venerdì 5 aprile 2024
Otto presunti agenti dei servizi segreti israeliani sono stati arrestati a Istanbul, nell'ambito dell'operazione "Talpa 3". È la quarta retata condotta dall'antispionaggio turco dal 7 ottobre
Unità dell'esercito israeliano in azione

Unità dell'esercito israeliano in azione - ANSA

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È un dei anti “fronti” aperti, che scorrono sotterranei accanto e dentro la guerra in Medio Oriente. E che rendono la situazione sempre più esplosiva. Otto presunti agenti dei servizi segreti israeliani sono stati arrestati oggi a Istanbul, nell'ambito dell'operazione "Talpa 3". Si tratta della quarta operazione condotta dall'antispionaggio turco nei confronti di presunti elementi del Mossad attivi in Turchia dal 7 ottobre, data di inizio del conflitto in Medio Oriente. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva assicurato “tolleranza zero” nei confronti di elementi dei servizi segreti israeliani operativi sul suolo del proprio Paese. Parole cui sono seguiti i fatti, prima di oggi altri 14 sospetti erano stati arrestati in due diverse operazioni, mentre lo scorso dicembre furono ben 34 i sospetti agenti israeliani a essere arrestati. In base a quanto reso noto dalle forze di sicurezza di Ankara, i sospetti finiti nella rete delle indagini sono cittadini turchi o stranieri, mai israeliani, cui il Mossad fornisce un addestramento spesso in Paesi dell'est Europa e che poi retribuisce in contanti, criptovalute o attraverso conti esteri.
L'accusa, per tutti i presunti agenti finiti in manette in questi mesi, è di vendere al Mossad informazioni riguardanti cittadini palestinesi, che vengono seguiti, pedinati, avvicinati. La raccolta di informazioni riguarda anche attività commerciali in mano a cittadini palestinesi. I dettagli dell'operazione delle forze turche sono rimasti a lungo nel silenzio e solo recentemente hanno iniziato a essere svelati. Israele per anni ha reclutato e addestrato cittadini stranieri, quasi tutti provenienti da Paesi del Medio Oriente, per seguire, scattare foto e raccogliere informazioni e minacciare dissidenti e civili palestinesi residenti in Turchia.
Fonti anonime del Mit hanno dichiarato ai media turchi che sono due i profili su cui si concentra il controspionaggio turco: spie residenti in Turchia cui vengono assegnati compiti di routine e operativi che giungono nel Paese dove si fermano per un lasso limitato di tempo con compiti specifici. In base a quanto reso noto dai media locali, che citano una fonte interna ai servizi di sicurezza turchi, le attività di spionaggio sono divenute più intense a partire dal 7 ottobre e il flusso di informazioni verso una divisione chiamata "Centro operativo servizio intelligence" è aumentato notevolmente a partire dalla medesima data. Un incremento delle attivitò che ha consentito di individuare diversi agenti israeliani. I casi piu' eclatanti riguardano l'arresto il mese scorso, di Hamza Turan Ayberk, ex commissario di polizia, poi divenuto investigatore privato e personaggio Tv esperto di sicurezza. L'uomo ha ripetutamente utilizzato il proprio ufficio, i propri mezzi da investigatore e coinvolto anche i propri collaboratori in attività di pedinamento e posizionamento di spyware e cimici, senza però mai svelare che proprio il Mossad era il destinatario della raccolta di informazioni. Ayberk nel 2019 era volato in Serbia, a Belgrado, dove aveva ricevuto un addestramento da parte di agenti israeliani. Il salvataggio piu' simile a quello di un film di spie ebbe però luogo in Malesia, Paese dove l'hacker palestinese Omar A., residente in Turchia e da tempo nel mirino di Israele, si reco' in vacanza nel settembre 2022.
Una scelta imprudente secondo i servizi turchi, che decisero di installare un software per tracciare Omar attraverso il telefono. Pochi giorni dopo l'arrivo nella capitale Kuala Lumpur il giovane hacker fu preso dagli agenti del Mossad, che lo portarono in un luogo abbandonato a 50 chilometri dalla capitale. In base a quanto poi rivelato da media vicini al governo, gli agenti israeliani interrogarono e torturarono Omar, chiedendogli di rivelare dettagli sugli attacchi informatici sferrati contro il sistema di difesa israeliano Iron Dome negli anni precedenti. Sempre secondo i media turchi, all'interrogatorio assistettero esponenti del Mossad, in collegamento video da Tel Aviv. Accortisi del rapimento gli uomini del Mit intervennero. In un primo momento Ankara si mise in contatto con i servizi di sicurezza malesi, intanto il Mit, grazie al software installato nel telefono, riuscì a geolocalizzare rapito e rapitori. Una volta comunicata la posizione alle autorità di Kuala Lumpur entrarono in azione le forze speciali malesi. L'hacker fu liberato e 11 elementi del Mossad arrestati. Omar fece rientro in Turchia, dove ad attenderlo c'erano uomini del Mit che lo sistemarono in una casa dove sarebbe stato al sicuro. Sempre i media turchi riportano che le attenzioni dell'intelligence di Ankara sono al momento concentrate su un uomo il cui nome in codice è MZ, ritenuto una ex guardia del corpo di Khaled Meshal, uno dei leader politici di Hamas che spesso si trova in Turchia. MZ non è stato arrestato e i servizi turchi sono sulle sue tracce.


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