martedì 27 giugno 2017
Pechino si trova assieme ad altri 23 Paesi al livello più basso: tra questi l'Iran, la Corea del Nord, la Siria. E ora rischia sanzioni da Washington
Un gruppo di migranti liberati dalla polizia cinese

Un gruppo di migranti liberati dalla polizia cinese

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Gli Stati Uniti hanno declassato la Cina nella lista dei Paesi che sostengono il traffico di esseri umani e il lavoro forzato al livello più basso, il terzo (Tier 3), insieme a Paesi come Iran, Corea del Nord, Siria, Venezuela e Russia: l'anno scorso il Paese si trovava al livello 2 (Tier 2) ma sotto osservazione. La decisione potrebbe far precipitare le relazioni tra i due Paesi dopo che il presidente americano, Donald Trump, aveva cercato di ricucire i rapporti dopo un inizio burrascoso su questo fronte della sua presidenza.
Lo si legge nel rapporto annuale compilato dall'Office of Monitor and Combat Trafficking in Persons del dipartimento di Stato.

Rischio sanzioni

Il terzo livello - il peggiore - potrebbe portare a sanzioni e alla limitazione di agli aiuti americani e internazionali. Per fare un paragone, l'Italia si trova al primo livello, con cui si definiscono i Paesi che soddisfano totalmente gli standard e applicano leggi restrittive per combattere il traffico di esseri umani e i lo sfruttamento schiavistico del lavoro . «Il governo della Cina non raggiunge al completo gli standard minimi per eliminare il traffico e non fa sforzi significativi per migliorare», si legge nel rapporto sul sito del dipartimento di Stato. Il segretario di Stato, Rex Tillerson sostiene in una nota che «il traffico di esseri umani è una minaccia alla sicurezza pubblica e a quella nazionale. Ma ancora peggio, questo crimine ruba agli esseri umani la loro libertà e la loro dignità». La Cina si trova in una lista insieme ad altri 23 Paesi, che hanno gli standard più bassi nella lotta contro questo problema. Nel rapporto si sottolinea come Pechino non rispetti la minoranza musulmana degli uiguri, obbligandola a lavori forzati. Allo stesso tempo continua il rimpatrio forzato dei profughi nordcoreani senza controllare se si tratti di vittime di traffico di esseri umani.

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