Gaza, verso l'accordo su ostaggi e detenuti. «Entro venerdì»
La trattativa in Egitto prosegue al massimo livello. Rinviati però a fasi successive, da definire, i punti più spinosi: disarmo di Hamas e futuro governo

Prevale l’ottimismo. E c’è la volontà di chiudere, entro uno o al massimo due giorni, la prima fase dell’accordo su Gaza. L’israeliano Channel 12 riferisce che i mediatori del Qatar puntano a un’intesa entro venerdì. Si negozia sul rilascio degli ostaggi in cambio della scarcerazione dei detenuti e in concomitanza con un ritiro parziale delle truppe israeliane. Rinviate a, non meglio definite, fasi successive le questioni complesse e interconnesse del disarmo di Hamas e dell’amministrazione di Gaza: il gruppo islamista sarebbe disposto a consegnare le armi solo ad autorità palestinesi e a uscire di scena quando si avvierà la costituzione dello Stato di Palestina.
Dal tavolo delle trattative a Sharm el-Sheikh, da mercoledì sera riunito al livello più alto ed esteso – con gli inviati di Trump Steve Witkoff e Jared Kushner, il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e il ministro israeliano Ron Dermer, nonché il capo dell’intelligence turca Ibrahim Kalin e delegazioni della Jihad islamica e del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) – sono arrivate parole distensive. Un funzionario di Hamas ha detto alla Bbc che il gruppo ha «mostrato la positività e responsabilità necessarie per conseguire i progressi richiesti e finalizzare l’accordo», pur ammettendo che restano distanze. Lo stesso Benjamin Netanyahu, pur continuando a invocare la «distruzione di Hamas», ha dichiarato che il suo Paese vive «il tempo delle decisioni fatali».
Il ministro degli Esteri egiziano – Paese mediatore, assieme a Qatar e Turchia – ha dichiarato al canale saudita al-Arabiya che «altri Paesi arabi firmeranno accordi di pace con Israele se la guerra a Gaza finirà». Funzionari di Tel Aviv, citati da Yedioth Ahronoth, si sono detti «cautamente ottimisti», ritenendo che «il successo di Trump nell’ingaggiare i turchi nei negoziati abbia svolto un ruolo determinante nel persuadere Hamas». Da parte sua, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha confermato di aspettarsi «buone notizie». Sostenitore di Hamas e duro accusatore di Israele («ha superato di gran lunga quanto fatto da Hitler», ha ripetuto oggi), il reis turco critica tuttavia il piano americano: «La pace non è un uccello con un’ala sola». Fuori di metafora: «Non è giusto, né corretto, né realistico addossare l’intero onere della pace ad Hamas e ai palestinesi».
Stando al sito israeliano Ynet, sarebbero cominciati i preparativi per una visita di Trump in Israele. Quella tappa che era saltata a metà settembre, assieme al tavolo negoziale, in occasione del suo viaggio nel Regno Unito. Nel più scintillante dei sogni trumpiani, il capo della Casa Bianca scenderebbe dall’Air Force One per sigillare da garante l’accordo nel giorno dell’annuncio, venerdì a Oslo, del Nobel per la Pace. «Sarebbe meraviglioso averlo qui», ha detto il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi invitando Trump «a partecipare alla firma dell’accordo di cessate il fuoco in Egitto, qualora venisse raggiunto».
Venendo ad argomenti più concreti, nei negoziati indiretti Israele e Hamas avrebbero scambiato le liste degli ostaggi e dei detenuti da rilasciare. Da una parte 48 nomi, corrispondenti a una ventina di persone in vita e quasi trenta cadaveri. Dall’altra, almeno 250 (fino a 300, secondo alcuni fonti) carcerati palestinesi che scontano condanne anche pesanti. Nell’elenco figurano parecchi ergastolani. Quello di maggior spicco è Marwan Barghuti, in cella da 23 anni, acclamato in Cisgiordania a succedere ad Abu Mazen. Non è passato inosservato, martedì sera, l’arrivo di sua moglie Fadwa al Cairo, da Ramallah. Ma Israele avrebbe messo il veto su lui e su Ahmad Saadat, segretario del Fplp .
Così com’è stato notato l’arrivo in Egitto di Zaher Jarabin, il leader di Hamas in Cisgiordania. È la prima volta che compare in pubblico dopo il raid su Doha del 9 settembre, che mise nel mirino l’intera leadership di Hamas fuori dalla Striscia. Anche il capo negoziatore di Hamas a Sharm, Khalil al-Hayya, è un sopravvissuto a quell’attacco. Dallo Studio Ovale della Casa Bianca, accanto a un accigliato Trump che teneva sulle ginocchia il telefono, Netanyahu aveva chiamato il premier del Qatar assicurandogli che mai più avrebbe ordinato un attacco sul suo Paese. Il quotidiano Politico, citando fonti qatarine, ha rivelato ieri che, non solo, quel messaggio di scuse era stata redatto da Washington con il contributo del Qatar, ma un potente interlocutore qatarino era lì per assicurarsi che Netanyahu non si discostasse dal testo. «Fake news», ha replicato l’ufficio del premier.
Intanto, dalla Casa Bianca, il presidente Trumo ha fatto sapere che «i negoziati per Gaza vanno molto bene» e che «l'accordo è vicino». Il tycoon potrebbe partire venerdì per l'Egitto per la firma finale. Il segretario di Stato, Marco Rubio, invece, non parteciperà più giovedì all'incontro a Parigi con europei, arabi e altri per discutere della transizione postbellica a Gaza. Lo riferiscono fonti diplomatiche europee all'agenzia Reuters in Francia precisando che gli Stati Uniti invieranno comunque un rappresentante.
Inoltre, secondo quanto riportato da Al Jazeera, come riporta Haaretz, Hamas ha accettato di rilasciare tutti gli ostaggi ancora in vita in un'unica fase, aggiungendo che il trasferimento di quelli morti sarà posticipato finché non saranno risolte le questioni logistiche e le condizioni a Gaza lo consentiranno.
L'incontro dei mediatori con i rappresentanti delle fazioni armate palestinesi si è concluso. I mediatori stanno attualmente incontrando la delegazione israeliana e, a quanto pare, hanno chiesto a entrambe le delegazioni di stabilire venerdì come termine ultimo per i negoziati, come, appunto, era già emerso da fonti qatarine.
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