venerdì 17 luglio 2020
L'isolamento non ferma gli episodi di discriminazione e violenza, l'ultimo a Peshawar
Tamponi per il Covid-19 in Pakistan

Tamponi per il Covid-19 in Pakistan - Ansa

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La pandemia non ferma, anzi copre le discriminazioni religiose in Pakistan. Un cristiano è stato assassinato per non avere accolto le pressioni di vicini musulmani che non accettavano la presenza di una famiglia cristiana nel quartiere e ancora una volta i superstiti si trovano davanti a pressioni e minacce. Solleva ancora una volta sdegno e preoccupazione l’omicidio del cattolico Nadeem Joseph, colpito a Peshawar da colpi di arma da fuoco con la suocera, sopravvissuta, pochi giorni dopo essere entrato nella nuova casa nell’area di Swati Phatak.

Nadeem è deceduto in ospedale il 29 giugno dopo diversi interventi chirurgici. L’uomo e la sua famiglia avevano subito le pressioni di influenti vicini musulmani che avevano minacciato di ritorsioni se non avessero lasciato l’area. «È impensabile che nel XXI secolo una famiglia cristiana diventi bersaglio per avere acquistato un’abitazione in un’area abitata da islamici. Questo atteggiamento di odio verso i non musulmani in Pakistan sta diventando quotidiano», commenta Nasir Saeed, direttore dell’organizzazione Claas attiva nella tutela legale dei cristiani in Pakistan. Sarebbe ingiusto generalizzare, ma sicuramente la pandemia (257.914 i casi finora e 5.426 i decessi) che infierisce su un Paese storicamente in difficoltà a coordinare le tante componenti della società verso uno sviluppo sempre a venire, non ferma divisioni e discriminazioni.

Più volte è stata denunciata la selettività nella distribuzione dei già scarsi aiuti pubblici a sfavore dei gruppi religiosi minoritari e molte voci indicano come il contagio non abbia fermato l’intolleranza religiosa. A confermarlo anche la Commissione nazionale Giustizia e Pace. Con riferimento all’ostilità espressa negli ultimi giorni da gruppi estremisti islamici verso la costruzione di un tempio indù nella capitale Islamabad, il suo direttore nazionale, padre Emmanuel Yousaf, ha segnalato come questo rifletta ostilità delle frange più conservatrici della popolazione musulmana, nonostante si tratti di un atteggiamento «contrario ai valori sanciti nella Costituzione, che garantisce alle minoranze religiose libertà di culto e il diritto a gestire le proprie istituzioni».

Una ostilità che si esprime con varie modalità, che complica la vita delle minoranze ma che può anche diventare letale. Per Khalid Shahzad, attivista cristiano in contatto con la famiglia di Nadeem e con la polizia, questo crimine mostrerebbe un crescente livello di intolleranza. «Il principale colpevole è ancora libero; le forze dell’ordine devono fare il possibile per catturarlo e assicurarlo alla giustizia», ha comunicato all’agenzia Asia-News. Prendendo spunto dalla vicenda, anche monsignor Joseph Arshad, arcivescovo di Islamabad-Rawalpindi e presidente della Conferenza episcopale pachistana, ha chiesto al governo di assicurare protezione ai familiari di Nadeem, le cui vite sono ancora in pericolo. «Le autorità devono trattare questi episodi in modo serio e fornire protezione a tutte le minoranze religiose», ha dichiarato il presule. Anche dopo la soluzione positiva della lunga vicenda di Asia Bibi, che ha trovato nell’espatrio la sicurezza impossibile in patria, quella della minoranze religiose resta una vita precaria. Non ci sono soluzioni «chiavi in mano».

«Occorre cambiare la vita del Pakistan per cambiare la vita dei cristiani. Occorre coinvolgere le comunità locali, il governo e la comunità internazionale e su questo noi puntiamo» dice Paul Bhatti, leader cattolico impegnato a cercare soluzioni durature alla discriminazione.

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