giovedì 25 maggio 2023
L'ufficio nazionale di statistica conferma il trend della differenza tra arrivi e partenze: doppia in assoluto rispetto a quella registrata nel 2016 alla vigilia del referendum sull’addio all’Ue
Brexit non ferma le immigrazioni: aumentano di 600mila persone

Ansa

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Poco meglio del previsto ma pur sempre alto. E’ il saldo migratorio del Regno Unito certificato ieri dall’Ufficio nazionale di statistica (Ons). I dati relativi al 2022 segnalano che la differenza tra ingressi e uscite dal Paese è di più di 600mila persone. Non 800mila come previsto la scorsa settimana. Resta il fatto che nell’era post Brexit la portata dell’immigrazione netta è in crescita di almeno 100mila unità rispetto all’anno precedente. Doppia in termini assoluti rispetto a quella registrata nel 2016 alla vigilia del referendum sull’addio all’Unione Europea. Fenomeno scomodo per il governo di Rishi Sunak che a ottobre scorso, appena arrivato a Downing Street, si era impegnato a ridurla entro l’ordine delle decine di migliaia. Promessa fatta (e non mantenuta) anche da altri premier conservatori come David Cameron e Theresa May.

L’immigrazione netta è calcolata sottraendo il numero di emigrati (557mila) a quello degli immigrati (1,2 milioni). A far aumentare gli arrivi non sono stati gli europei, frenati dalla Brexit a trasferirsi Oltremanica, ma cittadini di Paesi extra-Ue. Tra questi ci sono circa 361mila studenti con famiglie al seguito, 235mila lavoratori, 172mila persone riconducibili a emergenze umanitarie e 76mila richiedenti asilo.

Come sottolineato da Jay Lindop, dirigente dell’Ons, l’incidenza dei visti concessi, per esempio, a chi è fuggito da Ucraina, Hong Kong e Afghanistan è legata, a una “congiuntura internazionale senza precedenti”. Ma è pur sempre parziale. Ciò che pesa in modo consistente sono quelli concessi agli universitari e ai lavoratori specializzati. Londra non può fare a meno di questi ultimi proprio a causa della Brexit che ha drenato sul continente (e continua ancora a farlo) forza lavoro specializzata di cui adesso ha disperato bisogno. Gli esperti sottolineano che fino a quando sarà possibile reclutare all’estero personale a buon prezzo le aziende continueranno a rimandare l’attrazione e la formazione di cittadini britannici.

Il premier britannico Rishi Sunak

Il premier britannico Rishi Sunak - Ansa

Il premier Sunak ha negato, come insinuato dall’opposizione laburista, che la situazione è fuori controllo. Ma ha però ammesso: “I numeri sono troppo alti, non possono essere più chiari, ma io voglio abbassarli”. Come? Il ministro degli Interni, Suella Braverman, ha presentato martedì al Parlamento una legge per limitare l’ingresso dei parenti al seguito degli universitari. Le nazionalità non europee più rappresentate nei campus e negli atenei britannici sono, nell’ordine, quelle di Nigeria, India, Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka. La proposta della titolare dell’Home Office, di origine indiana proprio come Sunak, è concedere il ricongiungimento solo a chi è iscritto a master o dottorati di ricerca. Scelta che penalizzerebbe in particolare le donne. Tra le fila dei Tory cresce intanto l’urgenza di fare di più. E in fretta. Sull’immigrazione i conservatori si giocano gran parte della sfida che li attende l’anno prossimo alle elezioni generali.

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