sabato 11 novembre 2017
Il 13 novembre 2015 le stragi parigine con 130 morti e più di 400 feriti. Da allora altri attacchi e allarmi: il timore del ritorno di quasi settecento "foreign fighters"
L'omaggio davanti al locale parigino attaccato nella notte del 13 novembre 2015 (Ansa)

L'omaggio davanti al locale parigino attaccato nella notte del 13 novembre 2015 (Ansa)

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Il 13 novembre 2015, durante «la notte del Bataclan», la Francia fu colpita al cuore da «un’unità terroristica di un’ampiezza inedita». A confermarlo, sulla radio pubblica transalpina France Info, è stato il procuratore della Repubblica di Parigi, François Molins, a capo del pool di magistrati specializzati nell’antiterrorismo. L’inchiesta, ha spiegato Molins, è tanto ramificata che la sua chiusura non è prevista prima della primavera 2019. Al momento delle commemorazioni per il secondo anniversario degli attacchi che causarono 130 morti e più di 400 feriti, la complessità delle indagini è solo uno degli elementi d’inquietudine residua, in un Paese appena uscito dal regime istituzionale dello stato d’emergenza, ma solo grazie all’approvazione di una nuova legislazione antiterroristica che di fatto traspone nel diritto comune non poche disposizioni prima eccezionali, come la possibilità di controlli rafforzati alle frontiere, in particolare presso aeroporti e porti, o la facoltà per i prefetti di chiudere fino a un massimo di 6 mesi dei luoghi di culto considerati teatro di attività d’apologia del terrorismo. Su scala nazionale, le allerte si succedono con cadenza settimanale.

L’ultima, a Blagnac, nella banlieue di Tolosa, ha riguardato, venerdì, l’uso deliberato di un’auto da parte di uno squilibrato per investire degli studenti in prossimità di un campus. Il bilancio finale è stato di tre feriti, ma poteva essere una nuova strage. Sul posto ma non solo, si è registrato l’ennesimo picco di tensione, anche se presto il procuratore locale ha avvalorato la pista «psichiatrica», senza escludere del tutto quella terroristica. Nelle ultime ore, inoltre, è stata aperta un’indagine ufficiale contro 8 persone arrestate in Francia lo scorso martedì con il sospetto di voler compiere un attentato. Si tratta di «un gruppo d’individui in contatto su reti di comunicazione protette e che tenevano discorsi estremamente violenti, evocando un passaggio all’azione nei prossimi mesi, con dei bersagli indeterminati fino al momento in cui siamo intervenuti», ha spiegato Molins, confermando che al gruppo appartiene pure un ex militare «convertito e musulmano radicale». Fra i temi di preoccupazione che segnano l’anniversario, figura pure l’ipotesi di un ritorno progressivo di "foreign fighters" francesi, dopo le sconfitte del Daesh in Medio Oriente.

Come ha confermato la Procura antiterrorismo, i servizi segreti transalpini ritengono che nell’area fra Iraq e Siria restino circa 690 persone, fra cui 295 donne e 28 minorenni combattenti. I minori non combattenti sarebbero invece circa 400. Per via dei mandati di cattura emessi contro tutti i foreign fighters finora identificati, il fenomeno dei ritorni dovrebbe interessare maggiormente proprio le donne e i minorenni. In proposito, Molins ha spiegato che la giustizia agirà nei loro confronti studiando ogni singolo caso. Ma il procuratore ha già avvertito il Paese sul carattere potenzialmente pericoloso di tanti individui: «Siamo di fronte a persone che sono più deluse che pentite. Si deve fare attenzione: saremo di fronte a minori o a donne che sono stati spesso formati per maneggiare armi». E questo mentre continuano a circolare tanti appelli jihadisti d’istigazione in vista di nuovi attentati. Due anni dopo, la Francia resta consapevole di non potersi concedere sospiri di sollievo.

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