La strage di giornalisti. Il testamento di Mariam: figlio mio, non dimenticarmi
di Redazione
Oltre 20 vittime nell’attacco israeliano all’ospedale Nasser di Khan Younis. Cinque i giornalisti uccisi, un sesto morto in un altro attacco. Parolin: restiamo allibiti

Due cannonate in chirurgica, sconvolgente successione. Il primo sull’ospedale Nasser, il secondo sui soccorritori: è ancora una volta strage di operatori sanitari e giornalisti a Gaza. Questa mattina i carri armati israeliani hanno preso di mira il quarto piano dell’ultima struttura funzionante nel governatorato meridionale di Khan Yunis. La seconda esplosione ha travolto coloro che si stavano arrampicando sulle scale esterne dell’edificio per portare i primi aiuti e diffondere la notizia dell’attacco. Fra questi Mariam Dagga, che collaborava con l’Associated Press, e Moaz Abu Taha, freelance. Una foto scattata dall’alto li ritrae intorno al sacco bianco di un cadavere tenuto fra la selva di corpi e mani, nella concitazione dell’intervento. Pochi istanti dopo lo schianto, un’enorme nuvola di fumo, una pioggia di detriti.
«Eravamo all’interno dell’ospedale, impegnati in mezzo alla grave carenza di attrezzature e farmaci. Gli spazi intorno alla sala operatoria, soprattutto al mattino, sono pieni di pazienti, medici, infermieri, studenti di medicina. I giornalisti erano lì per riferire sulla difficile situazione sanitaria. Facevamo tutti il nostro lavoro quando è arrivato l’attacco», ha raccontato Saber al-Asmar, medico del Nasser. Come se fosse la cura di anime e corpi a entrare nelle coordinate di tiro, nel centro dei mirini: «Mariam si recava regolarmente in ospedale per raccontare in immagini le storie dei bambini affamati, siamo rattristati e scioccati», si legge in un comunicato dell’Associated Press. Su Facebook si legge una lettera testamento scritta dalla giornalista al figlio dodicenne, che è stato evacuato durante questi mesi di guerra: «Ghaith, sei il cuore e l'anima di tua madre. Voglio che tu preghi per me, non che tu pianga per me, affinché io possa rimanere felice. Voglio che tu non mi dimentichi. Facevo di tutto per renderti felice e a tuo agio, facevo di tutto per te. E quando sarai grande, ti sposerai e avrai una figlia, chiamala Maryam come me». Mariam nei mesi scorsi aveva donato un rene all'anziano padre.
«Siamo sconvolti nell’apprendere della morte di Hossam al-Masri, e del ferimento di Hatem Khaled, nostri collaboratori», ha dichiarato Reuters in un messaggio diffuso sul suo sito web. Insieme a Mariam, Moaz e Hossam, hanno perso la vita anche il reporter del giornale al-Quds Ahmed Abu Aziz e Moahmmed Salama di al-Jazeera. In serata i giornalisti uccisi a Khan Yunis sono diventati sei. Hassan Douhan, reporter di al-Hayat al Jadid, è stato vittima di un bombardamento nel campo per sfollati di al-Mawasi. Secondo il ministero della Salute di Gaza 20 persone sono rimaste uccise nell’attacco all’ospedale Nasser. Quattro i morti fra medici e infermieri.
«Israele è profondamente dispiaciuto per il tragico incidente verificatosi all’ospedale Nasser», ha succintamente commentato il premier Netanyahu nella tarda serata. Una a dir poco lacunosa spiegazione dell’inconcepibile massacro era arrivata nel pomeriggio con un comunicato dell’esercito, che ha spiegato come il quarto piano del Nasser sia stato colpito nel tentativo di distruggere una telecamera che la squadra di carristi sospettava appartenere ad Hamas. Il secondo proiettile sarebbe stato esploso per assicurare lo smantellamento del dispositivo. Una inchiesta verrà avviata “il prima possibile”.
L’area intorno al Nasser, hanno tuttavia fatto notare diversi ufficiali dell’esercito intervistati dal quotidiano Haaretz, è piena di telecamere. Impossibile capire perché sia stato bombardato proprio il quarto piano dell’ospedale. «Un attacco si sarebbe dovuto condurre in tutt’altra maniera. Non è chiaro chi abbia dato l’ordine», hanno dichiarato le fonti al giornale. Il direttore della struttura sanitaria, Atef al-Hout, non ha dubbi: «Hanno preso di mira il centro chirurgico. Stavamo operando quando tutto è successo».
Continuano intanto le operazioni di “Gideon’s chariots 2”, il piano di assedio di Gaza City attanagliata dalla carestia. 58 i morti e 308 i feriti in tutta la Striscia secondo il ministero della Sanità controllato da Hamas.
«Restiamo allibiti di fronte a quello che sta succedendo a Gaza nonostante la condanna del mondo intero», ha dichiarato il segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin, a Napoli durante l’apertura della settimana liturgica nazionale.
«Non sono contento dell’attacco all’ospedale. Dobbiamo mettere fine a questo incubo», ha detto in serata il presidente americano Trump.
L’orrore di Gaza è il cuore di una guerra più vasta, che proietta Israele in Yemen, Siria e Libano. «Credo che l’intera regione stia imparando la forza di Israele», ha affermato Netanyahu dopo il bombardamento dall’aviazione su Sana’a, centro del regime degli Houthi che venerdì aveva lanciato un missile sul territorio di Israele. Dieci i morti e 92 i feriti causati dalla risposta di Tel Aviv, arrivata domenica. Il governo di Damasco ieri ha duramente condannato un’incursione dell’Idf nelle campagne sud-occidentali della capitale. Il segretario generale di Hezbollah, Naim Qassem, ha in serata replicato a Netanyahu, che si era dichiarato pronto a intervenire in appoggio al governo Libanese nell’operazione di disarmo delle milizie operanti nel paese dei cedri. «Israele può occupare il nostro territorio, ma noi lo affronteremo per impedirgli di raggiungere i suoi scopi», ha minacciato Qassem.
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