La vice-premier ucraina: siamo pronti al negoziato con Mosca
Iryna Vereshchuk è a Roma: sì alla trattativa, no alla capitolazione. Abbiamo dato al cardinale Zuppi nuovi elenchi di prigionieri in modo che la macchina vaticana possa agevolarne il rilascio

«Sì, siamo pronti a riprendere i negoziati con la Russia, quasi siano le loro modalità. Perché nessuno più dell’Ucraina desidera la pace». Iryna Vereshchuk ha la voce ferma. È la vice-premier dell’Ucraina dal 2021. Carica che ha mantenuto anche in piena invasione, nonostante le epurazioni del presidente Volodymyr Zelensky negli oltre tre anni di guerra. E allo stesso partito del capo dello Stato appartiene: “Servitore del popolo”. A Roma è stata per due «giorni di lavoro», dice, durante i quali ha incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, ha visitato la chiesa greco-cattolica ucraina di Santa Sofia, si è recato nella comunità di Sant’Egidio, in prima linea nel Paese sotto le bombe, e ha dialogato con il cardinale Matteo Zuppi, inviato del Papa e protagonista della missione umanitaria voluta da Francesco e confermata da Leone XIV. Con la vicepremier anche trenta donne che hanno mariti, figli o fratelli catturati durante i combattimenti e deportati in Russia. E quello dello scambio dei prigionieri è uno degli ambiti che vede Zuppi, con la segreteria di Stato e la rete delle nunziature, essere facilitatore fra Kiev e Mosca. «Al cardinale sono stati consegnati nuovi elenchi, in maniera che la macchina vaticana possa agevolarne il rilascio», spiega Vereshchuk in una conversazione con Avvenire e il Sir.

Ci sono le condizioni per un vertice con Vladimir Putin?
Il presidente Zelensky intende incontrare i leader di ogni Paese che possono contribuire a una svolta. Ma non può andare in Russia, lo Stato che giorno dopo giorno bombarda il nostro territorio e i civili. Certo, la sua apertura indica che l’Ucraina vuole fermare la guerra. Il popolo lo sostiene in ciò che sta facendo. Diciamo “sì” ai negoziati, ma “no” alla capitolazione. In questo, Zelensky è fermo e coerente. L’Ucraina è una nazione che conta milioni di persone che soffrono e muoiono per preservare la propria libertà.
Leone XIV ha proposto la Santa Sede come spazio di incontro per Ucraina e Russia. Mosca ha rifiutato. E Kiev?
Spetta al nostro presidente decidere dove inviare le delegazioni. Sicuramente attendiamo papa Leone in Ucraina. Lo abbiamo invitato.
Perché vi sta a cuore la visita del Papa?
Perché il Pontefice è l’uomo della speranza che sa essere vicino a chi soffre e mostra che cosa sia la misericordia. Inoltre non va dimenticato che la Chiesa cattolica, con il diritto canonico, è alla radice del diritto internazionale umanitario: quello che la Russia continua a violare. L’Ucraina vuole riunirsi intorno al Papa, come era accaduto con Giovanni Paolo II nel 2001. C’ero anche io, giovane studentessa all’Istituto militare. Milioni di persone assieme al Pontefice: un evento straordinario. Oggi il Paese guarda con fiducia a Leone XIV. Lo ringrazia per i suoi appelli alla pace e i suoi sforzi. Ed è consapevole che lui mostrerà al mondo che in questa guerra c’è un aggressore e un aggredito, che le vittime vanno sostenute e che il conflitto va fermato.

Quali i frutti della diplomazia umanitaria della Santa Sede che guarda al rimpatrio dei prigionieri, alla restituzione dei bambini portati in Russia e alla riconsegna dei corpi dei caduti?
Sono fermamente convinta che il Vaticano abbia svolto e continuerà a svolgere un ruolo molto importante in ambito umanitario. Il cardinale Zuppi è impegnato in iniziative significative e sostiene le nostre istanze. Lo ha dimostrato l’incontro con le donne che hanno i familiari prigionieri: le ha ascoltate e ha assicurato ogni azione possibile. Il nostro obiettivo è rafforzare gli sforzi internazionali. Ecco perché serve un ulteriore slancio nei rapporti fra Santa Sede e Ucraina. Infatti la voce della Chiesa rimane imprescindibile. Fin dai primi giorni della guerra mi occupo degli scambi. Ho visto tornare i primi bambini, i primi civili, i primi militari: si tratta di emozioni uniche. Sono quindi la prima testimone di quello che succede quando si ha fede. Al cardinale Matteo Zuppi ho raccontato che con la mia famiglia seguiamo la Regola benedettina “Ora et labora”. Un motto che in questi anni di guerra tutta la popolazione ucraina ha trasformato in “Prega e lotta”.
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