mercoledì 26 giugno 2019
Il coordinatore medico di Msf a Bamako, Patrick Irenge: «In aumento la malnutrizione e le morti di parto, i bimbi non si vaccinano e i civili non hanno accesso all’assistenza medica: bisogna agire»
Personale di Medici senza frontiere al lavoro in Mali (Lamine Keita/Msf)

Personale di Medici senza frontiere al lavoro in Mali (Lamine Keita/Msf)

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Una crisi umanitaria senza precedenti in Mali, resa ancora più complicata dalla mancanza di sicurezza e dall’infiltrazione di gruppi islamisti. È quella descritta ad Avvenire da Patrick Irenge, coordinatore medico di Medici senza frontiere nella capitale maliana Bamako. «L’insicurezza è destinata a intensificarsi, privando sempre più persone dell’assistenza sanitaria – spiega Irenge –. C’è inoltre il rischio di una mancanza di beni alimentari, perché l’insicurezza ha ridotto le attività agricole».

La rivalità tra i cacciatori Dogon e i pastori Fulani per l’accaparramento delle terre ha visto un’escalation, con attacchi reciproci. La violenza intertribale si inserisce in una regione che già vede attivi gruppi jihadisti, che hanno sfruttato le rivalità etniche per incrementare il reclutamento, mentre il governo ha progressivamente perso il controllo del centro-nord. «Gli episodi di violenza nella regione di Mopti sono quasi quotidiani e coinvolgono i civili, che già a fatica sopravvivono con agricoltura e allevamento – osserva Irenge –. Molte comunità ora sono impossibilitate a spostarsi, temendo le strade minate e la presenza di gruppi armati o altri gruppi etnici rivali. Il risultato è che non possono svolgere le loro attività economiche abituali. Inoltre, cresce il numero di sfollati, senza protezione, acqua o rifugi. Gli aiuti umanitari non bastano, e inoltre è difficile la loro distribuzione nelle aree più remote».

Secondo il coordinatore di Msf, la situazione sanitaria si sta deteriorando. «In troppi – spiega – decidono di spingersi verso le strutture sanitarie quando è troppo tardi. Stiamo anche assistendo a un aumento dei casi di malnutrizione e molte donne incinte non riescono a farsi visitare e sono costrette e partorire in casa, con il rischio di maggiori complicazioni e casi di morte. I bambini non riescono più a vaccinarsi o ad aver accesso alla profilassi stagionale per la malaria: anche tra i più piccoli i morti sono in aumento».

Le squadre di Msf, anche attraverso cliniche mobili, provvedono a prestare assistenza ai più vulnerabili. «Oltre a sostenere le strutture ospedaliere, abbiamo anche coinvolto di più le comunità locali, formando operatori sanitari e fornendo loro medicinali – sottolinea Irenge –. Questo approccio “decentralizzato” è stato usato anche per le comunità nomadi, che a causa del loro stile di vita hanno un accesso limitato alle strutture sanitarie». Secondo il coordinatore di Msf, però, la stagione delle piogge porterà con sé nuovi disagi, con inondazioni e il deterioramento delle condizioni delle strade. «Le difficoltà per la popolazione maliana nei prossimi mesi saranno più serie che in passato», conclude Irenge, secondo cui le famiglie avranno bisogno di tutto l’aiuto possibile per far fronte a un vero e proprio «disastro umanitario».

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