Michele Dougherty scelta come astronoma reale, la prima volta di una donna
La fisica si è appassionata alle stelle a 10 anni, aiutando il padre a costruire un telescopio. Oggi ha un ruolo centrale nella missione "Juice" dell'Agenzia spaziale europea che esplora Gio

La sua storia racconta l’importanza di una passione coltivata fin dall’infanzia, in famiglia. E anche della determinazione, sempre necessaria, per una donna che vuole affermarsi in un mondo di uomini. E, infine, di come il successo possa arrivare un po’ per caso, generato da tanta competenza ma anche da un insieme di circostanze.
Per la prima volta, da quando il ruolo di astronomo reale è stato inventato in Gran Bretagna, ormai 350 anni fa, il posto tocca a una donna, alla professoressa Michele Dougherty, 63 anni, fisica spaziale di fama, che farà da consulente a re Carlo III in materia di stelle.
Il primo astronomo reale, il cui compito era di consigliare il re su come usare le stelle nella navigazione, fu John Flamsteed, nel lontano 1675. Poi il ruolo si trasformò e il consulente divenne una delle voci scientifiche più importanti del Paese: aiutava il governo in materia di ferrovie o ponti, materie ben più ampie del mondo degli astri, e tesseva importanti collaborazioni internazionali.
L’amore per il telescopio, Michele Dougherty lo deve al padre, come ha raccontato lei stessa in alcune interviste rilasciate alla stampa britannica. «Quando avevo dieci anni, mio papà costruì un telescopio e io e mia sorella l’abbiamo aiutato a mischiare il calcestruzzo per la sua base. Così, per la prima volta, dal nostro giardino, sono riuscita a vedere Giove e i suoi satelliti naturali e gli anelli attorno a Saturno», ha spiegato la fisica ai giornalisti. «Non ho mai pensato che sarei diventata astronoma perché non ho studiato le scienze alle superiori. Quando si è trattato di scegliere la scuola, ho preferito andare con le mie amiche, che si erano tutte iscritte in un istituto solo femminile, in Sud Africa, dove sono cresciuta. Era molto insolito per le ragazze, a quell’epoca, negli anni Settanta, studiare fisica».
Quando si è trattato di lasciare le superiori, però, l’amore di Michele per la matematica ha prevalso. «Sono riuscita a convincere l’università di Natal, in sud Africa, ad accettarmi, anche se i primi due anni sono stati molto duri, quasi come imparare una nuova lingua», ha raccontato ancora la scienziata. «Ogni giorno, durante il primo anno di università, tornavo a casa e alla sera insieme a mio papà ripassavo tutte le lezioni di fisica che avevo seguito durante il giorno perché non capivo nulla. È stato un periodo davvero difficile ma, superato quello, ho sentito che potevo raggiungere qualsiasi traguardo», ha detto ancora l’astronoma reale.
Nella storia di Michele Dougherty il coraggio di rischiare e tentare nuove strade è stato importantissimo. «Ho detto sì a cose che non sapevo come fare e ho imparato sul campo», ha spiegato. Quel viaggio verso lo spazio, cominciato col telescopio del papà, quando era piccola, è continuato quando la scienziata ha partecipato nel 2023 alla missione “Juice”, dell’Agenzia spaziale europea, che ha lanciato una sonda verso i satelliti ghiacciati di Giove per scoprire se hanno il potenziale per alimentare la vita.
«Sarebbe davvero sorprendente se non vi fosse vita nel nostro sistema solare», ha spiegato l’astronoma reale, ridendo, con il suo consueto, sfrenato entusiasmo. «Certo non avrei mai pensato, quando ho visto Giove per la prima volta, all’età di 10 anni, che avrei mandato lì strumenti su un’astronave». Nel 2005 fu la Dougherty a notare un’anomalia nella misurazione del campo magnetico, mentre la sonda Cassini passava vicino al satellite di Saturno Encedalo, e ad insistere perché la Nasa la rimandasse per un controllo più preciso. «Non ho dormito per due notti perché ero preoccupata di essermi sbagliata. Se fosse capitato nessuno mi avrebbe più creduto, ma, per fortuna, ho avuto ragione». Encedalo è, oggi, considerato uno dei posti più probabili dove esseri alieni potrebbero vivere. Sempre la scienziata ha anche disegnato un magnetometro che perlustrerà Ganimede, il più grande satellite naturale del sistema solare, più grande di Mercurio, cercando un oceano globale sotto la sua superficie.
L’astronoma reale ha cominciato a lavorare sulla sonda Cassini nel 1992 e lo strumento ha operato fino al 2017 e si è poi cimentata con la missione “Juice”, dell’Agenzia spaziale europea, che raggiungerà Giove nel 2031 e sarà attiva fino al 2035. Ma Michele Dougherty non considera sua missione soltanto lo spazio ma anche ispirare i giovani, soprattutto se donne, a farsi strada nel campo delle scienze. «Penso che sia importante per i bambini e i giovani vedere qualcuno nel quale possano identificarsi, fare un lavoro che pensano non avranno mai un’opportunità di svolgere», ha dichiarato la scienziata. «Cambia il loro punto di vista. Quando ero responsabile della facoltà di fisica, all’Imperial College di Londra, tra il 2018 e il 2024, la percentuale di nuove universitarie donne che si erano iscritte era aumentata da circa il 19% al 25%. Non è stato un cambiamento enorme», ha aggiunto l’astronoma reale, «ma è stato, comunque, un cambiamento positivo e penso che sia capitato perché le studentesse hanno visto che ricoprivo un ruolo al quale potevano aspirare nel futuro».
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