domenica 25 marzo 2018
L'appello di Rebecca Sharibu, madre dell'unica ragazza rapita a Dapchi ancora nelle mani degli islamisti di Boko Haram perché ha rifiutato di abiurare. Le altre 104 sono state già liberate
La ragazze liberate da Boko Haram con il presidente nigeriano Buhari (Ansa)

La ragazze liberate da Boko Haram con il presidente nigeriano Buhari (Ansa)

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«Vi prego, liberate mia figlia, lei non può convertirsi a una religione che non conosce». È questo l’appello disperato di Rebecca Sharibu, madre di Leah, l’unica ragazza cristiana rapita il 19 febbraio da Boko Haram nel collegio di Dapchi, nel nord-est della Nigeria, insieme ad oltre 100 studentesse.

La signora parla alla stampa con le lacrime agli occhi. Vuole che i ribelli jihadisti e il governo si impegnino a far ritornare la sua bambina a casa. «Mi hanno detto che mia figlia è stata bloccata all’ultimo momento dai militanti islamici», spiega la donna mentre mostra una foto della ragazza di 15 anni.

«Il mio cuore si è infranto quando mercoledì i miei occhi non hanno visto Leah tra le liceali liberate. I ribelli volevano che recitasse alcuni versi del Corano – continua la madre –, ma lei non li sa. Per questo non l’hanno fatta scendere dai loro veicoli».

Le compagne di Leah hanno raccontato la sua drammatica situazione alle autorità e alla madre, la quale è subito svenuta nel centro d’accoglienza dove erano state raggruppate le 104 studentesse rilasciate. «Stavo tornando a casa da un viaggio quando ho sentito della liberazione di tutte le ragazze a parte Leah – ha raccontato invece il padre –. Mi sono rattristito ancora di più quando mi hanno detto che mia moglie aveva perso conoscenza ed era ricoverata in ospedale». I genitori descrivono la figlia come «una ragazza silenziosa e obbediente che aiuta sempre in casa».

Il presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, ha incontrato venerdì 23 marzo le studentesse liberate per l’usuale foto di gruppo, simile a quella scattata l’anno scorso con decine di ragazze che erano state rapite nel 2014 a Chibok e successivamente tornate in libertà. Le autorità federali e dello Stato hanno detto che «nessun riscatto è stato pagato e nessun prigioniero jihadista è stato liberato in cambio delle ragazze rapite».

Sono comunque molte le voci scettiche riguardo a tale sequestro, come quella del governatore di Yobe, lo Stato federale in cui è situata Dapchi. «È strano che l’attacco al collegio – ha sottolineato Ibrahim Gaidam – sia avvenuto una settimana dopo che i militari avevano abbandonato l’area». Secondo gli esperti, «questi sequestri avvengono a causa dell’alto livello di corruzione tra i diversi attori». Il leader nigeriano, malato da diverso tempo, sta dimostrando infatti la sua incapacità nel gestire governo e esercito, entrambi accusati di complicità nei rapimenti.

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