venerdì 24 gennaio 2025
In "Suprema ingiustizia" Matteo Muzio compie un lungo viaggio di analisi tra le sentenze, i precedenti storici, e gli errori delle diverse Amministrazioni fino a Trump
La Corte Suprema americana a Washington

La Corte Suprema americana a Washington - Ansa

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Da istituzione fondamentale nella difesa dei diritti civili e le libertà fondamentali, a centro del potere conservatore, quasi una quinta colonna, che, però, riflette le dinamiche e le tensioni del suo tempo. Sta di fatto che oggi la Corte Suprema americana ha perso quell’equidistanza che l’ha caratterizzata per decenni, diventando uno “strumento pericoloso" nelle mani del presidente Trump”. Almeno così la pensa Matteo Muzio: una opinione che sviluppa passo per passo nel suo libro ‘Suprema Ingiustizia’ (Ledizioni, 2024). Un lungo viaggio fatto di sentenze, precedenti storici, errori delle diverse amministrazioni, che portano passo dopo passo, la lenta metamorfosi di quella che i Padri Fondatori, doveva essere al di sopra della politica e impegnata a difendere la Costituzione e i principi democratici del Paese.

Una trasformazione – secondo l’autore - che è possibile attribuire soprattutto a due soggetti. Il primo è la Federalista Society, un’associazione di giovani studenti, nata nelle università dove imperversava il punto di vista democratico e progressista, portando un’interpretazione positivista della legge. Il secondo è il senatore repubblicano del Kentucky, Mitch McConnell, che per primo ha intuito le potenzialità di questa interpretazione giuridica e quanto questa potesse essere potesse essere utile non solo nelle aule universitarie, ma anche nei corridoi del potere. Inizia così, una lenta che ha portato la Corte a perdere la sua “indipendenza e autorevolezza”.

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