
Una unità di artiglieria israeliana in azione sul confine con la Striscia di Gaza - Reuters
L'annuncio e la conferma di una possibile tregua fanno esultare. Abbiamo continuato a sperare e a pregare contro ogni speranza. Vedere la gente di Gaza sorridere anche in condizioni difficili, vedere i parenti degli ostaggi con lo sguardo più sereno è già un segno forte di speranza. È un inizio che fa sperare in altri passi sulla strada della pace. Dopo questo primo passo, l'impegno a proseguire deve essere mantenuto e rispettato. Non è possibile, anche per gli animi più duri, essere insensibili davanti alle atrocità della guerra. Da tanto tempo chiedevamo pace e abbiamo sentito voci che parlavano di pace ma non sentivamo il coraggio di essere pace perché mentre si parlava e si dialogava, a Gaza si continuava a morire, gli ostaggi non tornavano a casa e giovani soldati perdevano la vita in una guerra assurda.

Padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa - Vatican Media
Da domenica 19 gennaio 2025, dopo più di 15 mesi di guerra, torniamo a sperare, torniamo a respirare. È un respiro leggero ma vitale. Il popolo palestinese e il popolo israeliano sono in guerra da troppo tempo, già prima del 7 ottobre 2023 questi popoli non hanno respirato l'aria della riconciliazione e della convivenza pacifica. Chi li governa deve anche rispondere a conflitti interni e alle logiche perverse del potere. È una situazione trasversale che riguarda i governi e che si riversa sulle persone, sulle società civili, sugli innocenti, su chi non vuole la guerra, su chi la subisce.
L'accordo si regge su fragili equilibri e su numeri che oscillano ma è un inizio, non ha basi molto solide ma si sono fermate le armi ed è già molto. In questo accordo però non ho letto di cura e attenzione alle persone, non ho letto nulla riguardo al rispetto della vita. Soprattutto non ho sentito il coraggio del perdono. Chi ha il potere di decidere i tempi della guerra, senta forte il coraggio di partire dal perdono per arrivare ad una possibile stabilità di pace, senta il coraggio di insegnare il perdono, di contagiare e di contagiarsi con il perdono. Papa Francesco il giorno di Natale ha detto parole forti rivolgendosi al mondo durante la Benedizione Urbi et Orbi. "Tacciano le armi! Non abbiate paura!" Come San Giovanni Paolo II, il Santo Padre visibilmente provato e sofferente, ci chiede di agire senza paura. Rispettando il dolore reciproco, il perdono è il vero inizio per ricominciare a sperare. Coraggio!