Lettonia, ventre molle della Nato: «Siamo il bersaglio ideale della Russia»
di Redazione
Se Putin volesse sfondare il fianco dell’Alleanza, il Paese sarebbe il campo di battaglia perfetto per più ragioni. Ecco quali

«La percezione di quanto sia pericolosa la Russia dipende da quanto l’hai vicina» Sanita Jemberga, giornalista investigativa e direttrice del think tank “Re Baltica” guarda la corrente veloce della Daugava, l’imponente fiume che attraversa Riga, la capitale della Lettonia. La più vulnerabile, in qualche modo, delle cosiddette tre Repubbliche baltiche. Ha un Pil pro capite inferiore rispetto a Estonia e Lituania, ma soprattutto ha il 34% della popolazione che è russofona e questo rappresenta un problema per la sicurezza nazionale. «La nostra maggiore preoccupazione – continua Sanita – è quella di venire invasi. A quelli in Europa che credono che sia esagerando, consiglierei di indagare meglio la realtà lettone, perché abbiamo specifiche evidenze per essere preoccupati».
Numerose agenzie di intelligence hanno previsto che, se la Russia dovesse attaccare il fianco desto della Nato, la Lettonia sarebbe il campo di battaglia ideale, per più motivi. Il primo è logistico, perché condivide il confine anche con la Bielorussia. Il secondo è che ha un’esercito in rapida implementazione, ma ancora meno sviluppato rispetto a quello di Estonia e Lituania.
Il terzo, è dato proprio dal “capitale umano”. L’alta percentuale di popolazione russofona potrebbe essere usata come pretesto per invadere. La vera domanda è quanto terreno fertile le truppe di Mosca potrebbero trovare nella minoranza.
Il terzo, è dato proprio dal “capitale umano”. L’alta percentuale di popolazione russofona potrebbe essere usata come pretesto per invadere. La vera domanda è quanto terreno fertile le truppe di Mosca potrebbero trovare nella minoranza.
«Essere russofoni non significa essere russofili – obietta Sanita -. C’è una percezione sbagliata all’estero anche su questo punto. Le persone più nostalgiche sono quelle anziane. Non rimpiangono l’Unione Sovietica in sé, ma il suo stato sociale. Nel 1991, al momento dell’indipendenza, molti scelsero il passaporto russo e non quello lettone perché così avrebbero percepito prima la pensione. Adesso si ritrovano un assegno mensile in rubli svalutati e il nepilsonu pase, ossia un passaporto particolare, previsto dalla legge lettone, per il quale sei un cittadino europeo e un non cittadino lettone: hai accesso a tutti i servizi, ma non hai il diritto di voto».
La questione, in realtà, è molto più complessa. In molti denunciano che, con un nepilsonu pase non si può lavorare nell’amministrazione pubblica, ma i lettoni ribattono che è stata una loro responsabilità scegliere la piena cittadinanza russa e non quella lettone. La situazione è diventata molto più delicata dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il processo di “lettonizzazione” della nazione ha subito un’accelerazione, non sempre gradito dai russofoni. A partire dall’anno scolastico 2026/2027, il russo non sarà più studiato nelle scuole come seconda lingua straniera e verrà progressivamente eliminato per lasciare il posto a una lingua comunitaria. «Mi sembra assurdo che si venga criticati per una cosa del genere – sbotta Sanita -. Siamo un Paese europeo, la priorità è l’inglese e poi è più utile parlare il tedesco, il francese o il russo?».
Oltre alla riforma scolastica, è stato introdotto anche un esame per le persone di età adulta, che certifichi la conoscenza del lettone. L’utilizzo dell’idioma ufficiale è ampiamente incentivata dalle autorità governative, ma nella capitale come nelle località periferiche si sente ancora parlare in russo e parecchio e nel centro di Riga c’è ancora un teatro di poesia russa. Non molto lontano, lavora Svetlana come architetto. Passaporto lettone, ha il padre con il nepilsoņu pase e la mamma lettone a tutti gli effetti. «Sono perfettamente bilingue – spiega – ho passato l’esame senza problemi. Prima in ufficio parlavo russo con i miei colleghi, adesso è meglio se si usa il lettone. Credo che abbiano messo troppa pressione su questo punto. Molte persone hanno scelto di essere lettoni. Non penso che forzarci a usare la lingua nazionale ci renda più patriottici».
Affermazione da una parte, cancellazione dall’altra. Dopo l’invasione dell’Ucraina, sono state demolite la statua del poeta Aleksandr Pushkin, il padre della lingua russa, e anche il monumento ai liberatori, una colonna imponente, alta ben 79 metri e dove, con poca fantasia, i liberatori erano i sovietici contro i nazisti e che il 9 maggio, quando in Russia viene festeggiata la vittoria nella Grande Guerra Patriottica (ossia come i russi chiamano la Seconda Guerra mondiale) richiamava decine di migliaia di nostalgici da ogni parte del Paese. «Dobbiamo difenderci – chiosa Sanita – . I legami con la Russia, anche economici, sono ancora stretti». Secondo Re Baltica, la Lettonia continua a inviare merci attraverso la Bielorussia e alcune banche nazionali, una in particolare, sono accusate riciclaggio di denaro, con gli uomini vicini a Putin che possiedono numerose proprietà nel Paese.
La Lettonia sta investendo molto in industria di difesa. Attualmente il 3,8% del Pil va in armamenti e diventerà il 5% entro il 2030. Ha una democrazia solida, che fino a questo momento è riuscita a isolare gli elementi filorussi e una fiera identità nazionale. Ma non basta per non temere il nemico alle porte.
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