sabato 24 maggio 2025
La portavoce dell'Agenzia Onu: «Le famiglie rischiano di morire di fame e il cibo è fermo, a pochi chilometri. Non possiamo aspettare che venga dichiarata la carestia, ma agire prima»
Rosalia Bollen, portavoce dell'Unicef nella Striscia di Gaza

Rosalia Bollen, portavoce dell'Unicef nella Striscia di Gaza - -

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La notizia buona: «L’entrata di aiuti alimentari Unicef». Quella cattiva: «È una goccia nel mare e abbiamo dovuto aggiornare per aggravamento le stime sulla malnutrizione infantile». Rosalia Bollen è la voce dei bambini di Gaza. Al telefono controlla ogni sillaba perché da portavoce nella Striscia dell’agenzia Onu per i minori sa che può bastare un niente, un pretesto qualsiasi, per far interrompere il flebile flusso di aiuti appena ripartito.

Nei magazzini c’è da mangiare per un bambino su tre e per meno di un mese. E questo nonostante la riapertura delle consegne, che vengono però autorizzate con il contagocce.

Il 40,4% della popolazione, secondo dati dell’autorità palestinese, ha meno di 14 anni: su 2,2 milioni di abitanti, 900 mila sono minori. E’ come se Torino o Napoli fossero popolate solo da piccoli da tenere alla larga dalle bombe e dalla pancia vuota.

Tra le missioni delle Nazioni Unite a Gaza e in Cisgiordania, l’Unicef è pressoché l’unica organizzazione internazionale mai accusata dal governo israeliano di essersi lasciata infiltrare da Hamas. Nonostante questo deve fronteggiare limitazioni e ostacoli, mentre il conto alla rovescia verso la dichiarazione di carestia

Cominciamo dagli aiuti. L’emergenza può dirsi alle spalle?

Anche se accogliamo con grande favore questo sviluppo, devo subito sottolineare che stiamo parlando di una goccia nel mare. Abbiamo ricevuto poco più di 500 bancali. Sono alimenti che chiamiamo “ready to use” e “complementary food”. Cibo pronto all’uso e di rinforzo a una alimentazione di base, che però a migliaia non hanno più.

Quanti bambini potete sfamare?

Abbiamo porzioni per 320mila bambini (su oltre 900mila praticamente un bimbo su tre, ndr) per un solo mese. Quello che serve è dare alle famiglie la possibilità di mangiare a sufficienza. A questo punto, dobbiamo misurarci con la possibilità che l’intera popolazione possa andare incontro al rischio di carestia. Non dobbiamo aspettare che venga dichiarata ufficialmente, ma agire per impedire che si arrivi al punto di non ritorno.

Distribuzione di aiuti

Distribuzione di aiuti - Unicef

Avete fatto previsioni?

Unicef, che segue protocolli internazionalmente riconosciuti, ha dovuto stabilire che il numero di bambini colpiti da malnutrizione acuta sarà più alto di quanto previsto.

Quanti?

Pensavamo che quest’anno avremmo dovuto affrontare le necessità di cure urgenti causate dalla malnutrizione per 60mila bambini. Pochi giorni fa abbiamo dovuto aggiornare i programmi: prevediamo che almeno 71mila bambini e più di 17mila madri avranno bisogno di cure d’emergenza per la malnutrizione acuta.

Disponete di dati aggiornati sui piccoli morti per fame?

Riceviamo rapporti dagli ospedali e documentiamo tanti casi di insufficienza di cibo. Secondo il ministero della salute di Gaza (gestito da Hamas, ndr) dall’inizio della guerra sono morti almeno 57 bambini a causa di malnutrizione acuta e inedia. Ma il decesso dei bambini non avviene sempre in un contesto ospedaliero. Perciò riteniamo che il numero sia in realtà più alto.

Si può scongiurare?

La cosa più scioccante è che le famiglie rischiano di morire di fame, il cibo di cui hanno bisogno è fermo al confine, a pochi chilometri. Solo noi come Unicef abbiamo l’equivalente di mille camion di aiuti bloccati da mesi. Hanno a bordo viveri, kit per l’infanzia, assorbenti per le donne, farmaci, incubatrici. La sofferenza non è solo la violenza quotidiana, non è solo la pancia vuota, è anche la serie di deprivazioni che, soprattutto i bambini e le loro madri, devono subire.

Si riescono a trovare alimenti nei mercati?

Quasi nulla. I market hanno gli scaffali vuoti. Anche il cibo in scatola è diventato prezioso e introvabile. Nelle condizioni di conflitto attuale noi non riusciamo a raggiungere tutti e migliaia di persone non riescono a raggiungere noi. Ci sono bambini che muoiono nei ripari improvvisati, per malattie provocate dalla malnutrizione o che si aggravano a causa della mancanza di cibo adeguato. Di loro non si sa nulla e non finiscono neanche nelle statistiche. Una mamma ci ha mostrato del pane con la muffa che era riuscita a procurarsi. Il marito è stato ucciso e lei è da sola con cinque figli. Ha messo a bollire il pane sperando di sterilizzarlo. Non aveva altro. Ci sono madri di neonati che mangiano solo una volta al giorno e non riescono ad allattare i bambini. Giorni fa i nostri operatori sono riusciti a raggiungere e soccorrere una bimba di 6 mesi. Pesa 2,7 chili, quanto un neonato appena venuto al mondo. Era nata sana, ora non ha quasi più muscoli perché l’organismo li sta “mangiando” per sopravvivere. Era così debole che quando piangeva quasi non si sentiva. Non sono episodi né casi isolati.

Le autorità israeliane denunciano il furto degli aiuti da parte di Hamas che così ne controlla a piacimento la distribuzione. A voi è successo?

Rispondo per Unicef, e per quanto riguarda noi la risposta è no. E non ci hanno mai fornito le prove del furto di materiali destinati a Unicef Palestina da parte di Hamas. Si è detto che perfino i vaccini venivano depredati, ma neanche di questo è stata fornito alcun riscontro. Gli aiuti che riceviamo arrivano anche da donatori a cui dobbiamo documentare l’intero processo di consegna, e lo abbiamo sempre fatto.

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