mercoledì 27 luglio 2016
​Il 28 luglio 2013 il gesuita veniva rapito a Raqqa. Era tornato lì, prima che diventasse la roccaforte del Daesh, per una «difficile mediazione». Da allora non si hanno più notizie.
Padre Dall'Oglio, tre anni di silenzio
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Era voluto tornare a Raqqa quel 27 luglio di tre anni fa per una non meglio precisata “difficile mediazione”. Era il secondo ingresso clandestino nella sua Siria, il primo a febbraio del 2013, dopo che nel giugno del 2012 il regime lo aveva espulso come fiancheggiatore della rivoluzione. Da quel giorno l’angoscia di vedere la Siria sprofondare nell’indifferenza nella guerra civile toglieva sonno e salute al gesuita romano, fondatore della comunità monastica di Mar Musa e impegnato da oltre tre decenni nel dialogo islamo-cristiano: “Questo è il numero di telefono dei miei, dovesse succedere qualcosa” diceva prima di partire ad amici. Una schiva consegna, quasi un passaggio di testimone: sapeva di rischiare la vita, ma come aveva descritto nel suo ultimo libro “Collera e luce”, il dovere morale di essere a fianco del suo popolo, di non godersi il giusto esilio dell’esule mentre la popolazione iniziava ad essere triturata da quella che ora, sappiamo tutti, è la più grande crisi umanitaria dalla fine della seconda guerra mondiale, gli imponeva di esserci.

Le ultime immagini di una tv locale ritraggono il gesuita a Raqqa la sera del 27 luglio che fa un discorso improvvisato a dei giovani che lo salutano con la bandiera della rivoluzione siriana. Poco prima, con un sms, aveva confermato di essere giunto a destinazione, mentre su Facebook indicava che sarebbe scomparso per un paio di giorni. La notte fra il 27 e il 28, secondo le ricostruzioni più ricorrenti, sarebbe stato prelevato a Raqqa da un gruppo di jihadisti. Da quella notte si sono persi i contatti. La drammatica notizia del sequestro, il 28 luglio di tre anni fa, era appena addolcita dalla speranza, presto svanita, che in poche ore al termine della “mediazione”, ricomparisse in città. Da allora, invece, il silenzio, solo scalfito da voci non verificabili, spesso opera di sciacalli che si offrivano per improbabili mediazioni: forse caduto in mano ai jihadisti ancora prima che Raqqa divenisse la roccaforte del Daesh, forse venduto a predoni comuni, forse in mano ai servizi segreti siriani di cui, per il suo aperto sostegno all’opposizione anti Assad, padre Paolo Dall’Oglio sapeva di essere un bersaglio prescelto.

Nel doloroso silenzio, tre anni dopo, oltre al luimicino di una speranza tenuta viva dalla sua comunità di Mar Musa e dai tanti conoscenti ed estimatori in Medio Oriente e in Europa, resta il suo impegno per il dialogo religioso e il sogno di una Siria libera da dittatura, fanatismo e violenza.

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