lunedì 18 maggio 2020
Forte appello della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) di fronte all'avanzare della pandemia e all'aumento della violenza nei territori
Il funerale del capo di una comunità indigena morto di Covid-19 a Manaus

Il funerale del capo di una comunità indigena morto di Covid-19 a Manaus - REUTERS/Bruno Kelly

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Mai come ora, in Amazzonia, il dolore e il grido dei popoli e della terra si fondono in un unico clamore. La sterminata regione ¬– che si estende per quasi un terzo dell’America Latina e nove differenti Paesi – è stretta nella morsa tra la pandemia di Covid-19 e l’aumento incontrollato della violenza nei territori. Di fronte allo scenario sempre più allarmante, la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) ha lanciato un forte appello per uno sforzo unitario «in difesa della Querida Amazonia, con tutto il suo splendore, il suo dramma, il suo mistero». Il messaggio della Repam è rivolto alle comunità native, alla società civile amazzonica e del mondo, alla Chiesa e a tutte le confessioni religiose, ai governi, alle istituzioni internazionali per i diritti umani, alla comunità scientifica, agli artisti e a tutte le persone di buona volontà. E’ il tempo del nostro giudizio, aveva detto papa Francesco durante il momento di preghiera straordinario del 27 marzo.

La protesta di un gruppo di indigeni per chiedere maggiore assistenza sanitaria

La protesta di un gruppo di indigeni per chiedere maggiore assistenza sanitaria - Ansa

Un tempo decisivo per l’Amazzonia e per il mondo. La regione, ancora una volta, è metafora e laboratorio di sconquassi globali. Di fronte ai quali, dalla Bolivia al Perù, dal Brasile al Venezuela, dalla Colombia all’Ecuador, la Chiesa ha levato forte la sua voce. Nonostante le critiche di alcuni settori tutt’altro che disinteressati, i vescovi hanno fatto eco alle richieste di aiuto delle genti della foresta: trentatré milioni di donne e uomini, tra cui tre milioni di indigeni. All’azione profetica, le Caritas non hanno lesinato gli sforzi per portare solidarietà ai colpiti dall’emergenza sanitaria, oltre 70mila persone, mentre le vittime sono già oltre 4mila. I nativi uccisi dal coronavirus sono già oltre cinquecento di quaranta differenti diversi popoli.

All’epidemia, si somma un altro virus: quello della violenza e dei saccheggi. Fenomeni incrementati dalla riduzione dei controlli per i tagli e, ora, per la quarantena che hanno fatto crescere esponenzialmente la deforestazione. Nel solo Brasile, ad aprile, quest’ultima è aumentata del 64 per cento rispetto all’anno precedente. Il ventaglio di problemi in gioco è troppo ampio per potervi far fronte con un impegno isolato. Da qui l’esortazione di Repam a unire gli sforzi. Questo può essere «un momento di gestazione di nuovi rapporti ispirati all’ecologia integrale», scrive la Repam, sul solco della Laudato si’ della quale questa settimana celebriamo, con una serie di eventi, il quinto anniversario. Oppure un momento «di definitiva sepoltura dei sogni del Sinodo, se la paura, gli interessi, la pressioni dei proprietari del grande capitale continueranno ad imporre in modo sempre più forte questa economia che uccide».

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