mercoledì 16 aprile 2025
Il sogno realizzato dalla fondazione Teraz Wy di offrire una vacanza “normale” in una delle città più belle del mondo a chi di solito incontra barriere ed esclusione. Ecco come è andata
Uno dei momenti del viaggio dei disabili polacchi a Parigi

Uno dei momenti del viaggio dei disabili polacchi a Parigi - Fondazione Teraz Wy

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Quel vecchio sogno nel cassetto di visitare un giorno la luccicante Parigi. Sotto un sole primaverile e con le vetrine tutte colorate e decorate per Pasqua. Il sogno di farlo venendo dalla Polonia. Non per cercare un lavoro, come ha preteso in passato, oltralpe, una trita retorica un po’ xenofoba centrata sullo stereotipo del temuto «idraulico polacco» e, più in generale, sullo spauracchio di un pendolarismo generalizzato dall’Est europeo. Ma giungere invece a Parigi per ridere, ballare lungo la Senna, dipingere in strada en plein air come facevano i pittori impressionisti, fare smorfie da turisti pazzerelli. Tutto questo, pure, sognando d’iscriversi nel solco delle ultime Olimpiadi, quando la Ville Lumière si era fatta ancor più bella per mostrarsi agli occhi del mondo. Quando aveva brillato e meravigliato accogliendo tanto i cosiddetti atleti normodotati, quanto gli atleti disabili.

Appunto, proprio questo. La disabilità. Il sogno di visitare la Ville Lumière, giungendo dalla Polonia, nel bellissimo periodo pasquale, anche con quel bagaglio personale ingombrante e irriducibile: le proprie carrozzelle, l’handicap visibile sul volto o quello invece un po’ più nascosto, gli effetti di sindromi che deformano il corpo e colpiscono le facoltà mentali. Realizzare quel sogno perché anche questo — forse soprattutto questo ― dovrebbe essere l’Europa: spostarsi da un capo all’altro del continente, per goderne le meraviglie e la diversità, anche con il fardello dell’handicap nella propria vita quotidiana. Spostarsi, tanto più, lungo quell’asse Est-Ovest traversato ancora da stereotipi e diffidenza.

Ecco un sogno ambizioso per il quale ha scelto di battersi, da qualche anno, un’organizzazione polacca al servizio dei più fragili: la fondazione Teraz Wy (Adesso tu), che mira a dare coraggio al cuore dei portatori di handicap attraverso l’arte e i viaggi nelle città dov’è possibile assaporarla al meglio: proprio come la luccicante, e talora pure luccicosa, Parigi. Un organismo che, pur essendo ufficialmente non confessionale, accoglie nelle proprie fila pure tanti volontari mossi verso il prossimo dalla fede. Una fondazione che non a caso, a Parigi, si avvale anche della vicinanza della Missione cattolica polacca, basata nei pressi di Place de la Concorde. «Il primo passo è sempre cambiare e aprire la nostra mentalità. Incontriamo barriere architettoniche dappertutto, certo. Ma quelle, in un modo o nell’altro, si superano sempre. Abbattere i muri all’interno delle menti è invece più difficile» ci spiega Martyna Ditbrener, dinamica presidente della fondazione.

Il gruppo di turisti “speciali” lungo gli Champs-Elysées

Il gruppo di turisti “speciali” lungo gli Champs-Elysées - Fondazione Teraz Wy

Ritroviamo il gruppo speciale di turisti, circa una trentina, proprio in un luogo tipicamente turistico. Non in qualche self-service ben adattato, con ampi spazi di circolazione, come quelli che cominciano ad attecchire nella Francia post-olimpica, apparentemente un po’ più sensibile alle poste in gioco della disabilità. Ma in una nota brasserie sugli Champs-Elysées, immersa nella luce riflessa dall’arteria pomposamente definita dai francesi come «la strada più bella del mondo». Menù completo, fino al dessert, riservandosi il tempo di assaporare tutto con calma. Anche se Martyna, a un certo punto, strizza un po’ gli occhi simpaticamente, evocando i prezzi, di certo non proprio identici a quelli di analoghi menù serviti in una mensa o trattoria nel cuore di Varsavia. Già, i prezzi. Quando avevamo contattato al telefono per la prima volta la responsabile, appena prima del viaggio, ci aveva confessato di non aver calcolato l’aumento dei prezzi del metrò: «Solo un piccolo problema, lo risolveremo», se n’era uscita ottimisticamente.

Pure questo, in fondo, significa essere turisti “normali”. Farsi spennare come gli altri in pieno sogno sui Campi Elisi, senza pensarci troppo sul momento, perché l’imperativo è godersi momenti irripetibili su una strada che ha ispirato innumerevoli canzoni, quadri, romanzi, film e chissà quanto altro. «Abbiamo diverse persone con disabilità mentale, con sindrome di Down, o sulla sedia a rotelle. In quest’ultimo caso, per la prima volta in assoluto. Sull’Arco di Trionfo, alcuni presenti hanno rifiutato di aiutarci, ma alla fine abbiamo trovato sostegno. In ogni caso, stando con loro, scopriamo ogni giorno un po’ più quanto siano meravigliosi e pieni di potenziale affettivo e creativo. Perché mai sarebbero dovuti restare in un villaggio sperduto di campagna? Meritano Parigi come gli altri!», lancia infervorata Martyna, che fra l’altro era già stata volontaria proprio alle Olimpiadi parigine.

La tappa successiva è dall’altra parte dell’arteria emblematica: ovvero, la boutique faraonica di quella famosissima marca transalpina del lusso che fa gola, con le sue borsette e altri accessori, alle signore e signorine chic del mondo intero. «Tanto non entriamo per acquistare, ma solo per guardare e per esserci. Abbiamo ottenuto un’autorizzazione, ce l’abbiamo fatta, anche se dovremo affrontare qualche scalino», ci sussurra la combattiva Martyna, a cui comunque visibilmente non dispiace di poter contemplare, fra un’opera d’arte e l’altra, pure il design delle ultime creazioni della griffe dal logo inconfondibile, non a caso bersaglio di un lucroso giro planetario di contraffazione.

Sì, ci sono quegli scalini da superare, ma per i volontari di Martyna è un po’ un’ordinaria amministrazione. Fra loro, pure qualche forzuto. E quando non bastano i forzuti del gruppo, tocca saper chiedere con un sorriso a chiunque, a cominciare dagli agenti di sicurezza a portata di mano. Pure questo è tutto un savoir-faire: chiedere al contempo con gentilezza, dignità, convinzione. «Visitiamo luoghi splendidi, ma ci rendiamo conto che la cosa più importante è stare assieme e aiutarci», enfatizza Martyna, quando già, ancora una volta, tutti possono enunciare ‘missione compiuta’: le schiene un po’ curve e stanche, le carrozzelle un po’ logore e sbilenche, finite nondimeno proprio in mezzo ai turisti facoltosi che scelgono per davvero l’ultimo acquisto a tre o quattro zeri come souvenir prima del ritorno a casa.

Un altro scatto dei volontari della fondazione polacca Teraz Wy

Un altro scatto dei volontari della fondazione polacca Teraz Wy - Fondazione Teraz Wy

Nel gruppo, i volti di tutti sono soddisfatti, occorreva farlo. Assolutamente. Prossima tappa, un po’ più in basso sempre sulla celebre avenue, un altro luogo decisamente chic. Ma questa volta, dedicato alla gola. Sì, una glacerie fra le più famose di Parigi, con tutte quelle pareti dipinte d’un verde pistacchio leggerissimo che da solo già mette l’acquolina in bocca. E infatti, un buon sorbetto s’ha da fare. Impossibile lasciare Parigi senza aver onorato anche così una bella giornata soleggiata a ridosso di Pasqua. Tutti quei gusti e colori a portata, in base ai desideri di ciascuno. Anche perché, dopo tanti celebri monumenti e luoghi della capitale, alla fine, la tabella delle faticate sarà strapiena.

Proprio un classico tour da turisti ordinari, quello programmato su pochi giorni: la vertiginosa Tour Eiffel, quella caverna di Alì Babà dell’arte mondiale che è il Louvre, i famosi lungosenna dove gli espositori ribaltabili in legno dei bouquiniste hanno resistito, nonostante i diktat di sicurezza dell’epoca olimpica. Occupare ogni luogo, anche a passi sgangherati di danza, come davanti alla Piramide del Louvre, o scherzando persino di fronte al sorriso enigmatico della Gioconda, o improvvisando trenini in strada, alzando il pollice di continuo per ostentare fiducia, formando cuoricini con le mani, come davanti alla facciata di Notre-Dame prima di assistere alla Messa, o in alto della Tour Eiffel, alzando bicchieri per brindisi spontanei, ringraziando sempre con ottimismo per una città che è in fondo tutto uno spettacolo. Saper giocare di continuo, insomma, riacciuffando così sempre il bandolo inestimabile della speranza.

«Abbiamo potuto mostrare Parigi a chi non sarebbe mai venuto qui senza di noi. Ancora una volta, ci hanno fatti sentire speciali, perché si sono fidati di noi. Per molti, è il primo viaggio all’estero di sempre», sottolinea Martyna, commossa, prima di aggiungere: «Siamo venuti a Parigi perché c’è dell’arte dappertutto, perché l’arte e la bellezza schiudono le menti. Accompagniamo persone che hanno una vera sensibilità artistica, come mostrano i disegni che realizzano nel corso dei nostri atelier. E qui, possono attingere di continuo nuova ispirazione. Tutti i nostri progetti sono sempre centrati sulla promozione individuale attraverso arte e bellezza. Per questo, non dimentichiamo mai i pennelli per metterci a dipingere».

In fondo, sembra avere proprio il senso di una piacevole e dolce ‘resistenza’ questa vacanza voluta caparbiamente da una manciata di volontari, di continuo alle prese con mille piccole difficoltà pratiche da sormontare anche in extremis. Eppure, di fronte a ogni barriera, può essere sempre il momento giusto per mostrare di che pasta si è fatti. Insomma, battersi in nome del diritto di sentirsi cittadini in piena regola, vincendo per davvero e una volta per tutte la tentazione traditrice di ripiegarsi in ombra nel proprio angolino d’Europa, nella propria piccola casetta adattata faticosamente al proprio handicap e visitata, nel migliore dei casi, dalla solita ristretta cerchia di amici e parenti fedeli.

Uscire e viaggiare per resistere, invece, accettando gli sguardi di tutti, quello scalino in più proprio mal concepito — “mannaggia” sembrano dire spesso gli occhi di Martyna e dei suoi collaboratori ―, la fatica supplementare di una lunga giornata passata in mezzo a frotte di turisti in una città straniera a cui non si è affatto abituati. E alla fine, dato che è in gioco proprio la Francia, capire fino al midollo il senso di quella massima celebre di Victor Hugo: «Quelli che vivono sono quelli che lottano».

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