De Domenico (Onu) «Civili intrappolati. Non resisteranno a un altro inverno»
di Nello Scavo
Dopo l'espulsione da Israele, il funzionario è ora direttore a Kiev di Ocha, l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari. Il dramma della popolazione sul fronte e nei territori occupati

Civili irraggiungibili perché intrappolati tra i due fuochi. Altri senza più assistenza sulla linea del fronte. Con il sistema energetico devastato dagli attacchi e il timore che gran parte dell’Ucraina sotto attacco non possa affrontare un altro inverno. E il dramma di chi vive sotto occupazione. «Ci sono ancora molti combattimenti sul fronte che hanno un impatto devastante sulla popolazione civile. Il numero di sfollati interno continua ad aumentare e in alcune aree, come nel Donbass, le persone sono costrette a lasciare le loro case per evitare di morire sotto le bombe». Fino a un anno fa era in Israele e Palestina, quando il governo di Tel Aviv ha deciso di mandarlo via di fretta, in risposta all’inclusione dell’esercito israeliano nella lista nera del rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite sui bambini ed i conflitti armati. Andrea De Domenico è il direttore di Ocha, l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell’Onu in Ucraina. I dossier di Ocha attraverso i canali Onu finiscono dritti sul tavolo della Corte penale internazionale.
Mesi fa, appena arrivato, per prima cosa ha fatto il giro della prima linea, per conoscere da vicino il fronte, incontrare la popolazione, decifrare le dinamiche del conflitto e comprendere meglio la natura dei bisogni umanitari. Da allora divide il suo tempo tra Kiev e le aree più calde, lungo tutto il fronte da Kherson a Sumy, più di mille chilometri da sud a nord.
Dopo oltre tre anni di guerra, i civili accettano di lasciare le proprie case o in qualche modo si stanno adattando alla vita sotto le bombe?
Ci sono delle zone di scontro nelle quali è difficile convincere le persone a lasciare le proprie case. Nell’area di Sumy, dove gli attacchi sono continui e molto vicini a vari villaggi, la popolazione locale non vuole allontanarsi e quando lo fa cercano di rimanere nella regione. Molti temono che lasciare i villaggi possa significare consegnarli definitivamente alla guerra e non poter mai più tornare. In altre località è semplicemente impossibile restare, e dunque la popolazione civile si allontana appena sentono la guerra avvicinarsi. In altri luoghi, la popolazione che non voleva lasciare le proprie case, si trova ora bloccata nel bel mezzo del fuoco incrociato, e non possono più scappare per trovare rifugio, anche se lo volessero. Questo è problema che stiamo cercando di risolvere, ma non semplice trovare una soluzione.
Qual è la situazione degli aiuti umanitari dopo che gli Usa hanno tagliato i fondi ai progetti di Usaid, l’agenzia statale per lo sviluppo internazionale?
Ci sono motivi di forte preoccupazione. Un terzo del supporto umanitario in Ucraina proveniva dagli Stati Uniti, e la decisione di ridurre i finanziamenti ha subito avuto un impatto pesante, particolarmente sulle organizzazioni locali e ancor più specificamente su settori specifici, come i programmi sulla e parità di genere. Molti programmi umanitari oltre che ridimensionati potrebbero essere costretti a chiudere, con gravi conseguenze sulla popolazione civile. L’abbandono della solidarietà internazionale lascia semplicemente senza parole.
Possono compensare gli altri Paesi sostenitori dell’Ucraina?
In realtà sulla scia degli Usa anche altri donatori stanno riducendo i loro finanziamenti, rendendo la situazione ancora più critica. Come è noto Washington ha ridotto anche il sostegno militare, producendo un effetto a catena. Altri Paesi hanno scelto di compensare, concentrando le risorse sulle forniture di armi, o dando priorità al riarmo nazionale, questo riduce i finanziamenti per il sostegno umanitario.
Con quale impatto?
Molte persone non ricevono più supporto, come i trasferimenti di denaro ai civili sfollati e rimasti senza reddito. E’ un problema serio, considerando che in passato una parte significativa dell’assistenza umanitaria era distribuita attraverso trasferimenti di liquidità, permettendo a decine di migliaia di persone di affrontare le necessità di base. Ora stiamo preparando la risposta per il prossimo inverno. Sarà essenziale mobilitare le risorse necessarie per sostenere le persone più vulnerabili per consentire di affrontare un altro inverno, che si presenta anche più duro di quelli passati, visto l’aumento degli attacchi alle infrastrutture essenziali per sopravvivere alla rigidità della stagione più fredda.
Osserviamo raid diretti anche contro ospedali e altre strutture civili, come le scuole. Quale è la vostra valutazione?
Colpire ospedali, scuole e altre strutture civili è una violazione del diritto internazionale umanitario. Questi attacchi sono sistematici e continuano ad aumentare. Abbiamo visto, ad esempio, azioni sistematiche contro le infrastrutture energetiche, e questi continuano. Questi attacchi non si limitano alla linea del fronte, ma si verificano in tutto il paese.
Che notizie ricevete dai territori occupati? Perché non siete ancora presenti sul “lato russo”?
Le agenzie umanitarie cercano in ogni modo, senza clamore, di poter intervenire ovunque, ma senza le autorizzazioni di chi controlla il territorio non è possibile esserci direttamente. Nonostante questo alcune informazioni filtrano e sappiamo di necessità umanitarie crescenti, laddove l’assistenza per le necessità di base è insufficiente, e facciamo quel che possiamo per organizzare forme di assistenza anche nei territori occupati.
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