mercoledì 6 dicembre 2023
Un rapporto documenta 45 casi di abusi in carcere e anche durante gli interrogatori, ma la maggior parte resta sotto silenzio. «La violenza usata come arma per la soppressione del dissenso»
Una manifestazione in Italia a sostegno delle donne iraniane

Una manifestazione in Italia a sostegno delle donne iraniane - Ansa

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Stupri e altre forme di abusi sessuali verso detenute e detenuti nelle carceri iraniane, arrestati durante la repressione seguita alle proteste dal settembre 2022. Il rapporto di Amnesty International diffuso mercoledì non lascia spazio a interpretazioni nel documentare 45 casi raccolti in oltre la metà della province iraniane, che – avverte l’organizzazione umanitaria con base a Londra – potrebbero essere parte di «un quadro più ampio».

«La nostra indagine mette in luce come i servizi segreti e i responsabili della sicurezza abbiano utilizzato lo stupro e altre forme di violenza sessuale per torturare, punire e infliggere persistenti danni fisici e psicologici ai manifestanti, inclusi minori di addirittura 12 anni», ha specificato la segretaria generale di Amnesty, Agnès Callamard, nell’introdurre il rapporto di 120 pagine i cui dati sono frutto di testimonianze raccolte attraverso interviste con le vittime e testimoni condotte da remoto su piattaforme di comunicazione sicure.

Dal contenuto di They violently raped me: Sexual violence weaponized to crush Iran’s “Woman Life Freedom" (Mi hanno stuprata brutalmente: La violenza sessuale come arma per schiacciare “Donna, Vita, Libertà” in Iran) emerge un quadro di sconcertante brutalità, sempre negato dalle autorità iraniane. «Nessuna risposta» è arrivata dalle autorità di Teheran dopo l’invio il 24 novembre da parte di Amnesty dei dati raccolti che rappresentano una pesante denuncia di una situazione in parte emersa negli ultimi tredici mesi, ma non in forma così sistematica.

Tra i casi documentati, quelli di stupro sono 16 e hanno coinvolto sei donne, sette uomini, una ragazza quattordicenne e due ragazzi di 16 e 17 anni. In sei casi, quattro donne e due uomini, avrebbero subito abusi ripetuti, anche da parte di dieci individui, tutti membri delle Guardie rivoluzionarie, delle forze paramilitari Basij, uomini dei servizi segreti e poliziotti. Una violenza brutale attuata con strumenti e modalità agghiaccianti che Amnesty documenta. Alle altre 29 vittime sarebbero state inferte percosse, imposta la nudità e la tortura.

«Le strazianti testimonianze che abbiamo raccolto - sottolinea ancora la segretaria generale Callamard - indicano come la violenza sia utilizzata diffusamente dalle autorità iraniane come arma nell’arsenale della repressione delle proteste e della soppressione del dissenso per restare al potere a ogni costo».

Una delle detenute, indicata nel rapporto con il nome di Maryam, arrestata e detenuta per due mesi per essersi tolta il velo durante una delle manifestazioni che hanno seguito l’assassinio della 22enne Mahsa Amini, freddata con un colpo alla testa per essersi rifiutata di indossare il velo, è stata stuprata da due agenti durante un interrogatorio, nonostante urlasse e implorasse loro di fermarsi.

Simili le testimonianze di due uomini, Fazad e Shahed, abusati mentre si trovavano su un automezzo della polizia. Fazad è stato rilasciato pochi giorno dopo senza che contro di lui venisse formalizzata alcuna accusa, ma l’esperienza è stata devastante. È grazie a vittime come Maryam e Fazad, tuttavia, che la verità sta emergendo, mentre la maggior parte di chi ha subito abusi, ricorda Amnesty, non li denunciano per timore delle conseguenze, ma anche perché le loro richieste di giustizia vengono perlopiù ignorate.

Anche per questo, «senza una prospettiva di giustizia all’interno la comunità internazionale ha il dovere di stare dalla parte dei sopravvissuti e chiedere che sia fatta giustizia», ha dichiarato Callamard.

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