mercoledì 9 marzo 2022
Perché il piano di Putin non è riuscito? E quali sono le strategie in atto? Quanto è concreto il rischio di un allargamento del conflitto? Un'analisi sulle forze in campo e gli scenari possibili
Due settimane di guerra in Ucraina: a che punto siamo, gli scenari
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A 14 giorni dall’inizio della guerra in Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin comincia a interrogarsi. Dalla Cecenia alla Georgia, passando per la Crimea e il primo Donbass, per non dire della Siria, tutte le sue guerre erano state dei successi. Il 24 febbraio scorso ha tentato di replicare il modello, su scala infinitamente maggiore. Puntava a Kiev, combinando rapidità e sorpresa, per prenderla frontalmente. La manovra non gli è riuscita, per molti fattori.

Quali sono i territori conquistati dai russi in due settimane di guerra?

Le vere conquiste territoriali sono avvenute nel fronte sud dell’Ucraina, a partire dalla Crimea. Da qui è stata consolidata una testa di ponte al di là dell’istmo, con una proiezione in tre direzioni: a nord, per raggiungere la riva destra del Dnepr, a est per ricongiungersi con Mariupol e con le forze del Donbass, e a ovest in direzione di Mikholaiv e di Odessa. Qui i russi non hanno avuto difficoltà logistiche e il fronte è avanzato rapidamente, fino alla conquista di Kherson. Mariupol e Mikholaiv potrebbero presto capitolare. E’ invece difficile penetrare i piani russi per Odessa: presa Mikholaiv, Mosca sarà in grado di minacciare la città dall’entroterra e di coordinare le forze con i fanti di marina imbarcati al largo. Per prendere la città occorrerebbe distruggerne preventivamente le infrastrutture militari e navali, ancora solide. Altrettanto dura è la resistenza ucraina nel Donbass. Qui e a Mariupol sono schierati i migliori reparti dell’esercito di Kiev, formati dai consiglieri occidentali. L’area è fortificata, lascito di otto anni di guerra e il fronte è molto volatile. Gli ucraini riescono sia a contrapporsi, sia a colpire i territori controllati dai filo-russi. Bisogna vedere se reggeranno ancora a lungo. Piano piano, l’armata rossa sta erodendo territori a nord del Donbass e potrebbe presto ricongiungersi con le forze provenienti da Kharkiv, città che resiste tenacemente.

Perché procedono meno rapidamente del previsto?

I russi sono partiti disdegnando l’artiglieria, loro arma prediletta. Hanno trascurato il potere aereo, rivelando problemi di intelligence, tattici e strategici. La logistica, malmenata gli anni scorsi, si è vendicata. Contrariamente a quanto fa in patria, la Russia non può contare in Ucraina sulle ferrovie. Ha pochi camion. Le cisterne non bastano per alimentare tutti i reparti contemporaneamente. La campagna è in crisi di manovra, costretta a continue pause operative, mascherate dai negoziati. Per rimediarvi, i generali di Putin sono stati costretti ad aumentare lo sforzo.

L'obiettivo russo di arrivare a Kiev è realizzabile?

La capitale ucraina è l’obiettivo di guerra numero uno delle forze armate russe. Lungo quell’asse si sta compiendo il maggior sforzo bellico del Cremlino, volto a circondare la città da nordovest, da ovest e da est. L’assalto finale potrebbe cominciare entro i prossimi due giorni. Lo si desume dal fatto che i russi stanno concentrando per l’operazione molte artiglierie, rifornimenti e mezzi aero-missilistici, prodromici all’avanzata dei blindati e delle fanterie in città. I quartieri periferici sono costantemente bombardati. Il consigliere della presidenza ucraina, Oleksiy Arestovich, ha lanciato un allarme: «La situazione nei sobborghi della capitale, a Bucha, Hostomel e Irpin, è già catastrofica». C’è però un dettaglio. Il perimetro urbano di Kiev, aperto a sud, è ancora permeabile. L’assedio sta avvenendo solo per gradi. A ovest e a est della città, fra Sumy, Brovary e Chernihiv c’è una forte resistenza ucraina. La battaglia per Kiev si annuncia lunga e complessa, con tutte le incognite del combattimento urbano in una metropoli di 3 milioni di abitanti. Conquistare la capitale potrebbe richiedere ben più di un mese. Pacificarla potrebbe rivelarsi impossibile. I russi hanno pertanto due strade percorribili: impelagarsi in una battaglia casa per casa, sanguinosissima e dall’esito incerto o far capitolare la città dopo un assedio lunghissimo, colpendo il morale della popolazione e fiaccandola per fame. Nel secondo caso, avrebbero un’arma di ricatto in più nei negoziati.

Per quanto tempo i russi saranno in grado di alimentare lo sforzo bellico? Di quali riserve dispongono?

Già emergono problemi organizzativi e di comando. La morte al fronte di molti generali è sintomatica: i comandanti delle grandi unità si stanno spostando in prima linea per aggirare i colli di bottiglia della catena di comando. Cercano di compensare la scarsa iniziativa degli uomini sul terreno esponendosi personalmente.

Qual è la strategia della difesa ucraina?

Diversamente dal 2014-2015, la difesa ucraina, rivelatasi più dura del previsto, si è trincerata nei centri urbani. Non si è esposta in campo aperto. Facendo così, sta reggendo agli urti. Nelle aree occupate dai russi, i civili spesso protestano. La cosa impatta sul morale dell’occupante. Sarà in grado la guardia nazionale russa di gestire i disordini e il malcontento? Cominciamo a dubitarne.

Di quali armi dispone l'Ucraina? E come è organizzata la resistenza?

Si sta plasmando un fronte di guerriglia partigiana foraggiata dalle retrovie. In pochi giorni, la Nato ha consegnato all’Ucraina che resiste più di 17mila armi anticarro. Putin isserà forse la bandiera russa su Kiev, Kharkiv e Mariupol, ma la guerriglia ucraina sopravvivrà quasi sicuramente. I russi saranno bloccati per anni dall’insurrezione. Non hanno i mezzi per tenere l’intero Paese, se mai osassero spingersi più a ovest del Dnepr. Occorrerebbero loro più di 500mila uomini, l’intero esercito attualmente mobilitabile.

Quali sono le perdite sul fronte russo? E quali sono i prossimi scenari?

In questi primi giorni di guerra stanno perdendo 100-200 uomini al giorno e contano centinaia di feriti gravi. Troppi per reggere a lungo. Difficile che possano avventurarsi in altre campagne militari: i Paesi baltici sono fuori portata, protetti dall’Alleanza atlantica. Forse a sud, se Odessa capitolasse, i russi potrebbero tentare di ricongiungere la Transnistria moldava al corridoio panrusso sul mar Nero. Ma la Moldavia è inarrivabile. L’Ucraina, che non era nemmeno una potenza regionale, sta già dando troppi grattacapi, perfino nelle aree a poca distanza dal confine. La difficoltà è palpabile. Prova ne sia che gli stati maggiori russi stanno cominciando a raschiare il fondo del barile: hanno mobilitato le truppe di tutta la Federazione. In Bielorussia è dovuta arrivare perfino la fanteria navale del Pacifico. E comincia ormai il ricorso alle milizie e ai mercenari. Un altro dramma.

Quanto è possibile un allargamento del conflitto ad altri Paesi o alla Nato?

E’ inverosimile che il conflitto ucraino possa estendersi ad altri Paesi, tanto meno a quelli protetti dall’articolo 5 del Patto atlantico. I capi dell’intelligence statunitense, Hains e Burns, hanno appena presentato al Congresso il loro rapporto annuale sulle minacce mondiali. Secondo la loro analisi, molto accurata, la Russia non cerca uno scontro diretto con gli Stati Uniti, ma punta ad un riconoscimento della sua sfera d’influenza nell’ex Urss. Mosca non attaccherà né i Paesi baltici, né la Polonia, protetti dall’ombrello americano. L’unico obiettivo alla portata dei russi, non immediatamente, è la Bessarabia moldava, per creare un continuum dal mare d’Azov ai confini occidentali del mar Nero. Se la mossa riuscisse, i russi creerebbero uno stato fantoccio di nuova indipendenza.

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