati siriani. Fuori dalla regione si muove anche la Nato che oggi si riunisce d'urgenza a seguito della richiesta della Turchia di avviare consultazioni sulla situazione in Siria, ai sensi dell'articolo 4 del Trattato di Washington. In base a tale articolo ogni alleato può richiedere consultazioni ogni volta che, a giudizio di uno di essi, ritenga sussistere una minaccia alla propria integrità territoriale, indipendenza politica o sicurezza.

Rifugiati diretti verso il confine greco

Rifugiati diretti verso il confine greco - Ansa

Il segretario generale dell'Alleanza, Jens Stoltenberg, aveva sollecitato una de-escalation in Siria durante un colloquio con il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu. "Sosteniamo il nostro alleato della Nato, la Turchia, e continuiamo a chiedere una sospensione immediata di questa odiosa offensiva da parte del regime di Assad, della Russia e delle forze sostenute dall'Iran", ha invece dichiarato un portavoce del Dipartimento di Stato americano.

Dalle Nazioni Unite arriva il monito che "il rischio di una maggiore escalation cresce di ora in ora" se non si interviene in Siria. Gli sfollati da Idlib sono già centinaia di migliaia. Sul campo, il portavoce della presidenza turca, Fahrettin Altun, ha comunicato che "tutte le posizioni note del regime siriano sono state prese di mira dalle unità di terra e aeree" turche "per vendicare i soldati turchi uccisi".

Un gruppo di rifugiati afghani approda sull'isola greca di Lesbo

Un gruppo di rifugiati afghani approda sull'isola greca di Lesbo - Ansa

Poche ore dopo offensiva e controffensiva, centinaia di migranti in Turchia si sono diretti verso i confini dei vicini Paesi europei approfittando del "lasciapassare" turco. La televisione di Stato Trt e l'emittente privata Ntv hanno mostrato le immagini di gruppi di alcune decine di migranti, carichi di borse, camminare lungo una strada al confine con la Grecia. L'agenzia di stampa Dha ha riferito che circa 300 migranti siriani, iracheni e iraniani sono arrivati nella provincia di Edirne, al confine con la Grecia.

Secondo il quotidiano Sabah, vicino all'esecutivo turco, la decisione di "aprire le porte" è stata presa ieri notte durante un consiglio di sicurezza straordinario presieduto dal capo dello Stato, Recep Tayyip Erdogan. Al momento la decisione non viene confermata da fonti ufficiali turche. Ma il portavoce del partito del presidente, l'Akp, ha dichiarato che la Turchia "non è più in grado di trattenere" i migranti che vorrebbero andare in Europa, sottolineando tuttavia che la politica migratoria di Ankara "non è cambiata".
"L'Unione Europea ha solo una cosa da fare: vedere come può aiutare la Turchia", ha aggiunto Omer Celik, che chiede "azioni concrete". In passato, Ankara aveva più volte minacciato di "aprire le porte" dell'Europa ai migranti.

La ritorsione turca spaventa l'Europa. I poliziotti greci hanno respinto centinaia di migranti alla frontiera con la Turchia, chiudendo il valico con la Turchia a Kastanies Evros. In zona sono arrivati i rinforzi di polizia e sono stati lanciati gas lacrimogeni contro un gruppo composto anche da donne e bambini che stavano attraversando a piedi il confine. Lo riferisce l'inviata sul posto della Cnn Turchia.

Anche la Bulgaria ha rafforzato i controlli al confine.

Si può stimare nell'ordine delle diverse migliaia il numero di migranti che si sono messi immediatamente in moto in seguito all'annuncio dato nella tarda serata di ieri.

Nel 2019 sono stati 440 mila i migranti irregolari fermati in Turchia lungo la rotta che porta verso i confini dell'Unione Europea. Nel 2018 furono 268 mila. Nel 2020 sono stati fino ad ora fermati circa 1.800 migranti a settimana, tutti bloccati nel tentativo di attraversare i confine verso l'Ue. La mobilitazione scattata con l'annuncio della riapertura del confine ha spinto i migranti verso le due rotte principali che portano all'Europa: la prima parte dalle località della costa egea della Turchia, situate a poche miglia nautiche dalle isole greche e costituisce la rotta verso i confini dell'Ue più trafficata nella stagione estiva. I movimenti più significativi sono avvenuti però verso il confine terrestre di Edirne con la Grecia, segnato dal fiume Evros, che traccia anche il confine con la Bulgaria. Si tratta principalmente di mediorentali provenienti da Siria, Iraq e Palestina, nordafricani di Egitto, Libia e Marocco, africani provenienti da Nigeria, Congo, Guinea e tanti in fuga da Afghanistan, Pakistan e Bangladesh.

In primo piano i movimenti dei siriani, per molti dei quali la prospettiva di un passaggio verso l'Europa e i connazionali partiti negli scorsi anni, è ancora attraente nonostante siano ormai registrati in Turchia. Difficile pensare che Ankara ponga in essere una campagna per cacciare deliberatamente i siriani, la cui presenza è ormai consolidata nel Paese nell'ordine di quasi quattro milioni di persone. A questi si aggiungono i profughi di Idlib. Circa un milione di persone preme al confine turco nell'indifferenza generale nonostante i ripetuti appelli di Ankara negli ultimi tre mesi. Secondo le Nazioni Unite sarebbero più di 2 milioni e mezzo i civili a rischio fuga dall'area. Numeri più che sufficienti a immaginare la creazione di un flusso enorme di profughi in fuga verso l'Europa quando inizierà il passaggio attraverso la Turchia. Oltre ai siriani e iracheni, numeri enormi sono quelli che riguardano soprattutto gli afgani, che tentano di passare il confine orientale della Turchia con l'Iran per poi attraversare il Paese fino alle coste dell'Egeo. Con il coronavirus che dilaga nella repubblica Islamica il confine è però blindato, limitando, perlomeno nel medio termine, il passaggio ai soli migranti che giunti da est negli scorsi mesi, si trovino già in Turchia.


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