domenica 5 marzo 2017
Reportage da Almere, roccaforte del «Trump olandese», dove il 40% degli abitanti sono immigrati. Il leader anti-islamico vuole chiudere le frontiere e uscire dall'Unione Europea. Il 15 le elezioni.
Manifesti elettorali in vista delle elezioni in Olanda il 15 marzo

Manifesti elettorali in vista delle elezioni in Olanda il 15 marzo

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A venticinque minuti di treno dai canali di Amsterdam, Almere, la più giovane tra le città dei Paesi Bassi, è un punto di partenza ideale per capire dove va l’Olanda, dove va quel calderone di culture a cui per decenni l’Europa tutta ha guardato con ammirazione e malcelata invidia. Perché se c’è stato un tempo in cui a queste latitudini anche il multiculturalismo aveva trovato una propria identità, oggi ci si interroga su un’integrazione che appare, se non fallita, certo sempre più a rischio. Costruita alla fine degli anni Settanta, Almere oggi conta 200mila abitanti, soprattutto pendolari: circa il 40 per cento di loro sono immigrati. Soprattutto, Almere è la roccaforte per eccellenza del Partito della libertà (Pvv) di Geert Wilders, il “Trump olandese” che punta a sbancare le elezioni del 15 marzo diventando primo partito con una campagna a base di slogan anti-islamici e contro l’Unione Europea. Qui Wilders già nel 2010 aveva vinto per la prima volta le amministrative con il 22% dei consensi, un successo poi bissato nel 2014. Oggi i sondaggi locali gli attribuiscono fino al 30%, mentre a livello nazionale è intorno al 16%. e si giocherà il primato con i liberali del Vvd del premier Mark Rutte, ora al 16,3%. «Dopo la vittoria della Brexit in Gran Bretagna e di Trump negli Usa sarebbe la terza ondata di populismo a trionfare, in attesa delle successive presidenziali francesi. Attenzione però, ogni caso è a sé, sarebbe comunque fuorviante parlare solo di una rivolta contro l’establishment », sottolinea Claes de Vreese, analista politico della Universiteit van Amsterdam.

«Certo che voterò per Wilders, voglio la “Nexit”, l’Olanda fuori dall’Unione Europea: il mio Paese deve poter decidere le sue leggi», taglia corto Gertrude, 43 anni, che al mercato centrale di Almere in Stadhuisplein, la piazza del Municipio, dà una mano al banco dei formaggi di un’amica. «Sì ma i nostri prodotti, anche i nostri formaggi, noi li vendiamo proprio all’Europa. Se non ne faremo più parte sarà molto più difficile fare affari», replica, pragmatico, Jan, che ancora non ha deciso per chi votare. E quindi l’Ue certo, ma con un Pil in crescita del 2,1% nel 2016 (terzo Pil pro-capite più alto dell’Eurozona) e una disoccupazione scesa al 5%, l’economia sta scivolando tra le questioni secondarie, nonostante qui soffi la stessa frustrazione nei confronti della globalizzazione e delle élite politiche che ha già spazzato le città britanniche e la Rust belt americana. A dominare il dibattito, però, è soprattutto l’immigrazione. «Ci sono troppi, troppi stranieri. L’Olanda è piena, come diceva Pim Fortuyn prima di essere ammazzato», si infervora Machtelde, impiegata d’azienda, che per la prima volta in vita sua voterà Wilders.

Assassinato nel 2002 da un estremista animalista, Fortuyn aveva lanciato l’allarme sulla presunta assenza di volontà d’integrazione della maggior parte degli immigrati, pur non arrivando mai ai toni xenofobi di Wilders. «Il problema non è l’essere islamici o meno, ma che gli stranieri devono accettare il nostro stile di vita. E fino ad allora dobbiamo tenere i confini chiusi», spiega anche Marion, studentessa.

Proprio qui ad Almere nel 2012 un guardalinee amatoriale, il 41enne Richard Nieuwenhuizen, venne colpito a calci fino alla morte da sei ragazzi e dal padre di uno di loro durante una partita di calcio giovanile. Gli assalitori erano di origine marocchina. Wilders sottolineò che la morte del 41enne non era «un problema di calcio, ma un problema marocchino», scatenando le solite polemiche ma cogliendo anche gli umori di parte della popolazione. Qualche giorno fa il leader del Pvv è tornato ad attaccare «la feccia marocchina», sostenendo di volersene sbarazzare per «restituire il Paese al popolo olandese». Commenti «riprovevoli», secondo Ebubekir Ozture, direttore di una delle organizzazioni islamiche dei Paesi Bassi: «Non è la prima volta che Wilders usa un linguaggio del genere e probabilmente non sarà l’ultima». L’anno scorso Wilders è stato condannato per incitamento all’odio razziale dopo alcuni commenti fatti in occasione di elezioni locali nel 2014, una condanna definita «politica» dal leader di estrema destra.

Nelle scorse settimane il premier Rutte, dal 2012 alla guida di una grande coalizione insieme ai laburisti del Pvda, ha chiarito che mai si alleerà con Wilders per formare un governo. E, nel tentativo di inseguire l’elettorato del leader xenofobo, ha acquistato pagine sui quotidiani per lanciare un appello molto discusso «a tutti gli olandesi». Dopo aver denunciato la perdita dei valori tradizionali nei Paesi Bassi e la minaccia rappresentata da chi viene da fuori, Rutte è stato netto: «Se i nostri valori non vi piacciono, avete un’opzione: andarvene». Un tono che, seppur dettato dalla contingenza elettorale, è parso a molti troppo sbilanciato. E che però gli ha fatto recuperare consensi, tanto che è dato ora una spanna avanti a Wilders.

Nel 2015 le richieste di asilo in Olanda hanno raggiunto la cifra record di 58.900 (per calare poi nel 2016 dopo l’accordo tra Turchia e Ue sui migranti), ma l’associazione “più stranieri uguale più criminalità” è smentita dai fatti. Nell’ultimo decennio i crimini sono calati di un quarto, tanto che un terzo delle celle nelle prigioni olandesi sono vuote e il governo ha già chiuso 19 istituti penali su 60 negli ultimi tre anni, trasformandone altri in centri per richiedenti asilo. A fronte di dati simili, il vero successo di Wilders è stato quello di far passare l’idea di un Paese assediato dallo straniero islamico e in cui è meglio non uscire di casa. «Siamo pronti a ridurre l’influenza dell’islam», è il mantra di Toon van Dijk, che qui ad Almere guida la pattuglia degli otto consiglieri municipali del Pvv e che ora si presenta alla Camera. «La lotta contro l’islamizzazione e l’arrivo degli imam dell’odio nelle moschee è il punto più importante della nostra agenda».

Le ultime rilevazioni danno i populisti in leggero ribasso. Dopo aver guidato tutti i sondaggi dell’ultimo anno, ora il Pvv è appena dietro ai liberali di Rutte. C’è chi dice che Wilders, però, godrà dell’“effetto Trump” e che molti olandesi, pur non dichiarandolo, sono pronti a votarlo. Diversi analisti, però, ricordano come in passato il Pvv si sia sgonfiato alla prova delle urne. Lui, Wilders, è sicuro di farcela, anche se poi trovare alleati per governare sarebbe tutta un’altra storia. Nel frattempo da Trump ha copiato lo slogan: «Faremo l’Olanda di nuovo grande», è la sua promessa. Ora, del miliardario, non gli resta che trovare anche i voti.

1. Continua

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