domenica 8 marzo 2015
​Firmato da 125 vescovi l'appello di Focsiv. Ong cattoliche in campo per una legge Ue che vieti di utilizzare i materiali estratti nel Congo dai gruppi armati / VIDEO. FIRMA 
LA SCHEDA Africa, Asia e America Latina: ecco il business
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Come essere mercanti di morte senza saperlo? Semplice: basta entrare in un centro commerciale e comprare un telefonino, un pc portatile o un prezioso in gioielleria. Complici inconsapevoli, ma non per questo meno decisivi nel finanziare «gruppi armati, forze militari e di polizia che commettono gravi violazioni dei diritti umani, invece di contribuire allo sviluppo delle persone».  Sono già 125 i vescovi di 35 Paesi del mondo che hanno sottoscritto l’appello del Cidse – coordinamento di 17 organizzazioni cattoliche di Europa e Nord America – proposto in Italia da Focsiv (Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario), per porre fine all’uso dei «minerali di guerra» nei prodotti di consumo. Al via da lunedì, con un video e lancio sui social media, la campagna promossa da “Focsiv-Cidse”, dall’organizzazione belga “Giustizia e Pace” e da ”Eu-lac”. 
«Alcune compagnie europee si stanno rendendo complici dei conflitti e dei loro abusi, e la situazione e ormai diventata intollerabile. Gli Stati europei hanno il preciso dovere di fare ogni sforzo per assicurare condizioni di pace non solo entro i propri confini, ma in tutto il mondo», si legge nell’appello sottoscritto in Italia da mons. Domenico Cancian, vescovo di Città di Castello, mons. Rosario Gisana, vescovo di Piazza Armerina, mons. Paolo Giulietti, vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve, dal cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone. La Commissione Europea nel marzo 2014 ha proposto una normativa comune per realizzare «una strategia responsabile per il commercio di minerali provenienti dalle zone di guerra» che «ponga fine all’uso dei profitti delle miniere per il finanziamento di conflitti armati». Un primo passo accolto «favorevolmente» da Focsiv-Cidse , ma ora è necessario proseguire per stabilire «regole ambiziose e vincolanti» per una «gestione responsabile» delle forniture provenienti da «zone ad alto rischio o di guerra».  La prossima settimana il passaggio decisivo alla Commissione commercio di Strasburgo, mentre la discussione in seduta plenaria sarà in aprile. Obiettivo della campagna, con una intensa azione di lobby sugli europarlamentari, è di rendere la dichiarazione sui metalli di guerra vincolante e non solamente volontaria e comprensiva di un maggior numero di minerali. La normativa proposta dalla Commissione Europea riguarda solo 5 minerali riferibili alla Repubblica Democratica del Congo, mentre fenomeni del tutto simili riguardano l’America latina (Colombia, Ecuador, Perù) dove il commercio di minerali avvantaggia il narcotraffico.  «L’intento è di estendere il provvedimento a tutte le imprese che commerciano all’ingrosso e al dettaglio questi prodotti con minerali di guerra, e non alle sole 480 aziende nell’Ue che fondono o raffinano questi minerali», afferma Andrea Stocchiero, responsabile dei rapporti istituzionali di Focsiv. L’obiettivo è un registro di certificazione delle aziende con «costi di adeguamento assolutamente sostenibili e verso cui si sta già muovendo il mercato». Il modello è la legge statunitense Donald Frank del 2010 che rende obbligatorio per le aziende Usa verificare che i minerali utilizzati non abbiano finanziato gruppi armati della Repubblica democratica del Congo e di altri nove Paesi confinanti.
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