Iraq, la guerra travolge al-Qaeda
di Camille Eid
Il «Califfato» dell'Isis ha innescato una lotta di potere. Zawahiri per ora tace, ma molti gruppi attendono il suo giudizio.
La catena di adesioni al “Califfato” proclamato dallo Stato islamico (Isis) è una mera operazione propagandistica, simile a una bolla di sapone destinata a scoppiare e sparire, oppure una vera rivoluzione in seno al jihadismo internazionale? Quale che sia la risposta a questa quesito, posto con insistenza negli ultimi giorni, l’effetto rimane uno solo: la spaccatura all’interno della galassia jihadista tra il neo proclamato califfato e la centrale di al-Qaeda rischia di screditare la causa dell’islam militante agli occhi degli stessi jihadisti. Secondo recenti indiscrezioni il leader di quest’ultima, Ayman al-Zawahiri, dovrà esprimersi presto in un messaggio in merito alla autopromozione di Baghdadi a «califfo di tutti i musulmani del mondo» nonché ai «numerosi vizi sharaitici» in essa presenti. Il messaggio permetterà quantomeno agli esperti di ridisegnare con precisione la mappa dell’islamismo militante e la linea di demarcazione tra due opposti concetti di jihadismo, che ha dato il vita, sin d’ora, a un riposizionamento dei movimenti islamici e che rischia di sfociare, un po’ ovunque, in mini-guerre e scissioni interne. Per ora le adesioni allo Stato del califfato sono arrivate da singoli esponenti degli Ansar al-Sharia attivi tra Libia e Tunisia (tra cui Kamal Razzuk e Bilal Shawashi), da un omonimo gruppo yemenita (sceicco Maamun Hatem), da un gruppo dei taleban pachistani (sceicco Abu Yazid al-Khurasani) e – si dice – anche da Ansar Bayt al-Maqdis di Gaza. L’ultima importante adesione è arrivata anche da un esponente regionale di al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi). Con un messaggio audio l’emiro Abu Abdullah Uthman al-Asimi ha criticato l’operato della “casa madre” di al-Qaeda che «ci ha abbandonato», difendendo lo Stato islamico dall’accusa di «eresia» e chiedendo a Zawahiri «di chiarire una volta per tutte la sua posizione». Nessun commento per ora del leader di Aqmi, Abdel-Malik Drukdel, da tempo alle prese con numerosi rivali interni e secessionisti. Al silenzio quasi totale di al-Qaeda e dei gruppi che fanno riferimento ad esso (taleban afghani, shabaab somali, Boko Haram) fa eccezione “l’Emirato islamico del Caucaso”, secondo il quale l’unica leadership legittima è quella di al-Qaeda. L’emirato ha vietato ai suoi militanti presenti in Siria di combattere sotto il vessillo di Baghdadi e ha chiesto di rimanere uniti al fronte di al-Nusra. Ma sono proprio i giuramenti di fedeltà di alcuni capi militari di al-Nusra (come è avvenuto a Bukamal, sulla frontiera con l’Iraq) a suscitare il maggiore scompiglio in Siria. Un’adesione, dicono, che ben illustra i metodi violenti adottati da Baghdadi per incrementare i suoi proseliti, visto che le due fazioni jihadiste continuano a trattare altrove con le armi. Altri movimenti aspettano forse nuovi sviluppi per rompere gli indugi. A partire da diverse fazioni sunnite irachene che non si sono ancora pronunciate sulla fedeltà a Baghdadi. In Giordania si parla per ora solo di adesioni individuali. Un leader salafita locale, Mohammed al-Shalabi, ha indicato che la sua corrente è divisa tra i due campi , ma che la maggioranza auspica una riconciliazione tra di loro. La questione califfato ha scatenato un dibattito altrettanto accesso sul Web, con diversi hashtag e account apparsi su Twitter e Facebook, come pure richieste di informazioni sulle modalità di adesione al califfato, prontamente accontentate. «Si è esteso e l’hanno deriso – si legge in un tweet favorevole a Isis –, ha abolito i confini e l’hanno deriso, ha proclamato il califfato e l’hanno deriso. Ma esso va avanti senza badare ai loro ragli».La prossima partita si giocherà presto sul reclutamento, che opera anche attraverso il Web. È di ieri la notizia dell’arresto, lo scorso aprile, di una ragazza americana di 19 anni del Colorado con l’accusa di volersi unire all’Isis.
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