
Donne in lacrime sui corpi delle vittime di un bombardamento a Gaza - Ansa
Nessun accordo sul cessate il fuoco a Gaza è possibile se non porta alla «fine della guerra» e al «ritiro delle forze israeliane» dalla Striscia. «Gli accordi parziali vengono utilizzati da Netanyahu come copertura per il suo progetto politico» affermava l’altra notte in diretta tv Khalil al-Hayya, capo negoziatore di Hamas. Netanyahu, prosegue al-Hayya, ha imposto «condizioni impossibili», mentre per al-Hayya esiste un «diritto naturale» di Hamas a continuare a possedere armi. Quanto basta perché, poco dopo, il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich chiedesse di «aprire le porte dell’inferno ad Hamas».
Negoziato che – dopo che il 18 marzo Israele ha ripreso i raid su Gaza – sembra essere sul punto di rottura, ma non è ancora del tutto interrotto. Il segnale, tenue, di una trattativa ancora in corso viene dai mediatori: non c'è ancora alcuna risposta ufficiale alla proposta di cessate il fuoco di Israele fa sapere un funzionario israeliano. Il futuro di Gaza, ribadisce la fonte, «potrà essere definito solo dopo l'eliminazione di Hamas» sia «militare» che «civile». Hamas, sempre con Khalil al-Hayya, chiede invece «pressioni» della comunità internazionale per porre fine al «blocco ingiusto» della Striscia di Gaza. Una svolta, ma non si sa in quale direzione, potrebbe venire dalle «dichiarazioni speciali» preannunciate per domani sera dal premier Benjamin Netanyahu.
Un muro contro muro che sembra insuperabile, mentre il segnale più concreto che si tratta viene da Parigi. Il capo negoziatore degli ostaggi e il capo del Mossad israeliano, fa sapere Axios, hanno incontrato l'inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff prima dei colloqui sul nucleare tra Stati Uniti e Iran di oggi a Roma. Un’occasione per fare il punto non solo sul dossier nucleare iraniano, ma anche sulla trattativa per il futuro di Gaza. Mentre si cercano soluzioni che possano rompere lo stallo negoziale, a proseguire senza sosta sono gli scontri sul terreno. Sono 47, secondo la Sanità di Hamas, i palestinesi uccisi negli attacchi dell’esercito israeliano nelle ultime 24 ore. Secondo il quotidiano saudita al-Arabiya, almeno undici persone sarebbero state uccise nella notte da attacchi dell'aeronautica militare israeliana nella Striscia di Gaza settentrionale. Almeno 10 le persone che hanno perso la vita a Bani Suheila, vicino a Khan Yunis, nel centro della Striscia.
Queste vittime si vanno ad aggiungere ai 1.500 morti da quando il 18 marzo la tregua è stata interrotta. L’esercito israeliano ha confermato ieri di aver colpito, nella Striscia di Gaza, 40 obiettivi di Hamas solo nelle ultime 24 ore.
Giovedì sera due giovani palestinesi sono stati uccisi da colpi d'arma da fuoco sparati da soldati israeliani, dopo che avevano lanciato pietre contro veicoli in transito. Le vittime, ha riferito il ministero della Sanità di Ramallah, sono un diciassettenne e un diciannovenne, colpiti ieri sera nei pressi della cittadina di Osarin, nel nord della Cisgiordania. L’esercito israeliano ha dichiarato che due dei tre giovani autori del lancio di pietre sono stati «eliminati», mentre il terzo è rimasto ferito a un ginocchio. I militari hanno giustificato l’uso delle armi sostenendo che i tre rappresentavano un pericolo per i veicoli in transito, su strade utilizzate anche da coloni israeliani. L’agenzia palestinese Wafa ha riferito che i due giovani sono stati uccisi durante un’operazione militare a Osarin, dove le forze israeliane sarebbero entrate con un «fuoco intenso, innescando scontri con i residenti».
Infine, sul piano interno a Israele, lo staff di Netanyahu ha annunciato una «dichiarazione speciale» questa sera alla fine dello Shabbah. Secondo fonti di Haaretz sarà una questione politica «principalmente su Gaza», ma non non riguarderà un accordo sugli ostaggi o per un cessate il fuoco.