Isolamento e aborti: il dramma delle immigrate detenute negli Usa

di Elena Molinari, New York
Ammanettate, legate ai sedili durante il trasporto, private delle cure prenatali: l’odissea delle donne incinte rinchiuse nei centri di detenzione dell'Ice a causa della “svolta” securitaria di Trump
October 25, 2025
Isolamento e aborti: il dramma delle immigrate detenute negli Usa
Proteste davanti al carcere degli immigrati / ANSA
Ammanettate, legate ai sedili durante il trasporto, tenute in isolamento, private di vitamine e cure prenatali, malnutrite e costrette a interventi medici senza consenso. Non dovrebbero esserci donne incinte nei centri di detenzione dell’Ice (l’agenzia frontaliera americana). Ma da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca a gennaio con l’intento a realizzare la più grande espulsione di immigrati della storia americana, gli agenti non hanno avuto scrupoli ad arrestare donne gravide, ignorando le linee guida in vigore dal 2021. Ora l'American Civil Liberties Union (Aclu), insieme ad altri gruppi per i diritti umani, ha denunciato la tragica situazione delle gestanti rinchiuse nelle celle dell’Ice, e chiesto la fine della loro detenzione. «Ci sono diversi casi di donne che hanno subito aborti spontanei durante la detenzione e hanno persino riferito di essere state portate d'urgenza in ospedale con emorragie vaginali e incatenate. Altre hanno avuto infezioni pericolose», si legge nella lettera inviata al direttore dell'agenzia, Todd Lyons.
Un caso è quello di Lucia, rilasciata dalla Border Patrol con un braccialetto elettronico alla caviglia. Settimane dopo, gli agenti dell’Ice l'hanno arrestata di nuovo a casa sua, nonostante avesse rispettato l’appuntamento di routine con le autorità per l'immigrazione. Incinta al primo trimestre, ha chiesto più volte di vedere un medico, ma non è stata visitata fino a diverse settimane dopo, quando ha iniziato a sanguinare copiosamente e ad avere crampi nel cuore della notte. Non è stata portata dal medico fino a metà del giorno successivo ed è stata lasciata sola in una stanza, sanguinante, senza cibo né antidolorifici, per diverse ore. Quella sera ha avuto un aborto spontaneo e ha dovuto ricevere una trasfusione, ma è stata riportata a un centro di detenzione della Georgia, dove ha continuato ad avere dolori addominali e forti emorragie per un mese. Un'altra donna, Alicia, che viveva in Louisiana con la figlia e il figlio, cittadino statunitense da quasi un decennio, ha avuto un aborto spontaneo durante la detenzione nel centro di Basile. Senza il suo consenso, è stata sottoposta a un esame uterino invasivo che le ha causato un dolore lancinante. È stata poi riportata al centro di detenzione, dove ha trascorso due mesi soffrendo di emorragie e un intenso dolore. Lo scorso luglio è stata deportata nel suo Paese d’origine, dove è stata ricoverata per una grave infezione derivante dal periodo di detenzione.
Non si sa quante donne in gravidanza siano trattenute dalle autorità per l'immigrazione perché l'Amministrazione non riferisce questi dati al Congresso, nonostante l'Ice sia tenuto a fornire ogni sei mesi informazioni dettagliate sulle circostanze di ciascuna donna incinta detenuta. A settembre l'organizzazione per la difesa dei diritti delle donne Women’s Refugee Commission ha creato uno strumento per segnalare i casi noti di donne incinte, e continua a ricevere denunce di casi che mettono a rischio la salute delle donne e dei loro bambini.
Il trattamento delle prigioniere gravide è una delle ragioni che hanno spinto alcune città americane, a maggioranza democratica, a dichiararsi “santuari” per gli immigrati e a rifiutarsi di collaborare con le autorità federali nell’individuare e arrestare stranieri senza documenti, soprattutto se vivono da anni negli Stati Uniti o fanno parte di categorie vulnerabili. L’Amministrazione ha minacciato queste giurisdizioni, come Chicago e Los Angeles, di azioni legali, tagli ai finanziamenti e sanzioni.
Ma a nove mesi dall'inizio della seconda Amministrazione Trump, le pressioni hanno prodotto pochi risultati tangibili, e i leader democratici locali hanno raddoppiato gli sforzi per impedire la cooperazione con gli agenti federali dell’immigrazione. Una sola città, infatti, Louisville, in Kentucky, ha finora abbandonato le sue politiche di protezione.

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