mercoledì 16 settembre 2020
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, in contatto con Mosca e Dubai, promette una «azione corale» del governo italiano. Intanto si diffondono voci di dimissioni del premier di Tripoli al-Sarraj
Due pescherecci italiani nelle acque internazionali vicine al confine tra Libia e Tunisia

Due pescherecci italiani nelle acque internazionali vicine al confine tra Libia e Tunisia - Ansa

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L’intricata matassa libica, con una raffica di dimissioni date o annunciate tra Tripoli e Bengasi, si interseca sempre più con quella dei 18 pescatori siciliani ormai segregati da due settimane a Bengasi, prigioniere delle milizie di Khalifa Haftar. Fayez al-Sarraj, premier del governo di Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale, secondo alcune indiscrezioni sarebbe intenzionato a dimettersi. Sarraj, precisa Bloomberg, potrebbe formalizzare le sue dimissioni alla fine di questa settimana per poi mantenere l’incarico ad interim fino ai colloqui a Ginevra previsti per il mese prossimo. Una mossa per alleggerire le pressioni dovute alle crescenti proteste popolari e per favorire un’intesa tra il governo di Tripoli e le autorità della Cirenaica per giungere alla composizione di un Consiglio presidenziale in grado di riunire tutte le parti e indire nuove elezioni.

Una prospettiva che rende ancora più complessa la trattativa della Farnesina per i pescatori di Mazara del Vallo nelle mani dei libici: afferma che il caso è complesso, chiede aiuto ai Paesi amici di Khalifa Haftar e annuncia un vertice di governo. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha sentito oggi le famiglie, il sindaco di Mazara del Vallo e gli armatori a cui ha assicurato che il pressing della Farnesina è «senza sosta». Di Maio, dopo aver parlato con il suo omologo degli Emirati arabi uniti, ha contattato il ministro degli Esteri russo, Sergeij Lavrov, entrambi molto influenti a Bengasi.

«L’azione deve essere corale », ha affermato Di Maio ai familiari dei pescatori e al sindaco di Mazara, precisando loro «il grado di complessità della situazione e dei tempi». A breve la questione sarà affrontato da un vertice di governo. La vicenda è diventata un caso diplomatico dal 4 settembre scorso, quando il Libyan Address Journal, legato al maresciallo Khalifa Haftar, ha sottolinea che i 18 pescatori (italiani e tunisini) «non saranno rilasciati finché l’Italia non farà altrettanto con quattro calciatori libici». Si tratta di 4 ex calciatori partiti da Bengasi nel 2015 e condannati a 20 e 30 anni di carcere e accusati di essere trafficanti di migranti. Secondo la loro difesa e i parenti dei giovani libici si tratta di un errore giudiziario perché sono solo «calciatori in cerca di fortuna».


La Libia, a partire dal 2005, ha dichiarato la sussistenza di diritti esclusivi di pesca su un’area di mare estesa fino a 74 miglia dalla propria costa e dalla linea che chiude idealmente il golfo della Sirte.
Da allora le autorità libiche applicano in maniera rigida sanzioni nei confronti delle imbarcazioni straniere in quell’area di mare: spesso pescherecci stranieri vengono sequestrati.


La richiesta libica, poco dopo la visita di Luigi Di Maio a Tripoli e a Tobruk, non viene subito presa in considerazione perché a formularla non è una fonte ufficiale di Bengasi, ma con il passare dei giorni la questione si chiarisce e perfeziona nei contatti tra Roma e Bengasi. Intanto il governo dell’est guidato da al-Thani si è dimesso nelle mani del presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh. La presa di posizione di Di Maio è giunta dopo le accuse da parte di Matteo Salvini di aver abbandonato i familiari dei pescatori di Mazara del Vallo.

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