Baskin: «Chi crede nei due Stati ha il dovere di agire»

Il mediatore e pacifista storico: tanti in Israele e in Palestina hanno perso la fiducia nella soluzione dei due Stati. Il supporto del mondo è determinante affinché la riacquistino
July 30, 2025
Baskin: «Chi crede nei due Stati ha il dovere di agire»
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Alla fine di ottobre 2023, lo choc del massacro di Hamas stringeva Israele in una morsa di dolore. Anche il quartiere residenziale di “Gerusalemme nuova” era avvolto dall’ombra sinistra del terrore. Là, nel cortile della villetta dove risiede, con indosso la spilla gialla, emblema degli ostaggi, Gershon Baskin, pacifista storico e negoziatore tra i più accreditati di Israele, era provato e sgomento. Questo non gli aveva impedito di affermare, nel dialogo di allora con Avvenire, «la comunità internazionale si riempie la bocca con la soluzione dei due Stati. Ma di fatto ne riconosce solo uno: quello ebraico. Perché non l’altro?». Oltre ventuno mesi dopo, i leader si muovono. Nel Vecchio Continente e non solo.
È la strada giusta?
Peccato che l’Italia non l’abbia ancora intrapresa... Francia, Gran Bretagna, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Portogallo hanno intenzione di riconoscere la Palestina a settembre. Avrebbero dovuto farlo molto tempo fa. L’orribile guerra in corso a Gaza deve essere l’ultima fra israeliani e palestinesi. L’unico modo per garantirlo è trovare una soluzione stabile. L’annuncio di Macron e compagnia non cambia la realtà sul terreno. Questo accadrà solo quando Israele riconoscerà la Palestina. Affinché accada è importante che il mondo invochi, con azioni pratiche, all’unanimità, per i palestinesi lo stesso diritto all’esistenza e all’autodeterminazione riconosciuto agli israeliani. Il motto – pessimo – degli estremisti pro-Pal, “Dal fiume al mare la Palestina sarà libera” deve essere sostituito da: “Dal fiume al mare, crediamo nei due Stati”.
Alcuni Paesi, Italia inclusa, favorevoli ai due Stati, sostengono che non è il momento adatto per il riconoscimento...
Non ha senso. Non esiste il momento giusto. È ciascuna nazione a determinarlo. Che cosa deve aspettare? Che Israele sia d’accordo? Non lo è, e allora? Qualunque Paese creda nei due Stati ha il dovere di riconoscere la Palestina. Al governo israeliano non farà piacere. I cittadini, però, capiranno che non c’è altra via.
Lo crede davvero?
Tanti in Israele e in Palestina hanno perso la fiducia nella soluzione dei due Stati. Il supporto del mondo è determinante affinché la riacquistino. Il riconoscimento ha, innanzitutto, questa funzione cruciale.
Anche il Forum dei familiari degli ostaggi ha definito il riconoscimento «una ricompensa per Hamas»...
È l’esatto l’opposto. Hamas è contraria alla soluzione dei due Stati. È nata proprio in opposizione agli Accordi di Oslo. La ricompensa è per i palestinesi moderati – la maggioranza – che vogliono una pace negoziata con Israele. Sostenere il contrario, come fa il Likud, è una mistificazione. L’altro leitmotiv del partito di Netanyahu è accusare di antisemitismo chiunque critichi a Israele, ebrei inclusi. Mi dispiace che il Forum sia caduto vittima di questa propaganda.
Secondo il governo israeliano, la Palestina sarebbe una minaccia per la sicurezza nazionale...
Un’altra assurdità. Israele è una delle grandi potenze militari mondiali. I palestinesi non hanno carri armati, né artiglieria, né aviazione. Il massacro del 7 ottobre è stato un fallimento di Israele più che un successo di Hamas.
Come convincere Israele ad accettare? E l’Autorità nazionale a mantenere gli impegni?
Cambiando leader, attraverso il voto. L’Anp non convoca elezioni da due decenni. Ora Abu Mazen ha promesso a Francia e Arabia Saudita di farlo entro i prossimi dodici mesi. Il mondo vigili affinché rispetti la promessa. Quanto a Israele, dobbiamo fare cadere questo governo prima possibile. Nel frattempo, tutti i 192 Paesi dell’Onu devono riconoscere subito Palestina e Israele lasciando quest’ultima l’unica a non farlo.
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