mercoledì 2 novembre 2022
Gli scontri, i raid, i cannoneggiamenti e gli attacchi missilistici non sono decisivi, hanno magari un valore propagantistico ma non risolutivo
Un missile russo ha colpito un palazzo a Mykolaiv, Ucraina

Un missile russo ha colpito un palazzo a Mykolaiv, Ucraina - Ansa/Epa

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Chi sta vincendo in Ucraina? Nessuno. Dopo otto mesi e mezzo di guerra, i russi hanno in pugno solo il 17,3% del Paese. Ma, dall’inizio della controffensiva ucraina, non hanno ceduto che lo 0,42% di quanto conquistato dal 24 febbraio scorso. Purtroppo per Kiev, lo slancio settembrino si è esaurito.

L’autunno ha imposto i suoi ritmi. Le piogge incessanti stanno intridendo il terreno, ovunque melmoso. E la storia racconta che da Napoleone in poi la mota è sempre stata il maggior alleato dei russi. Svantaggia chi abbonda in mezzi ruotati e punta tutto sulla manovra veloce.

A Kherson, che sarebbe dovuta tornare ucraina prima dell’inverno, il fronte stagna da almeno tre settimane. I russi hanno riorganizzato le difese. Ovunque è stasi. Per simbolismo, geostrategia e calcoli politici, Putin intende conservare la testa di ponte a ovest della città. Vi ha schierato i migliori reparti, tra fanti di marina, paracadutisti d’élite e spetsnaz, i militari dei reparti speciali più addestrati e pronti alla battaglia urbana.

Per assediare una città di 400mila abitanti, secondo stime d’ante-guerra, gli ucraini schierano il doppio delle forze nemiche: 40mila uomini contro la metà. Gliene servirebbero cinque volte tanti. In Iraq, Fallujia cadde dopo sei settimane. E gli americani furono costretti a raderla al suolo.

Che cosa dedurne? Eccezion fatta per l’area di Donetsk, i due nemici si elidono a vicenda. Hanno la stessa logica e tattiche identiche: logorare l’avversario. Sono tornati agli schemi della prima guerra mondiale. Una tendenza che conferma quanto i conflitti siano camaleontici. Alternano fasi di avanzate dirompenti a lotte estenuanti di trincea.

Oggi, russi e ucraini sono nuovamente intrappolati nei loro limiti: sperano in uno sbandamento localizzato dei reparti nemici, per rosicchiare qualche metro e decurtare il rispettivo potenziale. Emerge solo una differenza: l’Armata Rossa privilegia l’artiglieria di contatto mentre l’Ucraina ha scommesso su raid di sezioni o compagnie. Cento uomini al più. Entrambi i metodi incidono poco sul corso generale delle operazioni.

Con il clima avverso e la mobilitazione parziale, i russi hanno retto. Ma quanto durerà? A est di Donetsk, hanno blindato Marinka. Se avanzassero a sud-est ed espugnassero Avdivka, Donetsk sarebbe circondata. E’ un loro obiettivo da mesi. Agli ucraini non resterebbe che ripiegare a ovest.

Più a nord, altro perno di guerra russo, sobborghi e villaggi passano di mano, continuamente. Difficile dire chi la spunterà. Kiev sta puntando oggi altrove: tiene nel mirino Svatove, ancora più a settentrione. Il fiume Zherebets è interamente suo. E presto lo sarà la strada 66, che scende a Kremnina. Gli ucraini vi avanzano, metodici. Ma è l’unico microsuccesso del periodo.

Altrove è solo morte, paralisi delle linee fortificate e attesa che l’inferno finisca. Come sostiene Avvenire, la guerra non proclamerà vincitori. Sterili come le V2 naziste, le munizioni circuitanti e i missili che spara quotidianamente la Russia non sovvertiranno il quadro. Appartengono a una strategia terroristica dagli impossibili effetti strategici. Il conflitto non ha sbocchi. È ora che i due nemici lo riconoscano.

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