martedì 6 settembre 2022
Parla il vescovo Sobilo che vive nella città sotto attacco. «Mosca vuole scollegare l'impianto per lasciare il Paese senza elettricità. I tecnici Onu evitino il disastro atomico»
A Zaporizhzhia il vescovo Jan Sobilo con il giubbotto antiproiettile

A Zaporizhzhia il vescovo Jan Sobilo con il giubbotto antiproiettile - Diocesi di Kharkiv-Zaporizhzhia

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Capita di vederlo in giro per Zaporizhzhia e dintorni con il giubbotto antiproiettile sopra la talare. «È vero, devo indossarlo. Ne farei volentieri a meno... Ma è necessario quando si è accanto a un popolo continuamente attaccato e soprattutto quando si va a incontrare i soldati al fronte», racconta il vescovo Jan Sobilo. È l’ausiliare della diocesi di Kharkiv-Zaporizhzhia ma tutti lo chiamano il “vescovo di Zaporizhzhia”. Perché vive nella città dove prima dell’aggressione russa abitavano in oltre 700mila. «Ormai la nostra gente non ha più lavoro e i risparmi sono esauriti. Si sopravvive a stento, senza più poter comprare alcun che, in un territorio dove la minaccia di Mosca è all’ordine del giorno», spiega ad Avvenire. Originario della Polonia, 60 anni, è uno dei pastori della diocesi latina più orientale dell’Ucraina da quando, nel 2010, ha ricevuto la consacrazione episcopale a Kharkiv.

La centrale nucleare di Zaporizhzhia sotto il controllo russo

La centrale nucleare di Zaporizhzhia sotto il controllo russo - Ansa


Da settimane gli occhi del mondo sono puntati sulla “sua” città e sulla maggiore centrale nucleare d’Europa finita nelle mani dell’esercito russo che sta operando «con il rischio di violare le norme di sicurezza antincendio e sulle radiazioni», dichiara l’operatore ucraino di Stato Energoatom. «Viviamo nell’incubo che all’interno dell’impianto possa succedere qualcosa da un momento all’altro – confida monsignor Sobilo –. Ogni volta che penso ai bambini o alle donne che aspettano un figlio, mi viene in mente il disastro di Chernobyl. Voglia il Buon Dio che non si ripeta una simile tragedia, stavolta a causa della guerra...». Il vescovo conosce il personale tecnico che lavora nel polo energetico. «La nostra speranza è riposta negli specialisti dell’Aiea, l’Agenzia Onu per l’energia atomica: hanno visitato la centrale e due di loro restano nel sito. Qui tutti si augurano che la missione possa ridurre il rischio nucleare nella regione ma anche nel mondo intero». Però si dice convinto che il Cremlino “isolerà” i reattori. «I russi vogliono staccare la centrale nucleare dalla rete elettrica nazionale ucraina. E gli effetti sarebbero devastanti con l’inverno che si avvicina: significherebbe lasciare la nostra regione e una parte del Paese senza elettricità». Del resto sono già 600mila gli ucraini rimasti al buio mentre in 235mila non hanno il gas in casa, riferisce il ministero dell’energia.

Eccellenza, come affronterete le temperature rigide dei prossimi mesi?

Si annuncia un periodo durissimo. Ci stiamo attrezzando con le stufe a legna. Abbiamo anche ordinato il legname dall’Ucraina occidentale. E di fronte all’ipotesi del taglio dell’elettricità cerchiamo generatori che possano illuminare e riscaldare almeno per un po’ le abitazioni.

Il il vescovo Jan Sobilo che vive a Zaporizhzhia

Il il vescovo Jan Sobilo che vive a Zaporizhzhia - Diocesi di Kharkiv-Zaporizhzhia

Come si può essere Chiesa sotto le bombe?

Facendosi prossimi a tutte le persone, qualsiasi sia la situazione che sperimentano. Questi sei mesi di guerra sono stati segnati dal lutto, dal dolore, dall’orrore. Per certi versi mi sento di dire che purtroppo siamo stati costretti a convivere con il conflitto. Ad esempio, ci siamo abituati al suono degli allarmi anti-missile che scattano in continuazione, magari mentre si è per strada.

E la Chiesa è vicina anche ai militari ucraini che combattono.

È un dovere cristiano. I nostri soldati chiedono spesso preghiere ma anche di potersi confessare. A me capita di portare loro le icone con i santi. E vedo che al collo hanno la corona del Rosario: è bianca, il colore della pace.

Da Zaporizhzhia si fugge per gli scontri che si intensificano.

È vero, tanta gente è partita. Ma ancora di più ne è arrivata dalle città occupate. Ecco perché la parola d’ordine è “condivisione”. Come Chiesa mettiamo a disposizione ciò che abbiamo: gli aiuti umanitari che riceviamo, i farmaci che siamo in grado di far giungere dall’estero, i vestiti che sono sempre più difficili da reperire. Privilegiamo i più bisognosi, anche se la povertà cresce in modo esponenziale.

La sala di controllo della centrale nucleare di Zaporizhzhia sotto il controllo russo

La sala di controllo della centrale nucleare di Zaporizhzhia sotto il controllo russo - International Atomic Energy Agency (IAEA)

Come annunciare l’amore per il nemico durante la guerra?

È molto, molto complesso. Ma nel mio ministero mi sento aiutato dalla Madonna di Fatima che ci esorta a pregare per la conversione della Russia. La preghiera e il digiuno sono le nostre armi per la pace, come ci ricorda proprio la Vergine.

Papa Francesco parla quasi ogni giorno della «strage» che si consuma in Ucraina. Ma alcune sue parole non sono state gradite.

Gli ucraini sono molto sensibili a ogni affermazione sulla guerra. Però tutta la nazione è persuasa che nessuno leader sia così attento alla nostra tragedia quanto papa Francesco. Sappiamo che il Pontefice ha a cuore il popolo ucraino e lo ringraziamo per i suoi continui appelli a liberarci dal flagello dell’invasione. Aggiungo che l’Occidente dovrebbe prendere esempio dal Papa e ricordarsi che l’Ucraina, con la sua resistenza, sta difendendo la civiltà europea.

L’Ucraina attende la visita di Francesco?

Moltissimo. E sono certo che arriverà nella nostra martoriata terra. Con questo suo gesto farà comprendere a tanti cuori induriti come sia necessario spendersi per la pace.

Quanto durerà la guerra?

A lungo: forse tre anni. Come cristiano sono consapevole che si può accelerare la conclusione del conflitto favorendo la conversione personale. Ma al tempo stesso ritengo che i negoziati si apriranno solo quando nel mondo prevarrà un autentico spirito solidale.

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