venerdì 20 maggio 2022
Il sequestro è avvenuto a est della capitale Bamako, in una zona ad alta concentrazione di jihadisti. Con loro sequestrato anche un uomo del Togo
Una manifestazione a Bamako, in un'immagine d'archivio

Una manifestazione a Bamako, in un'immagine d'archivio - Ansa

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Tre italiani e un togolese sono stati rapiti da un gruppo di sospetti jihadisti nella regione di Sikasso, nel sud-est del Mali. Le autorità italiane hanno confermato che stanno seguendo da vicino lo sviluppo dei fatti. «In relazione alla notizia apparsa su taluni organi di stampa relativa al sequestro in Mali di tre cittadini italiani – si legge in una nota di ieri della Farnesina –, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sta seguendo in prima persona l’evolversi della vicenda».

Secondo diverse fonti si tratta di un testimone di Geova di circa 40 anni, chiamato Giovanni, in Mali da diversi anni, e dei suoi genitori pensionati, di 60 anni, Rocco Langone e la moglie Donatella di Potenza, che l’avevano raggiunto di recente. L’uomo togolese invece non è apparentemente un testimone di Geova. «Per il momento non abbiamo notizie ufficiali», ha dichiarato ad Avvenire un addetto alla comunicazione presso il centro dei testimoni di Geova presente nella capitale senegalese, Dakar.

«Stiamo anche noi portando avanti le nostre investigazioni e appena sapremo qualcosa pubblicheremo un comunicato. Per quello che sappiamo – ha continuato a spiegare la fonte che preferisce rimanere anonima –, da circa un anno non abbiamo testimoni di Geova inviati da noi, ma ce ne sono ancora in Mali». Il sequestro è avvenuto giovedì notte in una località della regione di Sikasso, a circa 300 chilometri dalla capitale maliana, Bamako, e vicino al confine con il Burkina Faso.

«Ieri sera uomini armati a bordo di un veicolo hanno rapito tre italiani e un togolese – hanno confermato fonti della stampa locale –. Sono stati presi nella località di Sincina, vicino a Koutiala». In quella zona ci sono gruppi armati, jihadisti e criminali, che attraversano le frontiere tra Mali, Burkina Faso e Costa d’Avorio, senza alcun controllo per fare ogni sorta di traffici.

Gran parte della regione centro-settentrionale del Mali è invece occupata da varie organizzazioni di militanti islamici, tra cui il Gruppo per il sostegno all’Islam e ai musulmani (Gsim). Noto soprattutto per i sequestri, il Gsim era nato nel 2017 tramite l’unione tra Ansar al-Din, al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), al-Mourabitoun e Katibat Macina. Il Gsim è stato in parte responsabile anche dei rapimenti di altri tre italiani: il missionario padre Gigi Maccalli, e i turisti Nicola Chiacchio e Luca Tacchetto, tutti liberati nel 2020. È però la prima volta che un rapimento avviene nel sud-est del territorio maliano.

«Anche se la situazione in quell’area sembrava piuttosto tranquilla – ha confermato un’altra fonte dei testimoni di Geova –, i rapiti italiani utilizzavano dei nomi locali».

In Mali c’è uno dei conflitti civili dimenticati dalla stampa, specialmente da quando le autorità locali hanno espulso i diplomatici, la stampa, e i militari francesi di recente. Dopo l’alleanza con i russi iniziata poco prima del colpo di Stato nell’agosto del 2020, il Global terrorism index (Gti) stima che «il Paese ha registrato nel 2021 il più alto numero di attacchi terroristici e morti dal colpo di Stato del 2012 – riferisce il rapporto del Gti –. Gli attentati e le vittime sono aumentati rispettivamente del 56 e del 46 per cento rispetto al 2020».

Le autorità a Bamako sono sostenute dai militari privati della società russa Wagner. Ma da quando è iniziata la guerra in Ucraina, apparentemente, il numero di soldati russi in Mali si è ridotto notevolmente. Il sud del Paese saheliano potrebbe quindi diventare la nuova meta dell’avanzata jihadista.

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